Il voto unito non è una consegna, è una strategia rivoluzionaria
di María Julia Mayoral
Se non esistesse la fiducia nella qualità umana e nelle capacità dei candidati
a deputati e a delegati provinciali, oggi sarebbe impossibile difendere l'idea
del voto unito come strategia rivoluzionaria che “va fatto non perché è
richiesto in nome della Patria, ma perché venga compreso a fondo che la Patria
ne ha bisogno”.
Il voto unito è, come ha spiegato anche Fidel, “ciò che rende possibile
l'elezione di molti di coloro che costituiscono i nostri più modesti e umili
candidati, i meno conosciuti nonostante i loro meriti. Ottenere più della metà
dei voti validi, altissimo e difficile requisito, è niente più e niente meno
quello di cui hanno bisogno e che sperano”.
A nessuno viene richiesto di votare per tutti come un impegno o per disciplina.
La Rivoluzione non ricorrerà mai a mezzi tanto deboli e contrapposti
all'essenza stessa della società socialista che stiamo costruendo.
Il sistema elettorale cubano, con metodi creativi e democratici come non ne
sono mai stati utilizzati al mondo, assicura la totale libertà dei cittadini.
Non stabilisce l'obbligatorietà del voto, prevede l'iscrizione automatica e
completa di tutti gli elettori e, nel caso dell'elezione dei delegati
provinciali e dei deputati, lascia aperta ogni possibilità di scelta: dal non
concedere la preferenza ad alcuno di quelli proposti fino alla possibilità di
votare per tutti. La Costituzione e la Legge sanciscono queste prerogative dal
punto di vista legale e giuridico.
Durante le elezioni generali del 1992-93, Fidel si pronunciò su questo
importante tema: “Noi non pretendiamo né dobbiamo ottenere nulla per mezzo di
pressioni o con l’obbligo, ma attraverso la persuasione”. Questo stesso
principio è quello che guida oggi tutto il lavoro di divulgazione sulle prossime elezioni del 19 gennaio.
Per mesi le Commissioni di Candidature, dopo avere ricevuto oltre 57.300
proposte dalle organizzazioni studentesche FEEM (Federazione Studenti Medi) e
FEU (Federazione Studenti Universitari), dalla FMC (Federazione Donne Cubane),
dai CDR (Comitati di Difesa della Rivoluzione), dall'ANAP (Associazione
Nazionale Piccoli Agricoltori) e dalla CTC (Centrale dei Lavoratori di Cuba),
hanno svolto un intenso lavoro di consultazioni con istituzioni, centri di
lavoro, delegati di circoscrizione, rappresentanti di queste stesse sei
organizzazioni e con numerosi cittadini nei quartieri. Hanno raccolto le
opinioni di oltre due milioni di persone.
In nessuna parte del mondo avviene un processo di questa natura e di questa
portata. Il Partito non ha proposto alcun candidato, non ne ha indicato alcuno,
non ha fatto campagna per alcuno, questa è un'altra verità di cui siamo
orgogliosi. Il gigantesco cantiere da dove sono usciti gli attuali candidati
porta il marchio della volontà popolare. Tra tanta gente buona e di merito, è
stato molto difficile stilare le liste dei pre-candidati da sottoporre alla
considerazione delle Assemblee Municipali del Poder Popular, le quali hanno poi
realizzato la stesura. Né per le Commissioni di Candidature né per le Assemblee
Municipali, composte dai delegati eletti nell’ottobre scorso, l’impegno assunto
è stato “una passeggiata”.
Può darsi che qualcuno si stia magari chiedendo perché Tizio è candidato e Caio
no, questo è già successo ai delegati di base quando hanno dovuto discutere e
approvare le candidature, dato che dovevano adeguarsi a un numero di proposte
in relazione al territorio, al talento, alla capacità, alle possibilità di
molti di svolgere il ruolo di delegato provinciale o quello di deputato, e
tutti questi aspetti portavano a un numero di pre-candidature superiore alla
quantità di posti a disposizione.
In qualunque opera umana ci possono essere errori, ma nelle scelte ha prevalso
la migliore onestà e trasparenza, la volontà di ponderare gente preziosa che
abbia le attitudini per compiere la funzione di rappresentare il popolo. E’
stato di nuovo messo in pratica il principio che è il popolo che propone. Tra
quelli nominati c'è un notevole gruppo di persone poco conosciute al di là
della circoscrizione dove sono stati delegati, o al di là della fabbrica,
dell’azienda di servizi, del settore studentesco, dell'unità militare, della
cooperativa agricola o del centro di ricerche dove lavorano. Anche se da
diverse settimane vengono effettuati incontri con il popolo e le loro sintesi
biografiche sono state diffuse mediante la stampa e la tradizionale esposizione
nei luoghi pubblici, questi sistemi non sono sufficienti per avere una visione
completa delle loro qualità, da ciò l'importanza di tenere presente con quanto
rigore e con quanta limpidezza sono arrivati a essere nominati come i candidati
del popolo.
“Ora, quando si dà l'opportunità di votare per tutti, invece di votare per uno,
non si sta togliendo un diritto al cittadino, gli si sta dando più diritto; non
gli si sta dando un voto, gli si sta dando due, tre, cinque o sei voti. Se è in
un municipio dove bisogna eleggere otto delegati all'Assemblea Provinciale, gli
si sta dando otto voti. Non si contrappone un candidato a un altro, non si pone
al cittadino il dilemma del suo voto per questo e non per l'altro, che è
altrettanto valido, ma gli viene data l'opportunità di votare per uno, per due,
o per tre, o per nessuno o per tutti, se crede che tutti abbiano i meriti. Non
è stato tolto un diritto al cittadino, gli sono stati dati più diritti”, ha
commentato Fidel su questo tipo di elezioni.
Perché è possibile per tutti? Il merito e la capacità sono la premessa; la base
legale, avere progettato un sistema che stabilisce uguaglianza di opportunità
per tutti quelli proposti. Non ci sono candidati di scorta, il numero di
cariche da coprire coincide con la quantità di proposti. Dal cittadino più
semplice, modesto e sconosciuto fino alle figure prominenti, se ottengono più
della metà dei voti validi, possono accedere ai governi provinciali o al
massimo organo del potere statale nel paese.
Nessun’altra nazione attua questo sistema democratico. Dove, se non a Cuba, si
possono trovare studenti, contadini, operai, rappresentanti di base, semplici
lavoratori delle più diverse sfere che occupano un seggio nel Parlamento?
Sottoporre queste persone a un'elezione popolare diretta, nella quale dovranno
ottenere per lo meno 20.000, 30.000 o più voti secondo il numero degli elettori
del municipio o del distretto, sempre espone a un rischio, perché forse alcune
persone non sono propense ad appoggiare quelli che non conoscono o perché
considerano poco significativa la biografia di un giovane al quale la vita non
ha permesso un percorso paragonabile a quello di altri proposti.
Ma le elezioni a Cuba, come ha esposto il Comandante in Capo, “non
costituiscono un concorso di popolarità; sono in ogni caso un concorso di
merito e un concorso di capacità. Se io, rivoluzionario, ho il diritto di
votare per cinque, perché dovrei votare per uno? Per quale motivo dovrei votare
solo perché è quello che conosco di più personalmente, o perché è il mio
vicino, che vedo quasi tutti i giorni? Devo avere fiducia nel processo, devo
avere fiducia nei principi che stiamo applicando, devo avere fiducia nei
criteri, nelle molteplici consultazioni e nell'enorme sforzo realizzato dalle
Commissioni di Candidature, devo avere fiducia nei criteri delle assemblee che
li hanno proposti, ai cui membri sono stati chiesti i loro pareri”.
Tuttavia, ognuno ha il diritto di votare come stimi pertinente e per questo
motivo non deve essere criticato. È risaputo che il voto unito si trasforma
anche in uno strumento di unità, ma la Rivoluzione non chiede né ha bisogno di
falsi consensi. Più di una volta Fidel ha rimarcato “che nessuno eserciti il
voto unito per una questione di disciplina, ma che sia per una questione di
coscienza. Se a qualcuno non gli va bene un candidato, che non voti per il
candidato, perché non lo vuole, a ragione o a torto, o perché conosce qualche
tratto del suo carattere che non gli piace”.
Gli argomenti sono sul piatto. Da un lato, il diritto legale indiscutibile ad
agire come si creda conveniente, e dall'altro, la strategia unitaria della
Rivoluzione, quando si tratta di difendere il socialismo, la Patria e la
nazione, quando sul terreno elettorale siamo anche chiamati a convalidare i
principi per i quali il popolo cubano non si è arreso ed è disposto a dare la
propria vita.
“Le nostre armi sono le idee”, diceva il Comandante in Capo al popolo in una
lettera pubblicata in occasione delle prime elezioni dirette dei delegati
provinciali e dei deputati, quando stavamo attraversando il momento più
difficile e cruciale del periodo speciale. “Nessuna cosa, aggiungeva, potrà mai
superare in giustizia e in dignità quelle che noi difendiamo. Patria,
Rivoluzione, socialismo sono cose troppo sacre per giocare con esse, per
sparare contro di esse o per piantare nella schiena il pugnale traditore con
cui l'imperialismo vuole uccidere le nostre speranze e distruggere la nostra
opera. Non saranno distrutte le nostre conquiste sociali né saranno
dissotterrati dalle loro tombe i nostri eroici morti. L'esempio e la speranza
che oggi Cuba costituisce per il mondo non possono essere traditi. La nostra
unica alternativa è la vittoria”.