Una parte dell'ex guerriglia delle FARC-EP è ritornata alla lotta armata, ritenendo l'oligarchia responsabile del fallimento dell'Accordo di Pace. Una conversazione di Iván Márquez e Jesús Santrich con il quotidiano tedescojunge Welt.
Il 29 agosto in una dichiarazione avete annunciate il ritorno alla lotta armata. Perché avete compiuto questo passo proprio in questo momento, e che obiettivo perseguite con questa decisione?
L'Accordo di Pace dell'Avana è stato un documento per una soluzione politica al conflitto colombiano. Come accordo esprimeva l'equilibrio dei rapporti di forza sociali, politico-militari e storico-concreto della guerra. Così era posto nelle tesi politiche della Decima Conferenza Nazionale della Guerriglia precedente al passaggio delle FARC-EP alla legalità. Come strumento di soluzione politica implicava il riconoscimento delle parti che nessuna di esse era riuscita a sconfiggere l'altra con le armi e la potenza di fuoco e che per evitare di prolungarsi della situazione, occorreva portare la continuazione della lotta con mezzi esclusivamente politici.
L'Accordo non rappresentava la concretizzazione delle nostre aspirazioni strategiche come forza rivoluzionaria e ancor meno poteva intendersi come la resa della nostra forza politico-militare guerrigliera. In sintesi, non pretendevamo di fare la rivoluzione per decreto né tanto meno la resa in un tavolo in cui il più delle volte l'unica cosa che si ascoltava da parte del governo erano parole meschine e prive di buon senso.
La nostra determinazione era indirizzata a stabilire condizioni che permettessero alla gente comune di conquistare con la democrazia quelle trasformazioni minime per risolvere i problemi essenziali che impediscono il benessere sociale, consapevoli che non era la fine o il superamento del conflitto inerente l'ordine capitalista, ma il percorso per dare continuità alla lotta sociale e di classe, avendo come base la fine dell'espressione armata della lotta e facendo transitare le FARC-EP verso una condizione di organizzazione politica legale, che tra le masse, con garanzie certe per l'azione politica aperta, proseguiva la sua battaglia per le trasformazioni strutturali verso un nuovo ordine sociale di vera democrazia e giustizia sociale.
Questo Accordo è stato rotto dall'establishment dal momento stesso in cui si doveva iniziare ad attuarlo, avendo posto già ostacoli da prima. Inoltre il Governo che seguì quello di Juan Manuel Santos ha approfondito le violazioni in modo persistente, palese, subissando di trappole, sangue e fuoco, insicurezza giuridica, personale e economica la reinserimento degli ex combattenti, ignorando i cambiamenti promessi alle comunità più povere, come la riforma rurale integrale, ad esempio.
Una volta rotto l'accordo nonostante i nostri sforzi per mantenerlo vivo, non avevamo altra scelta che riprendere la via delle armi, perché, sebbene i compromessi dell'Accordo rappresentassero una rottura nella nostra storia, allo stesso tempo erano una linea di continuità.
L'abbandono della lotta armata non si intendeva come smobilitazione; e nemmeno poteva esser un compromesso unilaterale dell'insurrezione. Così che mettendo in piena evidenza il crescente tradimento da parte dell'Establishment, chiusa nuovamente la via della legalità, noi non potevamo cadere nel disfattismo e nella sottomissione.
Ci hanno toccato nella dignità, ci hanno stigmatizzato e calunniato, siamo stati oggetto di montature ripugnanti, persecuzioni giudiziarie, tentativi di estradizione e assassini che indicavano che la riconciliazione era una farsa e la pace una bandiera di menzogne. Allora, quanto ancora avremmo dovuto aspettare perché la nostra lotta fosse considerata legittima. Questo non sarebbe mai accaduto perché ciò che volevano era sacrificarci e farci scomparire come organizzazione rivoluzionaria.
Pertanto la nostra è una risposta opportuna ad una necessità di legittima difesa e al dovere di non permettere che si indebolisca o si spenga la fiamma di una possibile rinascita in mezzo a tante difficoltà. E' una decisione adeguata allo sviluppo specifico della lotta di classe in Colombia, indipendentemente dai rapporti di forza attualmente esistenti nel contesto internazionale.
Non vuol dire che non teniamo conto della profonda crisi strutturale del capitalismo, la quale non è solo globale ma sistemica, irreversibile, a cui bisogna guardare per sviluppare una strategia di combinazione delle forme di lotta che è fondamentalmente la continuità del Piano Strategico storico delle FARC-EP con le variazioni espresse nel manifesto di Agosto, nel quale si pongono certe considerazioni rispetto alla forza pubblica.
Abbiamo detto che la nostra sollevazione è la risposta al tradimento dello Stato dell'Accordo di Pace dell'Avana, e la marcia della Colombia umile, ignorata e disprezzata dalla giustizia, alla ricerca della pace certa, mettendo in chiaro che la ribellione non è una bandiera sconfitta né vinta; ma che questa insurrezione, si solleva per abbracciare con la forza dell'amore, i desideri di vita dignitosa e buon governo a cui aspirano le persone comuni, esprimendo chiaramente che l'obiettivo non è il soldato né il poliziotto, l'Ufficiale né il Sottoufficiale che sono rispettosi degli interessi popolari ma l'oligarchia; l'oligarchia escludente e corrotta, mafiosa e violenta che crede di poter continuare a chiudere le porte del futuro al paese.
Abbiamo detto che si conoscerà una nuova modalità operativa che soprattutto risponderà all'offensiva, perché la nostra decisione è quella di non continuare ad ucciderci tra fratelli di classe. Da qui il nostro appello anche ai membri della Forza Pubblica che sentono il dolore del popolo, affinché si possa marciare insieme per le sue rivendicazioni e la sua felicità.
Notate inoltre che abbiamo preso distanza anche da alcuni metodi come quelli della pratica del sequestro di persone a scopi economici. In ogni caso agiamo come forza politico-militare con struttura di esercito e di partito, un partito marxista-leninista e bolivariano che segue l'eredità del comandante Manuel Marulanda Vélez.
Dopo la firma dell'Accordo di Pace nel 2016, le FARC-EP consegnarono le armi. Siete preparati già per nuovi combattimenti? Da dove avete preso le armi? Su quanti combattenti potete contare?
La nostra lotta è essenzialmente politica, le armi sono solamente uno strumento, un mezzo e non un fine in sé stesso. Il loro utilizzo è più una necessità imposta dal carattere del regime che affrontiamo, il quale con il suo recente tradimento non ha fatto altro che riaffermare il suo carattere oligarchico e di terrore, abituato a calpestare la parola data. Quindi, se non fosse necessario usare le armi non lo faremmo. Di fatto, stiamo insistendo nel trovare una uscita dialogata e totale (con tutti gli attori armati) dal conflitto colombiano che persiste e si amplia nel paese.
Quello della firma dell'Accordo dell'Avana era un elemento per alleviare questo conflitto, ma in nessun modo era la pace, poiché con l'ELN - importante forza rivoluzionaria colombiana - e altre forze, non c'era tuttavia un accordo e ciò che si è visto era la decisione del governo di Ivan Duque di rompere con la possibilità di accordo che si apriva con questa guerriglia.
D'altra parte, ci sono centinaia di conflitti armati e non armati, irrisolti in lungo e largo del paese. Così che per quanto importante fosse l'Accordo dell'Avana era solo un passo nella via della riconciliazione e non la pace completa di cui abbiamo bisogno. La cosa peggiore è che, pur essendo stati vicini a porre fine attraverso il dialogo al più lungo conflitto dell'emisfero, il fallimento si è verificato perché l'establishment non ha voluto rispettare i principi che reggono le negoziazioni, il pacta sunt servanda e la buona fede. Per questo diciamo che l'establishment avendo ottenuto quello che voleva, cioè la consegna delle armi, coscientemente ha stracciato l'Accordo di Pace, facendo a pezzi - come dicono gli uribisti - "quel maledetto documento". Il passo che abbiamofatto è stato stroncato, con l'aggravante di un cattivo precedente che compromette il procedere del dialogo come strumento di comprensione.
Sulle armi, abbiamo quelle che abbiamo. Sicuramente sono poche o molte in base alla situazione che si presenta. Se ci viene imposto lo scontro perché il regime persiste nel militarismo, nella repressione, nella guerra sporca e non ricerca una soluzione sensata ai problemi del paese, dovremo ricercare molte più risorse per la resistenza e sempre sarà poco di fronte ad uno Stato che è appoggiato da un imperialismo potente e guerrafondaio come quello degli USA. Ma se si avvia un processo costituente aperto, dove la parola è sovrana e che è il popolo avrà orecchie che lo ascoltano e mani che realizzano le sue aspirazioni, senza che venga tradito il dialogo, la buona fede, i patti, tutti i fucili dovranno tacere, perché in ogni circostanza l'arma principale dei popoli è nelle proprie parole e nella determinazione al cambiamento.
Di questo ci sono molti esempi nel continente e nel mondo. Guardiamo solamente agli esempi che ci offrono i fratelli latinoamericani ad Haiti, Ecuador, Perù, Cile, ad esempio. O quello che stanno dicendo a Duque gli studenti nelle strade delle città del nostro paese. La questione è che l'esplosione che si sta vivendo in molti paesi dell'America Latina e Caraibi è prodotto del fallimento del neoliberismo, della situazione sociale miserabile in cui è immersa la maggioranza sociale mentre si riempiono le casse dei grandi capitalisti che al contempo cercano di generare crisi nei paesi che scelgono la via della giustizia sociale. Quindi, di fronte a regimi di terrore non si può negare ai popoli il diritto che hanno alla ribellione in tutte le modalità. I popoli non possono esser condannati al fatto che per esser considerate legittime le loro lotte devono affrontare la repressione a petto nudo e con la vocazione di martiri.
La militanza in questa causa la misuriamo all'interno della non conformità perché la nostra idea non è quella di assumere la guerra combattendo frontalmente la macchina militare del regime. No. In questo conflitto, la soluzione, sarà sempre nelle mani del popolo. La soluzione la definiscono le maggioranze nelle strade, in un tavolo di negoziazione, nelle urne o in una insurrezione armata.
Chi e quanti sono armati? Gente amante della pace che ha deciso di seguire impugnando i fucili perché non è disposta a rassegnarsi, a lasciare che una élite di oligarchi impedisca alla maggioranza di realizzare i propri sogni di giustizia sociale. Forse non sono molti, ma sono sufficienti a mantenere accesa la fiamma della ribellione e la luce dell'emancipazione attraverso la ribellione. E in questo pensiamo che una scintilla possa accendere la prateria.
Tra le altre cose proprio perché le nostre risorse sono limitate bisogna utilizzarle nel modo più razionale possibile, poiché le armi nei mercati clandestini hanno costi elevati. In un mondo capitalista come quello che abbiamo, fonti per le armi sono sempre accessibili. La maggioranza dei fucili che abbiamo sono americani e israeliani, ma non c'è li ha inviati di certo Trump. Questa non è una questione di armi fondamentalmente ma di idee, e per questo il nostro obiettivo è quello di raccogliere sostegno intorno alla proposta politica posta nel nostro Programma e nella Piattaforma Bolivariana per la Nuova Colombia…
Nel vostro comunicato non scartate un nuovo dialogo di pace, ma con un nuovo governo colombiano. Perché credete che con un nuovo governo si possa realizzare ciò che precedentemente è fallito? Come dovrebbe svolgersi un nuovo processo di dialogo?
La soluzione politica negoziata al conflitto colombiano è un aspetto strategico, non congiunturale. È una costante storica nel divenire delle FARC-EP. Non abbiamo rinunciato ad esso. Insistiamo su questa posizione avvertendo che ciò che non possiamo permettere è che ci si prenda gioco di questo desiderio dei colombiani. Quindi, se leggi attentamente i documenti di agosto che sono la base del rilancio del progetto guerrigliero fariano, vedrai che sono una ripetizione degli obiettivi. E questo perché semplicemente i cambiamenti che sono stati giudicati come necessari per la nostra società sottomessa in maggioranza nella miseria, diseguaglianza e esclusione politica non sono mai arrivati.
L'accordo di pace è stato tradito non solo nei confronti delle FARC, ma soprattutto nei confronti delle comunità che dovrebbero essere favorite con riforme rurali, apertura democratica, rivendicazione delle vittime o politica di sostituzione delle colture per uso illecito.Ma al di là di questi punti c'è una infinità di riforme che sono all'ordine del giorno e che il regime si è rifiutato di affrontare all'Avana ma che si supponeva fossero risolti mediante un processo costituente. Questo fu un impegno che prese il governo Santos. Questo è il compromesso implicito quando nell'introduzione all'Accordo dell'Avana si parla di un Accordo Politico Nazionale, perché il paese richiede una riforma giudiziaria di fondo, riforma elettorale radicale, riforma nella gestione dei mezzi di comunicazione, nelle questioni del lavoro, nell'istruzione, ecc. ecc. Il paese deve risolvere il cancro della corruzione e dell'impunità che corrode l'establishment, ecc. ecc. E questo non era qualcosa che potevano fare le due parti sedute all'Avana. Ma si doveva aprire un processo partecipativo che dava il passo a queste riforme. Per questo l'idea del processo costituente aperto, passo dopo passo, suscitando le trasformazioni con mobilitazioni e con la presenza del cittadino in piedi prendendo le decisioni.
Il governo che in questo momento occupa laCasa de Nariño, pone un'enfasi particolare al bellicismo e alla distruzione di ciò che è stato raggiunto in materia di accordo di pace. Ma la posizione ostruzionista di fondo è nel Blocco di Potere Dominante. Sicuramente, questa posizione va al di là delle bravate di Ivan Duque che è una specie di fantoccio di Álvaro Uribe Vélez, vera mano che tira i fili della casa de Nariño. Ma al di sopra di questo ci sono gli interessi delle multinazionali e di potenti imprenditori come Sarmiento Angulo. Da questi viene l'idea di stracciare il "maledetto documento" dell'Avana.
Quindi, con questo scenario sarebbe difficile avvicinarci, anche se non dico impossibile. Questa è una questione molto complessa in cui gli USA hanno molto peso, ma speriamo che ci sia una svolta nella politica nazionale che possa generare circostanze in cui la pace sia un proposito comune se si vuole che il paese sia uno scenario di progresso per tutti. E questo dialogo non implicherebbe un tavolo per la guerriglia e il governo ma per il governo e i diversi attori della vita nazionale che sono quelli che subiscono gli effetti, non esclusivamente del conflitto, ma delle politiche senza patria dell'establishment.
Noi parliamo dai tempi del dialogo all'Avana e dopo nel quadro della Decima Conferenza e del Congresso Costitutivo del Partito della Rosa (il partito legale sorto dallo scioglimento della guerriglia, dal nome Forza Alternativa Rivoluzionaria del Comune, in sigla FARC, ndt) sulla necessità di forgiare un movimento ampio, una grande convergenza politica, sociale e popolare, per portare avanti la costruzione collettiva di un programma di interesse comune, con iniziative progressiste, democratiche e rivoluzionarie a livello nazionale. Questo implicava passare da un governo di transizione.
Parlavamo e continuiamo a farlo, di strutturare un partito come parte di una grande convergenza; non di agire in solitario con spirito messianico. E per questo la Conferenza delegò un gruppo di persone che doveva agire con questa agenda, instaurando relazioni politiche volte a creare le basi di costruzione di tale iniziativa. Cercando allo stesso momento, a livello nazionale e regionale di sviluppare le questioni programmatiche e organizzative del processo di costruzione del nuovo partito e della grande convergenza. Ma tutto questo è rimasta lettera. Sono cose che si stanno per fare, costruzioni che devono basarsi sui punti concordati nell'Accordo dell'Avana e gli aspetti programmatici del movimento sociale nel paese, disegnando strategie di sviluppo interno e un'efficace politica di alleanze, all'interno di nuove forme di far politica che passeranno al di sopra delle consuete pratiche clientelari.
L'epicentro di questa visione era quello di ottenere una politica e concezione di unità del movimento popolare, andando al di là della necessaria unità dei comunisti, cominciando a lavorare nell'unità d'azione per avanzare verso punti programmatici, dando il ruolo di protagonista nella conduzione del lavoro politico-organizzativo alla gioventù e alle donne. Come vedi, una convergenza di questo livello considera come fattore principale tutte le organizzazioni del movimento popolare comprendendo l'Esercito di Liberazione Nazionale (ELN) e l'Esercito Popolare di Liberazione (EPL, maoisti ndt).
Alcuni assi sono chiaramente tracciati dalle FARC-EP da prima dell'entrata in legalità in materia di azione politica, qualsiasi fosse la situazione: 1. La politica di unità con le diverse forze di sinistra, democratica e dei movimenti sociali e di massa, lottando perché convergano le diverse espressioni del confronto. In questa direzione è definita chiaramente la ricerca e il mantenimento di migliori relazioni con l'ELN. 2. Lottare per l'unità e la coesione dei comunisti, intesa questa, come un processo di incontro nelle lotte popolari su scala nazionale e regionale. Questa unità sarà basata sui principi del Marxismo-Leninismo Bolivariano. 3. La proposta di unità del movimento sociale e popolare dovrebbe incorporare le organizzazioni di sinistra, i movimenti democratici e i settori politici che ci hanno accompagno nella lunga lotta per la pace democratica con giustizia sociale. Dovrebbe vincolare, inoltre, il movimento sociale in tutte le sue nuove e vecchie espressioni. E 4. Concretizzare l'unità implicava da parte nostra l'impegno di ampliare, di flessibilità, spirito di rispetto alla democrazia interna e dare risalto all'etica dei rivoluzionari e l'alta morale in modo che fossero presenza costante. E si precisava che gli obiettivi politici di un movimento amplio non potevano sorgere solo dal nostro criterio, ma si dovevano costruire nella discussione con tutte le forze di una possibile convergenza, più l'insieme delle rivendicazioni che agitano le diverse organizzazioni di massa e sociali del paese. Questo, dicendo che si sosteneva in qualsiasi circostanza, ciò che voleva dire di fondo è che se si fossero o no ratificati gli accordi, la nostra lotta per la pace rimaneva come meta strategica di prim'ordine. E così continua ad essere.
In sintesi, per spiegare le ragioni di fondo delle nostre decisioni abbiamo precisato che il regime imperante, di politiche neoliberiste, di corruzione e guerra, ci ha posto di fronte a due strade: o si apre una ricomposizione come risultato di un dialogo politico, e dell'istituzionalizzazione dei cambiamenti risultato di un Processo Costituente Aperto, o questi cambiamenti, prima o poi, saranno conquistati attraverso la deflagrazione del dissenso in ribellione.
Essendo il nostro piano strategico essenzialmente la stessa Campagna Bolivariana per la Nuova Colombia concepita da Manuel Marulanda in quanto concerne gli obiettivi essenziali, in materia politica ciò che esprimiamo inizia basandosi sulla regola bolivariano dell'insurrezione che dice nelle parole del Libertador che "L'Insurrezione si annuncia con lo spirito di pace. Si resiste al dispotismo perché questo distrugge la pace, e non prende le armi se non per obbligare i suoi nemici alla pace". In questa prospettiva, diciamo che iniziamo una nuova tappa di lotta per risvegliare le coscienze con una strategia che "ha per obiettivo l'unità del movimento popolare per la conquista della pace con giustizia sociale, democrazia e sovranità, attraverso lo stimolo e incidenza nell'azione di massa, che per vie insurgenti di ogni tipo a cui obbliga il carattere e la natura violenta dell'ordine sociale vigente, disputi il monopolio delle armi e il potere dello Stato".
Ma la pace con giustizia sociale sarà garantita da un nuovo potere che dovrà occuparsi della felicità del popolo eseguendo un programma economico, sociale, politico e culturale che renda dignitosa la vita dei colombiani. Per cui uniremo l'azione politica-militare con linee di azione che denominiamo nel suo insieme come strategia politica espansiva, con questi componenti:
1. Ristrutturazione politica e militare, promuovendo la creazione di un Blocco di Potere che unifichi tutti i rivoluzionari con cui si ha una affinità strategica. Qui guardiamo all'ELN come un protagonista fondamentale, e per questo diciamo e sono passi che stiamo compiendo, che con essi cercheremo la riattivazione del Coordinamento Guerrigliero Simón Bolívar.
2. Dedicheremo sforzi per conformare e dar vita al Movimento dei Movimenti, come poderosa forza sociale e politica che manifesterà nelle strade e nelle piazze i diritti violati dei cittadini.
3. Faremo appello alla coscienza democratica del paese per la formazione di una Grande Coalizione politica e sociale che, sotto una conduzione collettiva, stabilisca un Governo di Transizione. Tutto ciò deve esser implementato simultaneamente, sviluppando inoltre una strategia mediatica effettiva attraverso mezzi alternativi di diverso tipo e in particolare nelle reti sociali.
Tutto ciò implica la ristrutturazione politica, militare: recupero territoriale e di massa, mediante le nostre strutture di Partito Clandestino, Movimento Bolivariano e milizie. Ossia, espansione materiale e soggettiva delle forze dentro il movimento reale dei settori sociali in ribellione o in azione di protesta contro le ingiustizie dell'ordine sociale vigente, dinamizzando alternative politiche settoriali e regionali; rispettando e assumendo i progetti dei movimenti sociali e politici che raccolgono la ribellione, rivendicazioni e potenzialità degli insubordinati. Questa è la nuova forma di far politica, dal basso, coniugando ampiezza, solidarietà, interesse comune, lotta con dignità e contro la corruzione in funzione della giustizia sociale e la pace, cosa che implica la lotta per la soluzione delle necessità di base insoddisfatte in materia di lavoro, salute, casa, istruzione, ecc…
Non escludiamo che dalle persone già stanche di tanto abuso di potere si possa produrre un sollevamento insurrezionale o la pressione necessaria per obbligare la ricerca di un nuovo e definitivo Accordo di Pace. E senza dubbio, in questa circostanza, nemmeno scartiamo che si debbano far tacere i fucili, ma senza l'ingenuità della consegna delle armi. Queste si manterranno, lontani dal loro uso nella politica, sotto controllo diretto della guerriglia, come garanzia di compimento del nuovo Accordo di Pace che per decisione dell'Assemblea Nazionale Costituente, sarebbe attuato con nuove istituzioni che risponandano alle sfide che la pace richiede.
In ogni scenario la nostra organizzazione agirà inoltre come guerriglia ambientale vincolata alla lotta dell'umanità per fermare il cambiamento climatico, per la preservazione dell'ambiente e la generazione di energie pulite, e difesa delle ricchezze comuni. La nostra opposizione al fracking non avrà attenuanti. E il sogno di unità latinoamericana si mantiene come costante.
Dobbiamo evidenziare che se ci sarà un trionfo elettorale della Grande Coalizione Democratica, il nuovo Governo, che sarà un Governo di Transizione, annuncerà logicamente come una delle sue prime decisioni l'apertura immediata del tavolo di colloqui di pace con le insorgenze. E questo dovrà realizzarsi, supponiamo, come una negoziazione spedita che riprenda il testo originale dell'Accordo di Pace dell'Avana a cui si faranno gli imprescindibili adeguamenti in relazione all'inclusione delle posizioni programmatiche dell'ELN e la sua agenda di dialogo, garantendo l'invulnerabilità della sicurezza giuridica, l'incorporazione nella discussione dei 42 punti congelati del dialogo dell'Avana, e i testi degli accordi con il movimento sociale fino ad ora incompiuti dai governi di turno.
La costruzione della pace totale implicherà la ricerca dei procedimenti di soluzione alle differenti espressioni del conflitto armato esistente.
Firmata la pace questo governo procederà a dinamizzare il processo costituente aperto che sfocerà in una Assemblea Nazionale Costituente democratica che depurerà il quadro normativo a favore di tutta la nazione e traccerà la rotta per l'integrazione dei poteri pubblici con uomini e donne onorati e virtuosi.
Il Governo di Transizione con il sostegno della forza trasformatrice del popolo, materializzerà il Piano di Shock Sociale per il buon vivere, e svilupperà il programma economico che darà alla Colombia l'impulso iniziale verso un futuro di pace stabile e duratura.
Tutto questo approccio significa che la parola è sovrana, così come l'abbiamo scritto nell'introduzione dell'Accordo finale dell'Avana. Così fu concordato quell'impegno non mantenuto che indicava di convocare tutti i partiti, movimenti politici e sociali, e tutte le forze vive del paese a concertare un grande ACCORDO POLITICO NAZIONALE avviato a definire le riforme e gl adeguamenti istituzionali necessari per affrontare le sfide che la pace richiede, mettendo in marcia un nuovo quadro di convivenza politica e sociale.
Vediamo allora che esistono gli strumenti per continuare a cercare una soluzione concertata, promuovendo un processo che renda possibile il superamento dell'esclusione, la miseria e le grandi diseguaglianze; verso la democratizzazione in profondità dello Stato e della vita sociale, ristabilendo la sovranità e garantendo il benessere e il buon vivere del nostro popolo. Si tratta anche di potenziare le nostre aspirazioni e portarle ad un nuovo livello nel quale allora sì, una Assemblea Costituente, rappresentativa e con piene garanzie di attuazione, darà un impulso definitivo alle trasformazioni strutturali che necessita la Colombia.
Secondo il vostro comunicato state cercando di coordinare gli sforzi con l'ELN. Avete già avanzato in questa direzione?
La risposta a questa domanda sta in quello già detto precedentemente. E gli avanzamenti nella direzione posta si stanno compiendo, tenendo in considerazione che l'ELN è una forza autonoma, con le proprie posizioni ben definite che deve soddisfare e sulle quali bisogna costruire insieme.