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da "la Voce" del G.A.MA.DI.- aprile-2003

Cuba e la democrazia

Mauro Pascolini

A Cuba non manca la partecipazione popolare al potere, cioè la Democrazia, la vera democrazia.

In base al sistema elettorale in vigore, gli abitanti delle circoscrizioni, autonomamente, senza l'intervento del partito, scelgono i propri delegati e questi a loro volta determinano tutti i vertici del Paese.

Nei vari settori della vita pubblica, inoltre, c'è un costante confronto di idee nei vari congressi di operai, di contadini, di donne, di studenti medi, di varie categorie di cittadini e di lavoratori, nelle fabbriche, nelle scuole, nelle associazioni culturali, nel Partito, nei quartieri con i CDR (Comitati di Difesa della Rivoluzione), nelle fabbriche con i sindacati.

Mediante questi meccanismi, la partecipazione del popolo alla discussione dei problemi sociali, economici e politici è molto intensa. Pertanto per chi "vuol fare le pulci", a Cuba non manca la democrazia ma il pluripartitismo che della democrazia è nemico giurato.

La dirigenza castrista è sensibile all'esigenza di ampliamento della partecipazione democratica, come testimoniano recenti cambiamenti introdotti nella Costituzione e nella legge: elettorale per democratizzare ulteriormente tutti gli organismi del potere popolare, in primo luogo l'Assemblea Popolare (Poder Popular), il Parlamento, subito dopo CDR e sindacati.

Ma predomina il criterio che le intensificate minacce esterne impongono: l'unità della nazione intorno alla direzione del Partito Comunista e alla: figura del Presidente Fidel Castro Ruz.

In quanto alle critiche superficiali: (e spesso interessate) che confondono la democrazia e pluripartitismo e sorvolano agilmente sulla situazione di assedio permanente e di costante minaccia in cui Cuba vive ormai da più di 40 anni (attentati alle persone, guerre psicologiche, provocazioni da parte della mafia cubano-americana di Miami, tentativi di introdurre la droga e la conseguente corruzione ) Fidel prende: una posizione molto netta:

«Se a Cuba ci fossero due partiti, uno sarebbe quello della Rivoluzione e uno quello degli Yanckees. Noi non vogliamo certo aprir gli la strada né vogliamo contribuire: alla frammentazione del nostro paese e alla rottura della nostra unità. Non ci sarà multipartitismo a Cuba ma un solo partito e un popolo unito perché questo è l'unico mezzo che abbiamo per difenderci.… Non possiamo ammettere: divisioni nelle nostre file e stabilire il pluripartitismo sarebbe come creare artificialmente una spaccatura e una: divisione nel popolo.»

Le richieste di "democratizzazione" intese nel: senso di apertura al pluripartitismohanno il solo, ormai evidente, scopo di scardinare il sistema sociale e politico cubano.

 

A testimoniarlo sono le chiare situazioni disastrose di tutti i paesi dell'America latina con particolare riferimento a quella centrale e caraibica, ma non dobbiamo dimenticarci del clamoroso naufragio della "perestrojka" di Gorbaciov, che ha portato nell'ex URSS allo sconquasso dell'economia, ad un marcato regresso in tutti i settori della vita sociale, ad un imbarbarimento della vita pubblica, ad una spaventosa espansione della criminalità, alla nascita di nuovi, giganteschi e odiosi squilibri sociali, alla nascita di alcune migliaia di rozzi e tracotanti nuovi ricchi e di decine di milioni di nuovi poveri sempre più miserabili.

D'altronde a gennaio scorso il 97% dei cubani ha votato (senza nessuno che gli stesse dietro col fucile puntato) per eleggere i propri deputati e le schede bianche o nulle sono state insignificanti. Ma non solo, a luglio scorso il referendum per ribadire la via socialista ha potuto segnare quasi il 90% dei consensi.
I Cubani vogliono continuare la loro Rivoluzione. Noi siamo con loro.
Socialismo o muerte!
Venceremos!