Riassunto della Conferenza Stampa del Ministro degli Esteri di Cuba Felipe Pérez Roque sui processi ai 75 arrestati
mercoledì 9 aprile (ora
locale 18:00)
(...) Processi
legali con tutti i diritti
Dopo la sua introduzione, il Ministro degli Esteri ha riferito sui 29 processi
che sono stati effettuati in quasi tutte le provincie di Cuba contro 75
persone, di queste 74 uomini, alle quali i tribunali hanno comminato tra i 6 e
i 28 anni di carcere, precisando che sono false le informazioni riguardo alle
sentenze di pena di morte e di ergastolo.
Successivamente ha spiegato che questi processi sono stati effettuati nel
rispetto assoluto della legalità e delle garanzie degli imputati.
Ha affermato che i processi penali sono stati istruiti con rito diretto, in virtù
della Legge 5 del 1977, o Legge di Procedimento Penale, procedimento che non
esiste solo a Cuba, ma che è contemplato in oltre 100 nazioni, compreso gli
Stati Uniti e che è vigente a Cuba dall’epoca della colonia.
Questo tipo di processo non nega le garanzie agli imputati, al contrario tutti
hanno avuto un giusto processo, garantito dalle nostre leggi. Tutti gli
accusati hanno conosciuto i capi d’accusa che sono stati loro imputati e hanno
avuto la possibilità di dibatterli in ognuno dei processi.
Ha spiegato che tutti hanno avuto una rappresentanza legale, con avvocati
difensori da loro scelti o d’ufficio. In totale vi sono stati 54 avvocati, di
questi 44 designati dagli imputati e dai loro familiari e solo 10 d’ufficio.
Ogni avvocato ha avuto il diritto di essere ascoltato da tribunali già
esistenti, ossia che non sono stati creati appositamente per questi casi, o da
giudici che già in precedenza svolgevano questo incarico. Tutti hanno
pronunciato le loro arringhe, nelle quali hanno anche esposto le loro idee,
hanno risposto a domande, visto che a Cuba queste arringhe sono obbligatorie.
Non sono state solo arringhe, ma sono stati anche processi pubblici, in quanto
a ognuno di essi vi ha assistito circa 100 persone, per un totale di circa
3.000 persone, tra familiari, testimoni e periti. I tribunali hanno dato
l’autorizzazione affinché le persone vi partecipassero.
In merito ad alcuni commenti di diplomatici che si sono lamentati per non
essere stati presenti, ci si domanda chi abbia stabilito che tra i loro compiti
vi sia questo, se non vi sono persone del loro paese in qualità di accusati;
così vale per la stampa, nemmeno centinaia di rivoluzionari che avrebbero
voluto essere presenti a questi processi vi hanno assistito.
Gli avvocati, da parte loro, hanno avuto accesso ai verbali prima del processo,
non come è successo ai difensori dei nostri Cinque patrioti. Nessuno è stato
sottoposto all’isolamento e ora tutti hanno diritto a fare ricorso contro le
sentenze.
Smascherare
i pagliacci
Il nostro Ministro degli Esteri, oltre agli interventi registrati dei due
agenti della Sicurezza cubana, ha dimostrato come è stata scoperta la copertura
sotto la quale vivevano questi controrivoluzionari. I presunti giornalisti
coinvolti erano 37, ma coloro che hanno studiato come tali o che hanno
esercitato questa professione in un determinato momento erano solamente 4 e,
tra quelli che si sono autodefiniti come tali, solo 14 avevano effettuato studi
universitari. Questo è una mancanza di rispetto nei confronti dei
professionisti cubani ed esteri che a Cuba esercitano questa professione.
Questo e altri chiarimenti sono stati espressi da Felipe per dimostrare la
falsità di alcuni commenti effettuati all’estero sul fatto che “gli
intellettuali cubani fossero stati arrestati”, non riconoscendo che Cuba è uno
Stato di diritto e che agli imputati sono state applicate le leggi per
danneggiamento alla sovranità nazionale a favore di una potenza straniera.
Seduta stante, il Ministro degli ESteri ha iniziato a mostrare foto e documenti
in cui viene dimostrata la colpevolezza di ognuno degli accusati, come
ricevevano denaro e regali, come pure altro materiale. In una delle foto appare
Cason che fonda niente di meno che “il ramo giovanile del Partito Liberale
Cubano”. Questo fatto è stato provato al processo.
Per l’appoggio offerto, questi controrivoluzionari potevano contare su permessi
per entrare a qualsiasi ora presso la Sezione d’Interessi, mentre per
differenti vie ricevevano denaro. Questo è stato dimostrato dalla “contabilità
controllata da questi gruppi”. A uno degli imputati, sono stati scoperti 13.600
dollari nella fodera di un vestito, mentre un altro nascondeva quasi 5.000
dollari in un flacone di un farmaco.
Uno degli imputati, Osvaldo Alfonso, ha dichiarato durante il processo che lui
stesso e gli altri sono stati utilizzati dalla Sezione d’Interessi in lavori a
favore degli Stati Uniti e che gli era stato raccomandato di avere contatti con
i rappresentanti dei vecchi paesi socialisti.
In una lettera ricevuta da Osvaldo e inviata da Carlos Alberto Montaner, noto
agente della CIA che ha rapporti con i controrivoluzionari cubani, questi gli
invia denaro e gli dice che lo chiameranno “alcuni amici spagnoli di alto
livello per parlare del Progetto Varela”. Successivamente, e di fronte a una
domanda in merito al fatto, il Ministro degli Esteri ha detto ai rappresentanti
degli organi di stampa presenti che se avessero avuto qualsiasi dubbio avrebbero potuto chiederlo a Montaner,
precisando che il progetto Varela è parte di un piano di sovversione contro
Cuba e non è minimamente supportato dalle leggi cubane.
A dimostrazione di tutto quanto è stato dichiarato, nelle interviste presentate
durante la conferenza stampa, hanno portato le loro testimonianze due presunti implicati,
in realtà agenti della Sicurezza dello Stato.
Questi due erano Odilia Collazo, Presidente del Partito dei Diritti Umani, e
Nestor Baguer, Presidente dell’Associazione dei Giornalisti Indipendenti, che
hanno dato una preziosa informazione riguardo al comportamento dei mercenari,
alla loro dipendenza economica dall’Ufficio degli Interessi degli Stati Uniti e
al loro lavoro di servizio a una potenza straniera.
È stato dimostrato che la maggior parte degli imputati non lavorava, in qualche
caso, da anni.
Curiose
lamentele
Quasi alla fine della sua conferenza, Felipe ha fatto riferimento alle
ripercussioni che hanno avuto queste sovrane misure di Cuba, ricordando al Capo
della Sezione di Interessi è stata data solo una parte dell’informazione che Cuba
possiede e gli ha raccomandato che “deve rivedere i compiti che si è proposto o
dovremmo continuare a organizzargli le riunioni”.
Portavoce della Casa Bianca e del Dipartimento di Stato si sono detti
preoccupati per quelli che loro definiscono “detenuti di coscienza” e questo
avvenimento secondo loro atterrisce la comunità internazionale. Il Ministro
degli Esteri cubano ha commentato che quest’ultima è atterrita dalle barbarie
che vengono commesse durante l’aggressione all’Iraq, dal problema dei detenuti
senza processo nella Base Navale di Guantánamo e dagli oltre 2.000 detenuti
delle carceri nordamericane dei quali non si conosce neppure il nome.
In merito a questo, Perez Roque è stato categorico nell’affermare: “Noi
crediamo che il Governo degli Stati Uniti sia il meno qualificato per valutare
quanto è successo a Cuba e dovrebbe tacere per pudore”.
In relazione alle dichiarazioni dei portavoce dell’Unione Europea, ha ricordato
che questo gruppo non si è mai pronunciato in merito alla situazione dei nostri
Cinque patrioti detenuti ingiustamente nelle carceri nordamericane e ha
ricordato come, tempo fa, sia giunto a un accordo con gli Stati Uniti sulle
leggi anticubane.
Poi ha precisato che Cuba in quest’occasione, conferma la sua richiesta di
entrare nell’Accordo di Cotonou, e che se lo richiede adesso è per il fatto che
gli amici dei Caraibi, dell’Asia e dell’Africa ce lo hanno chiesto e che lo
possiamo nuovamente confermare.
Per quanto riguarda il Ministro degli Esteri e il Ministro della Cultura della
Spagna, ha segnalato l’ignoranza dimostrata nelle loro dichiarazioni a favore
degli “intellettuali cubani” e ha chiesto loro di occuparsi di quel 90 % della
popolazione spagnola che grida ‘No alla guerra contro l’Iraq’ in tutte le città
della Spagna.
Allo stesso modo, riguardo la dichiarazione del Direttore dell’UNESCO, gli ha
suggerito di dedicarsi a cercare di aiutare i milioni di persone che non sanno
leggere nel pianeta.
Ormai al termine dell’intervista e in risposta alle domande dei giornalisti,
Felipe Perez Roque ha fatto riferimento alla dichiarazione del Ministro degli
Esteri messicano, precisando che ha anticipato, in forma diplomatica,
l’atteggiamento che questo paese assumerà a Ginevra, e ha negato che Cuba abbia
pensato in qualsiasi momento a uno scambio di questi detenuti con i nostri
Cinque Eroi fratelli detenuti.
In particolar modo, per le grandi differenze che esistono tra gli uni e gli
altri, in quanto i nostri compagni sono innocenti e sono imprigionati per aver
lottato contro il terrorismo e in quanto a loro sono state negate tutte le
garanzie.
Ci sono inoltre delle profonde differenze nelle motivazioni e nelle qualità
morali e nello svolgimento dei processi legali, ha affermato.
Concludendo, un collega ha ricordato le parole del nostro Ministro degli Esteri
in un momento della conferenza, riguardo il fatto che “noi sì difendiamo la
nostra sovranità e sappiamo il prezzo che ci costa”.