www.resistenze.org - popoli resistenti - colombia - 14-12-19 - n. 733

FARC-EP: La Segunda Marquetalia, la lucha sigue - Prefazione

Jesús Santrich | elmachete.mx
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

11/12/2019

Le FARC-EP hanno annunciato la pubblicazione del libro Segunda Marquetalia, la lucha sigue, scritto da Iván Márquez. La prefazione è stata realizzata da Jesús Santrich, che "disegna su una tela le cause del ritorno alle armi come reazione della dignità di fronte alla perfidia dello Stato e le vicissitudini delle marcia ribelle della Segunda Marquetalia."

Nel sito web di questa organizzazione si specifica:
"Se partiamo dal comprendere la lotta come qualcosa di non lineare, zizzagante, piena di difficoltà e processo di rinascita costante, è logico capire le cause e circostanze intorno alla decisione di vecchi e nuovi fariani di mantenersi in armi, o di riprenderle di fronte al carattere terrorista di un regime, annegato nelle acque del capitalismo vorace, che precipita adesso nell'abisso della sua crisi globale irreversibile. E da tale circostanza non si salva la nostra Colombia, giorno per giorno attraversata da scioperi e proteste di massa con permanenza e furore, esigendo rivendicazioni che in gran misura erano gli slogan dell'Accordo di Pace tradito."

La seguente prefazione è parte iniziale di analisi da considerare nel dibattito ideologico e politico necessario alle battaglie del presente.


Editorale, El Machete

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Prefazione

Iván Márquez parla con la voce della giungla e delle convinzioni.

Addentrarsi nella lettura de La Segunda Marquetalia vuol dire iniziare il cammino per sentieri incredibili e quasi impensabili della Colombia profonda; passo dopo passo, aprendo percorsi insoliti tra la manigua, attraversando fiumi, torrenti, burroni e selva che ci viene presentata in modo magistrale come il ritratto di una realtà che ha la contraddizione di esser remota e sconosciuta dall'immensa maggioranza dei nostri compatrioti, ma che è qui presente, palpitante reclamando l'attenzione istituzionale negata da decenni; indubbiamente da più, molto di più del tempo che è durato il conflitto politico, sociale, armato, perché infine è la realtà generalizzata della Colombia rurale che così tanta ricchezza naturale e umana ci ha generato, quanto è stata trascurata e continua ad esserlo da chi governa guardando verso questi angoli inospitali della patria solamente per saccheggiarli e sottometterli alla miseria e alla diseguaglianza che alimentano una guerra senza fine.

È questa storia, la cronaca di una marcia nell'entroterra, descrivendo le vicissitudini dell'assedio ad un pugno di uomini e donne che essendosi avventurati ad intraprendere il sentiero della pace e della lotta senza il tuono dei fucili, si videro traditi e spinti a riprendere il cammino del legittimo diritto alla ribellione armata. Diventa quindi anche la cronistoria delle ragioni che hanno portato ad assumere tale determinazione, già collocata nella circostanza dei sogni frustrati e nel dignitoso dovere di non far morire la speranza nella Nuova Colombia, nonostante così tante avversità che sono precisate, in sintesi, ma sufficientemente, in questo quadro della giungla e dei fatti politici intorno la più deplorevole e volgare perfidia di quelli che sono stati i trattati di pace nel mondo.

La presentazione dei fatti qui consegnati con il rigore sequenziale in cui sono stati sollevati, mostrando la trasparenza degli sforzi e delle ansie che i loro protagonisti hanno vissuto cercando di evitare ciò che evidentemente era già una realtà: il naufragio di un processo di riconciliazione nazionale in cui tanta fede e aspettative hanno riposto le maggioranze per porre fine a un'emorragia imposta da decenni sui più poveri e vilipesi.

Il verbo crudo e quello delle metafore, si alternano tra messaggi epistolari di ogni ordine, rivolti a dignitari e veterani nazionali e internazionali che richiamano l'attenzione sul modo in cui le violazioni del governo stavano soffocando il sogno più profondo dei colombiani, mentre gridavano per misure e soluzioni, che, prima di apparire, erano sostituite da sempre più atti criminali di governo e di parte, da persone senza cuore che si sono concentrate sulla distruzione di "quella maledetta carta" dell'Avana - come la chiamava Fernando Londoño - fino a trasformarla in un'altra illusione senza realizzazione. E sono proprio quelli che, tra coloro che maggior impegno posero nel desiderio di concordia, come perseguitati assurdamente, personificano questa nuova leggenda - come direbbe Narciso Isaconde - di riarmo di utopie.

Tutto ciò che viene detto in questo scritto ha un accento profondamente franco e diretto, con colpi di scena letterari di enfasi sia nella descrizione del mondo materiale che spirituale, ma anche sull'analisi calma e saggia della congiuntura politica cui si è assiste, scorgendo il futuro della resistenza dalla triste tragedia della condanna alla guerra che si impone sia ai protagonisti della lunga marcia della perseveranza verso la Seconda Marquetalia, categoria del costante rinascere, sia alle immense folle dei diseredati che ancora una volta si vedono traditi dalla meschina oligarchia che ha sequestrato il potere per beneficio proprio.

E sebbene la temporalità di questa cronaca sia piuttosto circoscritta ai cinque mesi che è durata la camminata dei principali protagonisti del viaggio da El Pato fino alle profondità della Colombia orientale, guardando insieme troviamo la spiegazione di ciò che è stato l'inizio e lo sviluppo dei colloqui di pace tra il governo colombiano e le FARC-EP, compresa la sua mancata attuazione e le cause del crollo di uno dei sogni più preziosi del popolo colombiano. Vengono qui richiamati i responsabili del fallimento, le conseguenze e l'impatto che a breve e medio termine significa il fatto storico e politico della derisione dell'accordo, la mancanza di rispetto per la parola impegnata e l'annientamento della fiducia nel dialogo come strumento di soluzioni quando una delle parti calpesta i principi che regolano una negoziazione di tale calibro.

In una guerra, dicono, la prima vittima è la verità. Ma in questo tentativo di pace lo è stato anche quando il primo grande attentato contro la verità e la trasparenza furono i cambiamenti unilaterali che il governo ha impresso a ciò che era stato concordato con solennità e di fronte a garanti di alto livello. E qui che il crimine della perfidia governativa appare come la bestia più terribile che con i suoi artigli e le sue zanne ha distrutto ciò che era stato concordato, e con essa la possibilità più avanzata di porre fine a una guerra di oltre mezzo secolo che così tanti lutti ha lasciato in lungo e in largo della Colombia.

Ma anche se ho detto che stiamo di fronte ad una cronaca della marcia attraverso la giungla di alberi, animali, fiumi, di fatti politici e sentimenti profondi, non per questo manca una rigorosa metodologia storiografica nella misura in cui raccoglie il lato nascosto della medaglia degli eventi della vita nazionale, documentati e verificabili, per quanto riguarda il processo di pace; quel lato che i grandi media non mostrano perché ogni giorno e ogni minuto presentano la loro visione - quella dei potenti - prevenuta e demonizzante dell'essere insorgente, facendo avanzare l'approfondimento di quella che, concretamente, viene chiamata guerra a bassa intensità. Abbastanza aggressiva e volgare, certamente; Bene, molti di quei media che agiscono al servizio delle multinazionali o corporations dell'informazione, non si preoccupano di dover scendere nelle profondità del degrado giornalistico per aumentare gli ascolti.

Vi è qui un dettaglio più o meno completo e verificabile, secondo me il più importante, degli eventi che riguardano il fallimento in gran misura, o l'enorme lesione dell'Accordo dell'Avana. Senza addolcimenti né decorazioni, in quanto tutta la ferocia delle espressioni fuori dal comune del linguaggio che viene usato serve a ripulirle dalle erbacce delle bugie e dell'inganno, assumendo gli argomenti dell'autocritica di fronte alle responsabilità che corrispondono alle FARC nel tracollo.

E a questo proposito, vale la pena notare che sebbene il narratore parla con la voce multipla del collettivo artefice del passaggio delle nuove FARC-EP al riarmo delle utopie, avendo chiaro il principio elementare che i panni sporchi si lavano in casa, e che per etica di rivoluzionari ci sono molte cose che verranno mantenute nello scrigno del silenzio, si presta attenzione anche a quella massima che chi tace acconsente, ed è stato necessario fare delle precisazioni su questioni che coloro che, essendo vecchi compagni di lotta, hanno messo in pubblico ricaricandoli di falsità. È forse la parte più complicata e controversa dei capitoli inclusi, ma allo stesso tempo la parte che il dovere impone quando si tratta di parlare con la verità. Indubbiamente i contrasti e le contestazioni che giungono al lettore, e degli argomenti che altri hanno trasmesso senza pudore, daranno le chiavi per chiarire i dubbi e specificare "certezze" su questioni che forse non avevano abbastanza informazioni per giungere a conclusioni definitive e senza ombre.

Il materiale ha elementi di cronaca storica e testimonianza di coloro che hanno visto e vissuto sulla propria pelle le apparizioni di questo quarto d'ora del secolo in cui la luminosità della possibilità certa di pace è stata eclissata dagli inganni del potere.

Andando oltre la disinformazione e l'inganno, questo testo ha un valore testimoniale e storico e valore documentale, in quanto include sconosciuti pezzi di archivio della vita interna delle FARC-EP, che danno notizie, ad esempio di come furono gli ultimi tre anni di vita del comandante Manuel Marulanda Vélez, le sue preoccupazioni e le sue proiezioni; la sua vita quotidiana e le sue riflessioni politiche..., fino ai giorni della sua morte, e persino l'odissea che hanno dovuto patire i suoi resti mortali fino a quando non ha trovato un luogo di riposo nelle giungle della Colombia.

E raccoglie La Segunda Marquetalia, il racconto conciso di ciò che è realmente accaduto per arrivare alla disarticolazione dello schieramento strategico, senza garanzie. Realtà riguardo alla quale i "pro-umani" dell'oligarchia creola hanno dispiegato nei loro libri dedicati a parlare di ciò che era il processo dell'Avana, solo per mostrarsi come i grandi strateghi che disarmarono le FARC-EP. Vantandosi di qualcosa che, invece di ingrandirli moralmente, li minimizza, perché rivelano che più che l'interesse a risolvere i problemi che hanno generato la guerra, il loro proposito era meschino, strettamente legato ai loro ristretti interessi di classe. E a questo male non sfugge nessuno dei tre grandi scritti che sul processo hanno fatto da sponda dell'oligarchia: Enrique Santos, Juan Manuel Santos e Humberto de la Calle Lombana. Tutti lusinghieri dell'establishment, attenti ai loro interessi di classe e furiosi e meschini nella valutazione del loro avversario. Oh, e molto sagaci, uno più dell'altro, anche nei falsi riconoscimenti reciproci pieni di lusinghe viscide. I meandri del potere affrontati con le bugie.

Questo non è lo scopo del libro, ma in un modo o nell'altro mette a nudo le molteplici menzogne ​​dei menzionati e dei nuovi commedianti della claudicazione, perché alla fine non sembra così complesso evidenziare il comune denominatore di tutto: l'ego e la vanità, non solo del premio Nobel per la pace; ma quella del frustrato candidato alla presidenza del partito liberale e quella del subdolo e malizioso "guerrigliero del Chicó" [Enrique Santos Calderón]. Nessuna novità, tra l'altro, nella tipizzazione di questi vecchi lombrichi dell'establishment, aulici di Sarmiento Ángulo, beneficiari dei Panama Papers e i redentori dei conglomerati della comunicazione e delle corruttele tipo Odebrecht.

Devo dire in contrasto con la brevità e la veridicità de La Segunda Marquetalia, e riferendomi solo a uno dei libelli, che il tomo di Juan Manuel Santos è la sfacciata falsificazione di mezzo secolo di violenza politica imposta dal regime, nella misura in cui si svia dalla primaria responsabilità dello Stato nella generazione del conflitto e della sua permanenza, ed è il segno dell'uso del desiderio di pace per il raggiungimento di interessi politici di parte e di classe in circostanze di guerra da cui traggono profitto senza vergogna, il che rende il libro La battaglia per la pace il manifesto della più grande farsa di questo secolo, in cui sebbene appaiano come avversari, santisti viscerali e uribisti di fegato sono ugualmente scarafaggi. E allora si, come dice lo stesso alias di Juampa [Juan Manuel Santos], "il verdetto lo darà la storia", ma ciò che è certo è che né lui, né Uribe, né Duque né i suoi corifei, saranno assolti dalla storia.

Coloro che sono guidati dal libro Le battaglie per la pace parlano della sagacia e dell'intelligenza di Santos di aver fatto "sedere la guerriglia" per discutere una agenda definita per porre fine al conflitto con la chiave di una giustizia alternativa, ma scoprendo allo stesso tempo che al di là di qualsiasi buona intenzione ciò che è stato prodotto è stato un "obbrobrio", partono dalla misera concezione che in questa storia di "buoni e cattivi", i primi con l'ingegnosità di Ulisse hanno portato il Cavallo di Troia ai secondi, per raggiungere al tavolo delle conversazioni la resa che non sono riusciti a raggiungere sul campo di battaglia, ignorando che la perfidia non è uno stratagemma valido all'interno delle leggi della guerra e non riconoscono alcun ruolo altruistico nell'avversario di uno scontro in cui il regime ha la massima responsabilità.

Inoltre, continuano a ripetere la cantilena della "narco-guerriglia", che è falso quanto basta, nascondendo un problema di mafie capitaliste di gangster che mangiano la struttura del sistema. E tale è la deformazione, che hanno fatto credere che la politica di sostituzione fosse in realtà una politica perversa di incentivi ai contadini per continuare a coltivare la coca, quando è il trattamento militare del problema che opera da decenni come un fattore che aumenta i prezzi e i profitti per i veri beneficiari del macro-affare orientato al capitale finanziario. In modo tale che la fallacia dei 200.000 ettari ereditati da Duque cada nella boscaglia con la sua permanenza numerica, nonostante i 95.000 ettari che dichiarano di essere stati sradicati nel quadro di una, già decrepita "nuova politica", che include le irrorazioni aeree e maggiore criminalizzazione.

Quindi, l'obbrobrio non è ciò che è stato concordato ma la sua violazione premeditata; obbrobrio non è aver concordato verità, giustizia, rimedio e non ripetizione, ma aver preteso che il banco degli imputati fosse designato per una sola delle parti, con l'aggravante che nessun cambiamento nei problemi sociali implica la negazione istituzionale della non ripetizione. È in questi dettagli che riposano le nicchie dell'impunità.

Obbrobrio non fu il patto di creazione della JEP [Giuridisdizione Speciale per la Pace], ma la sua distorsione nel trasformarla nel diritto penale del nemico, per renderla una fonte di vendetta, stigmatizzazione e sollievo spirituale per coloro che a ogni costo, violando qualsiasi principio essenziale del diritto così come sono quella della presunzione di innocenza o quella della legalità, richiedeva l'estradizione di Santrich per lasciare quella scia aperta a tutta la leadership insurrezionale, nel mentre il compimento "di dire la verità, chiedere perdono e consegnare "beni" era una questione che riguardava solo gli insorti. Nemici e camuffati avversari della pace hanno fatto causa comune con elementi di questo tipo, perché non è una novità fingere e simulare la pace e reinventare la guerra.

Senza dare un riferimento ordinato allo sviluppo dei capitoli, devo sottolineare che, ricordando gli scambi epistolari di quella che fu la X Conferenza e il Congresso di Fondazione del Partito [della Rosa, il partito legale Forza Alternativa Rivoluzionaria del Comune], il testo riesce a toccare il nocciolo delle contraddizioni di fondo tra coloro che hanno preso la via del riarmo e il settore dell'ex Direzione chiamata "cricca", indicando che il punto di rottura non era solo la distorsione che era stata fatta della questione dell'abbandono delle armi, intesa come collocazione al di là del suo uso in politica, portandolo alla sua definizione come consegna propria di una smobilitazione che non è mai stata nell'agenda marulandiana delle FARC-EP.

Questa delle armi era un punto essenziale, ma lo era anche quello ideologico a cui è indubbiamente collegato e che si riassume nella spiegazione del corso riformista assunto da coloro che hanno abiurato puntando alla linea del possibilismo. Senza addolcire il verbo, si è concluso che, nella linea strategica reale, genuina, delle FARC-EP non si prevede di accettare l'orizzonte democratico liberale, il suo ricatto consistente nel mostrare qualsiasi prospettiva di cambiamento radicale come un percorso verso il totalitarismo; o come una via assurda e non plausibile nella sua possibilità di successo di fronte all'irresistibile onnipresenza dell'imperialismo.

E su quest'ultimo tenore, sono di pubblico dominio le sciocche diatribe lanciate, senza finora alcuna nostra risposta, contro la nostra visione della crisi strutturale del capitalismo e la necessità dell'insurrezione globale. Certamente, La Segunda Marquetalia appare senza approfondire perché non è la tematica prioritaria, le convinzioni presentate in modo argomentato alle istanze direttrici della Decima Conferenza e del Congresso fondatore del Partito della Rosa, in quanto le illusioni borghesi di una ricomposizione della periferia del capitalismo globale sono prive di fondamento, e ci si aspettano in futuro, molte crisi periferiche nel quadro della summenzionata crisi globale che possono aprire prospettive all'elevata negazione della civiltà borghese e al collasso della cultura imperialista. Tutto in un contesto di lotta, questo sì.

Ma la cosa più scioccante, sicuramente, è stata l'identità di punti di vista con l'ora defunto maestro Jorge Beinstein - che chiamiamo "Il Fantasma" a cui con immenso affetto rendiamo omaggio -, per quanto riguarda la messa in discussione dell'ingannevole retorica che intende dissociare artificialmente l'oppressione imperiale, l'autoritarismo delle élite locali, la concentrazione del reddito, o la catastrofe ambientale, dalle loro radici borghesi universali. Ed è semplice, perché con Il Fantasma, con il quale concordiamo nella sua strategia ribelle di affrontare l'imperialismo e nella sua teoria marxista della crisi, abbiamo messo fortemente in dubbio le false coscienze che si nutrono con le "melodie moderate", che era assolutamente "peccaminoso", nella misura in cui tale coperta copre anche coloro che persistono negli errori dell'eterna ricerca del borghese progressista, del democratico moderato, dell'unità nazionale, dell'umanesimo sensibile, che si ripetono più e più volte, ricadendo nella riproduzione del sistema o facendo affidamento sui suoi componenti "meno spietati" in modo tale da indurre la posticipazione della ribellione stabilendo la conciliazione con il carnefice. Infine, blasfemie che si dicono contro il linguaggio "politicamente corretto", e che la cosa migliore è etichettarle come trotskismo per rendere, cosa per altro assurda, più facile il suo discredito. Disperati rinnegati!

Quindi, chiaramente, si insiste sul fatto che il nostro ruolo è continuare a riarmare l'utopia, continuare a esigere l'impossibile, perché gli altri sono responsabili del possibile ogni giorno. Continuare ad aprire la strada verso la costruzione del socialismo; auspicando di fronte al decadimento del capitalismo, con una contro-faccia che mostra la combinazione di resistenze e offensive di ogni tipo, operando come fenomeno di dimensione globale, agendo in un ordine sparso, esprimendo diversità di culture, diversi livelli di lotta e coscienza, con il ruolo guida dell'immensa massa degli oppressi e delle sofferenze.

Dalle montagne ribelli della Colombia


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