www.resistenze.org - popoli resistenti - colombia - 18-07-21 - n. 797

I sentieri della lotta colombiana

Diego Rìos, Temple n. 1 * |  jotabolivia.wordpress.com
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

28/06/2021

Gli scioperi nazionali in Colombia sono iniziati alla fine del 2019, in risposta alle condizioni determinate dalla crisi capitalista, aggravata successivamente non solo dalla pandemia sanitaria ma anche dalle politiche antipopolari del governo di Duque che aggravano le condizioni di vita dei lavoratori, come la recente proposta di riforma tributaria cui obiettivo è accrescere la fortuna dell'oligarchia colombiana e continuare a finanziare la guerra contro il popolo e i prestiti dell'imperialismo nordamericano, del FMI e della Banca Mondiale, necessari per portarla avanti.

Di fatto, negli ultimi anni, non solo sono aumentati gli indici di povertà in Colombia, ma anche quelli delle diseguaglianze e disoccupazione. Mentre la classe lavoratrice della città e della campagna vive nella miseria, la classe dominante continua ad arricchirsi, in parte attraverso l'intensificazione dello sfruttamento dei lavoratori, in parte attraverso attività illegali come la corruzione e il narcotraffico, cui vincoli con il governo sono stati ampiamente diffusi e dimostrati.

In più, gli accodi di pace firmati nel 2016 con la speranze di stabilire un terreno che permettesse lo sviluppo democratico (anche se borghese) delle forze politiche rappresentative dei settori oppressi della popolazione, sono stati annichiliti dall'oligarchia colombiana al governo, trincerata al potere da molti decenni, tradendo così le speranze di pace del popolo e il compromesso dei combattenti smobilitati.

Non è la prima volta che questo accade. Coloro che detengono il potere economico avevano già agito contro la pace (genocidio dell'Unione Patriottica, assassini di Manuel Cepeda, Jaime Pardo, Jaime Garzón, Bernardo Jaramillo, José Antequera, rottura unilaterale dei dialoghi di pace da parte del governo di Pastrana nel 2002, Plan Retorno, Plan Colombia, ecc.).

In queste avverse circostanze, il popolo colombiano ha deciso di scendere nelle strade il 28 aprile, affrontando la violenza statale che da decenni caratterizza la risposta del governo colombiano al malcontento sociale causato dalla miseria e l'ingiustizia. A questo si somma il paramilitarismo che funge da complemento alla repressione poliziesca-militare, organizzato e finanziato dallo Stato e dai gruppi di potere annidati in esso. Ad oggi più di mille persone sono state assassinate in 3 anni di governo di Duque, tra operai, contadini, indigeni, studenti ed ex guerriglieri firmatari del processo di pace. Nella prima settimana di protesta almeno 25 persone sono state assassinate, inclusi minorenni. Oggi, queste cifre sono molto superiori.

La classe dominante, attraverso i suoi organi repressivi, vuole infondere paura ai lavoratori che stanno lottando nelle strade, in modo da poter continuare ad arricchirsi sulle loro spalle, eliminando diritti lavorativi, riducendo salari, incrementando le tasse. Ma la risposta del popolo non è la paura, è la lotta.

Di seguito riproduciamo una breve intervista realizzata ai nostri compagni della Gioventù Ribelle della Colombia, che ringraziamo per il tempo e l'attenzione che ci hanno dedicato per illustrare in modo dettagliato la situazione nel loro paese.

Quali considerate siano le principali ragioni (sociali/economiche/politiche) che hanno dato inizio alle manifestazioni in Colombia?

Ci sono fattori di lungo periodo che configurano lo sfondo della disputa politica nel paese: il modello economico estrattivista e finanziario è in crisi da anni; l'ordinamento istituzionale, il regime di dominazione di classe, riflette anch'esso la sua decomposizione. Quest'ordine istituzionale si trova in un punto critico e inizia a fratturarsi il consenso delle élite del paese. Entrambi questi aspetti si vedono accettuanti dagli impatti politici e culturali dell'accordo di pace dell'Avana.

L'accordo di pace ha permesso di evidenziare che il problema del paese non era il conflitto armato né l'insorgenza. Al contrario, ha messo a nudo questa crisi istituzionale ed economica, al punto che nemmeno i grandi mezzi di comunicazione hanno potuto nasconderla. Ma l'Accordo ha decantato anche una mappa politica di risposte a questa crisi: una risposta conservatrice dei proprietari terrieri, una "modernizzante" della borghesia vincolata al settore finanziario; entrambe le proposte coincidono nel far pagare la crisi ai settori popolari, ai lavoratori, così come nel legittimare il regime politico vigente. Una terza alternativa, ancora in processo, è quella del campo popolare: che la crisi la paghi il blocco al potere che è stato quello che l'ha generata.

Questo è lo sfondo della situazione. Da qui emerge lo Sciopero Nazionale del 2019, molto potente e con un orizzonte di rivendicazioni a favore delle condizioni di vita dei contadini, comunità indigene e lavoratori urbani. A questo sciopero hanno risposto con un'intensa repressione, al punto che la denuncia della brutalità della polizia e del terrorismo di Stato, rapidamente si è trasformata in una bandiera centrale del movimento popolare. Questa repressione della mobilitazione si accompagna con una politica non ufficiale dello Stato: il paramilitarismo che coincide con le politiche economiche dello Stato, ottenendo tramite la violenza e l'assassinio di mantenere i rapporti di forza a favore del blocco di potere.

La Pandemia ha accentuato questa crisi. Salvo il settore finanziario che ha ottenuto enormi profitti durante la pandemia, il resto dei settori produttivi sono stati colpiti. Di nuovo l'intenzione è stata quella che i lavoratori e i settori popolari paghessero la crisi con decreti e riforme del lavoro, fiscali, pensionistiche, di sicurezza sociale. Questo insieme ad una gestione militare della pandemia (coprifuoco, pattuglie militari per garantire la quarantena e anche repressione statale) hanno accumulato la giusta rabbia che il popolo colombiano esprime adesso nelle strade.

In questo contesto, qual è la situazione attuale dei giovani lavoratori e studenti? Qual è il ruolo che hanno nella lotta e quali sono le loro prospettive?

La situazione giovanile nel paese è ancora più difficile. I tassi di disoccupazione sono quasi il doppio della media nazionale e quasi il 40% dei giovani che lavorano lo fanno nell'informalità. Questo significa che la maggioranza dei e delle giovani della Colombia non hanno accesso alla sanità, prospettiva di pensione nella vecchiaia, né alcun tipo di sicurezza sociale. A livello di istruzione, la Pandemia ha accentuato la dispersione scolastica che in alcune università raggiunge il 40% delle matricole.

Qui diciamo che siamo una generazione senza futuro. Non abbiamo, letteralmente, nulla da perdere; ci hanno tolto tutto. Se a questo aggiungiamo che negli ultimi due anni ci sono stati massacri di giovani in varie parti del paese e una storica repressione poliziesca e persecuzione nei confronti delle pratiche giovanili (il blocco di potere in Colombia è profondamente conservatore), abbiamo una situazione di precarietà economica, repressione e persecuzione politica, sessuale, di genere, esclusione dal sistema di istruzione e sottofinanziamento dell'istruzione pubblica.

Il nostro ruolo come giovani è stato protagonista. Senza negare importanti esercizi di mobilitazione contadina, indigena e afrocolombiana nei territori rurali, il soggetto urbano in mobilitazione è giovanile e senza dubbio il movimento antipatriarcale e di genere. Ma nel caso dei giovani abbiamo una dispersione e frammentazione molto forte.

Da qui che la nostra aspettativa immediata è quella di raggruppare nel movimento giovanile chi è nelle barricate; tessere le bandiere di lotta che ci uniscono e costituire l'attore collettivo che ci rappresenta. Questo è stato un compito difficile, poiché la dispersione è riflesso di progetti politici diversi, a volte in opposizione, e anche di posizioni anti-organizzazione. Ma come ogni movimento, anche questo è una inestimabile scuola di formazione politica che inizia a rendere evidente la questione che dobbiamo articolarci come soggetto giovanile a livello nazionale.

Che posizione propone la Gioventù Ribelle per uscire da questa situazione? Verso dove deve andare lo Sciopero Nazionale e come ponete la questione della costruzione dell'Unità dei settori popolari e una proposta per far fronte a una oligarchia paramilitare che si trova al governo da tanti anni?

In questa situazione il compito immediato della GR è contribuire all'articolazione del movimento giovanile e in secondo termine del campo popolare. In questa articolazione risiede la possibilità di far sintesi del movimento politico, la capacità di lotta e di compiere un salto qualitativo nell'organizzazione popolare. Senza negare l'importanza dell'elaborazione programmatica, ci sembra che essa dipenda dal grado di organizzazione popolare in modo da essere rappresentativa e tenga vocazione di vittoria.

Di fatto lo sciopero è entrato in una tappa di riorganizzazione. Le dinamiche di mobilitazione vanno diminuendo e al suo posto emergono assemblee popolari, spazi di formazione, riunione e articolazione. La sfida consiste nel tessere l'ampia unità del campo giovanile e del campo popolare verso un solo spazio di articolazione che potenzi la belligeranza popolare.

Questa ci sembra essere la chiave. L'acutizzazione della crisi fa sì che questa sia una tappa di lotta politica di medio e lungo periodo. Il Governo ha tracciato una linea verso l'aperta repressione statale, una guerra irregolare contro la mobilitazione e di fatto la subordinazione dell'autorità civile alle autorità militari. La realtà attuale del paese non è da meno. Di fronte a ciò necessitiamo che si intensifichi la denuncia internazionale per il grado di crudeltà dello Stato verso la mobilitazione.

Questo è un momento congiunturale con portata strategica. Si tratta di un impulso politico che lega processi politici di almeno un decennio; la risposta è di lungo periodo, per questo l'organizzazione è prioritaria; l'organizzazione in chiave, almeno, anticapitalista che accumuli organizzativamente e ottenga vittorie parziali in una battaglia che senza dubbio apre due opzioni: la restaurazione conservatrice e fascista o l'apertura democratica verso le trasformazioni che chiediamo come popolo e gioventù. Come ben sapete in Bolivia, qui abbiamo la sfida di compiere il passo da uno sciopero destituente a un movimento costituente verso una nuova Colombia.

*) Temple, organo della Dir. Nazionale della Gioventù Comunista della Bolivia (JCB)


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