La responsabilità degli
intellettuali: Cuba, gli Usa e i diritti umani
James Petras – 1/5/2003
Ancora
una volta gli intellettuali sono stati al centro del dibattito; questa volta
sulla questione dell'imperialismo statunitense e dei diritti umani a Cuba.
"Quant'è importante il ruolo degli intellettuali?", mi sono chiesto
mentre camminavo attraverso Puerto del Sol a Madrid in un assolato sabato
pomeriggio (26 aprile 2003) e sentivo gli slogan contro Castro di poche
centinaia di dimostranti echeggianti nella piazza vuota. Nonostante le dozzine
di articoli e colonne di opinionisti di noti intellettuali nei maggiori quotidiani
madrileni, le ore di propaganda radiotelevisiva e il sostegno dei più
importanti burocrati sindacali e boss di partito, soltanto 700-800, per la
maggior parte cubani esiliati, hanno attaccato Cuba. "È chiaro",
pensavo, "gli intellettuali anti-cubani riescono a chiamare poca gente in
piazza, almeno in Spagna". Ma l'impotenza politica degli scrittori
anti-castristi non significa che in generale gli intellettuali non giochino un
ruolo importante; né la mancanza di un seguito popolare vuol dire che sono senza
risorse, specialmente se hanno l'appoggio della macchina propagandistica di
guerra statunitense, che amplifica e diffonde le loro parole nel mondo. Al fine
di venire a capo del dibattito che si è scatenato tra gli intellettuali sulla
questione dei diritti umani a Cuba e l'imperialismo statunitense è importante
fare un passo indietro ed esaminare il ruolo degli intellettuali, il contesto e
le principali questioni che fanno da cornice al conflitto Usa-Cuba.
Il ruolo degli intellettuali
Il
ruolo degli intellettuali è di chiarire le principali questioni e definire le
principali minacce alla pace, alla giustizia sociale, all'indipendenza
nazionale e alla libertà in ogni periodo storico così come identificare e
sostenere i maggiori difensori degli stessi principi. Gli intellettuali hanno
la responsabilità di distinguere tra le misure difensive prese dalle nazioni e dai popoli sotto attacco
imperiale e i metodi offensivi delle potenze imperiali conquistatrici. È il
colmo dell'ipocrisia impegnarsi nell'equivalenza morale tra la violenza e la
repressione delle nazioni imperiali conquistatrici con quella delle nazioni del
Terzo Mondo sotto l'attacco militare e terrorista.
Gli intellettuali responsabili esaminano criticamente il contesto politico e
analizzano le relazioni tra il potere imperiale e i suoi agenti locali pagati
che vengono descritti come "dissidenti"; essi non emettono decreti
morali sulla base dei loro scarsi lumi e dei loro imperativi politici. Gli
intellettuali impegnati che pretendono di parlare con autorità morale,
specialmente coloro che pretendono di essere critici dell'imperialismo, hanno
la responsabilità politica di demistificare il potere e la manipolazione
statale e mediatica, particolarmente in relazione alla retorica imperiale della
violazione dei diritti umani da parte degli stati del Terzo Mondo indipendenti.
Abbiamo visto negli ultimi tempi molti autoproclamati intellettuali occidentali
"progressisti" sostenere o restare in silenzio rispetto alla
distruzione della Jugoslavia da parte degli Usa, alla pulizia etnica di oltre
250.000 serbi, zingari e altri gruppi in Kosovo, dando a bere la propaganda
statunitense dell'"intervento umanitario". Tutti gli intellettuali
statunitensi (Chomsky, Zinn, Wallerstein, ecc.) appoggiarono la violenta
rivolta in Afghanistan dei fondamentalisti finanziata dagli Usa contro il
governo laico appoggiato dall'Unione Sovietica; con il pretesto che l'Unione
Sovietica aveva "invaso" e che i fanatici fondamentalisti arrivavano
nella nazione da tutto il mondo erano diventati i "dissidenti" che
difendevano l'"autodeterminazione". All'epoca, una palese manovra
propagandistica eseguita con successo dall'arrogante ex Consigliere per la
sicurezza nazionale Zbignev Breszinski.
Come allora prestigiosi intellettuali esibiscono le loro passate credenziali
quali "critici" della politica estera statunitense per conferire
credibilità alla loro disinformata denuncia della presunta colpa morale di
Cuba, paragonando gli arresti da parte di Cuba di agenti pagati dal Dipartimento
di stato statunitense e l'esecuzione di tre terroristi dirottatori con i
crimini di guerra genocidi dell'imperialismo statunitense. I professionisti
degli equivalenti morali applicano un microscopio a Cuba e un telescopio agli
Usa, il che conferisce loro una sicura accettabilità tra i settori liberali
dell'impero.
Imperativi morali e realtà cubane: la
moralità come disonestà
Gli
intellettuali sono divisi riguardo al conflitto Usa-Cuba: Benedetti, Sastre,
Petras, Sanchez-Vazquez e Pablo Gonzalez Casanova e molti altri difendono Cuba;
gli intellettuali di destra inclusi Vargas Llosa, Savater e Carlos Fuentes si
sono prevedibilmente prodotti nei loro usuali attacchi contro Cuba, mentre una
piccola schiera di intellettuali per altri aspetti progressisti – Chomsky,
Galeano, Saramago, Sontag, Zinn e Wallerstein – si sono uniti al coro di coloro
che condannano Cuba, ostentando le loro passate posizioni critiche nello sforzo
di distinguersi dagli oppositori cubani della destra/Dipartimento di stato.
È quest'ultimo gruppo "progressista" che ha causato il danno maggiore
tra il nascente movimento anti-imperialista ed è a costoro che sono dirette
queste osservazioni critiche. La moralità basata sulla propaganda è una miscela
mortale, in particolare quando i giudizi morali provengono da prestigiosi
intellettuali di sinistra e la propaganda proviene dall'amministrazione di
estrema destra di Bush. Molti dei critici "progressisti" di Cuba
riconoscono in generale che gli Usa sono stati degli ostili aggressori nei confronti
di Cuba e "generosamente" riconoscono il diritto di Cuba
all'autodeterminazione, poi si lanciano in una serie di accuse non provate e di
travisamenti privi di qualsiasi particolare contesto che possa servire a
chiarire le questioni e fornire delle basi ragionevoli per gli …
"imperativi morali".
È meglio cominciare con il fatto fondamentale. I critici di sinistra, sulla
base delle etichette del Dipartimento di stato statunitense, denunciano il
governo cubano per la repressione di individui, dissidenti, inclusi giornalisti,
proprietari di librerie private e membri di partiti politici impegnati in
attività politiche non-violente, i quali tentavano di esercitare i loro diritti
democratici. Ciò che i "progressisti" mancano di riconoscere o non
sono disposti ad ammettere è che coloro che sono stati arrestati erano agenti
pagati dal governo statunitense. Secondo l'Agency of International Development
(AID, Agenzia per lo Sviluppo Internazionale), la principale agenzia federale
statunitense che si occupa delle concessioni e dei prestiti per il
perseguimento della politica estera statunitense, con l'USAID Cuba Program
(come risulta dal Helms-Burton Act del 1996) ha destinato oltre 8,5 milioni di
dollari agli oppositori cubani del regime di Castro sin dal 1997 per
pubblicare, organizzare incontri, fare propaganda in favore del rovesciamento
del governo cubano, coordinandosi con una diverse ONG statunitensi, università,
fondazioni e altri gruppi di facciata. (Il profilo dell'USAID Cuba Program è
sul sito web dell'AID).
L' U.S.AID program, diversamente dalla pratica usuale, non indirizza i
pagamenti al governo cubano, ma direttamente ai suoi clienti cubani
"dissidenti". I criteri per ottenere i fondi sono chiaramente
formulati: per ricevere i pagamenti e i contributi bisogna aver dimostrato un
chiaro impegno per il "cambiamento di regime" diretto dagli Usa verso
il "libero mercato" e la "democrazia", senza dubbio simile
alla dittatura coloniale statunitense in Iraq. La legge Helms-Burton, il
U.S.AID Cuba Program e i loro agenti pagati, come il manifesto progressista
statunitense, " condannano la mancanza di libertà a Cuba, l'arresto di
dissidenti innocenti e chiedono un cambiamento di regime a Cuba".
Strane coincidenze che richiedono alcune analisi. I giornalisti cubani che
hanno ricevuto 280.000 dollari dal Cuba
Free Press – una facciata dell'AID – non sono dissidenti ma agenti
pagati. I gruppi cubani per i "diritti umani" che hanno ricevuto
775,000 dalla "Freedom House", una facciata della CIA, non sono
dissidenti, specialmente quando la loro missione è quella di promuovere una
"transizione" (rovesciamento) del regime cubano. La lista di
contributi e finanziamenti ai "dissidenti" (agenti) cubani da parte
del governo statunitense per il perseguimento della politica statunitense è
lunga e dettagliata e accessibile a tutti i critici morali progressisti.
Il fatto è che gli oppositori imprigionati erano agenti pagati dal governo
statunitense, pagati per mettere in atto i fini dell'Helms-Burton Act sulla
base dei criteri dell'U.S.AID e sotto la guida e la direzione dei vertici Usa.
La Interest Section ad Havana. Tra il 2 settembre 2002 e il marzo 2003 James
Cason, capo dalla statunitense Interest Section, ha tenuto dozzine di incontri
con i suoi "dissidenti" cubani a casa e in ufficio, fornendo loro
istruzioni e linee guida su cosa scrivere, come reclutare, mentre
pubblicamente, nel modo meno diplomatico, predicava contro il governo cubano.
Gli agenti cubani di Washington sono stati riforniti dall'USAID di attrezzature
elettroniche e altri strumenti per la comunicazione, di libri e soldi per
finanziare "sindacati" filo-statunitensi attraverso l'"American
Center for International Labor Solidarity" (una facciata statunitense).
Questi non erano "dissidenti" ben intenzionati ignari di chi li
pagava e del loro ruolo di agenti statunitensi, dal momento che il documento di
USAID dichiara (nella sezione intitolata "Il contesto istituzionale
statunitense"): "Il Programma Cubano è finanziato attraverso
l'Economic Support Fund, il quale è finalizzato a sostenere gli interessi
economici e politici esteri degli Stati Uniti fornendo assistenza finanziaria
agli alleati (sic) e alle nazioni in transizione verso la democrazia".
Nessuna nazione al mondo tollera o classifica i propri cittadini che sono
pagati e lavorano per gli interessi imperiali di una potenza straniera come
"dissidenti". Questo è vero specialmente per gli Usa: al capitolo 18,
paragrafo 951 del Codice statunitense, si legge: "chiunque operi
all'interno degli Stati Uniti sotto la direzione o il controllo di un governo o
di funzionari stranieri sarà soggetto al procedimento penale e alla condanna a
dieci anni di prigione". A meno che, naturalmente, non siano registrati
come agenti o lavorino per il governo israeliano. Gli intellettuali
"progressisti" statunitensi abdicano alle loro responsabilità come
analisti e critici e accettano così come viene presentata la descrizione di
agenti pagati dagli Usa come dissidenti che lottano per la "libertà".
Alcuni difensori dei dissidenti pagati dagli Usa sostengono che questi hanno
ricevuto "delle condanne scandalosamente lunghe". Ancora la miopia
empirica si mescola al moralismo mendace. Cuba è ad un passo dalla guerra. Il
governo Bush ha dichiarato che Cuba è nella lista degli obiettivi militari
soggetti a guerra e distruzione di massa. E nel caso i nostri intellettuali
moralisti non lo sappiano: ciò che Bush, Rumsfeld e i sionisti guerrafondai
nell'amministrazione dicono, quello
fanno. La totale mancanza di serietà degli imperativi morali di Chomsky,
Zinn, Sontag, Wallerstein consiste nel fatto che essi mancano di riconoscere
l'imminente e massiccia minaccia, annunciata in anticipo, di una guerra
statunitense con armi di distruzione di massa.
Questo è particolarmente grave visto che molti dei detrattori di Cuba vivono
negli Usa, leggono la stampa statunitense e sanno come prontamente le
dichiarazioni militaristiche sono seguite dalle azioni genocide. Ma i nostri
moralisti non si preoccupano per nulla del contesto, delle minacce immediate o
prossime a Cuba, essi ignorano facilmente tutto ciò per dimostrare al
Dipartimento di stato che essi si oppongono alla politica statunitense, ma si
oppongono anche alle nazioni indipendenti, sistemi o leader che si oppongono
agli Usa. In altre parole, signor Ashcroft quando prendi delle misure contro
gli "apologeti" del "terrore" cubano, ricorda che noi siamo differenti, anche noi chiediamo un cambiamento di
regime.
I critici di Cuba ignorano il fatto che gli Usa
hanno una strategia a doppio binario, militare e politica, per mettere sotto
controllo Cuba già operativa. Washington fornisce l'asilo per i terroristi che
dirottano gli aerei, incoraggiando gli sforzi per destabilizzare l'economia
cubana che si basa sul turismo; inoltre essa lavora in stretta collaborazione
con la terrorista Cuban American Foundation impegnata nel tentativo di
assassinare i leaders cubani. Nuove basi militari statunitensi sono state
stabilite nella Repubblica Dominicana, Colombia, El Salvador ed inoltre c'è un
campo di concentramento in espansione a Guantanamo, tutto per facilitare
l'invasione. L'embargo statunitense sta per essere rafforzato con l'appoggio
dei regimi di destra di Berlusconi e Aznar in Italia e Spagna. L'attività
aggressiva e apertamente politica di James Cason dell'Interest Section in linea
con i suoi seguaci tra gli agenti pagati/"dissidenti" è parte di una
strategia interna diretta a minare la lealtà dei cubani al regime e alla
rivoluzione.
L'interconnessione tra le due tattiche e la loro strategica convergenza è
ignorata da i nostri prestigiosi critici intellettuali che preferiscono
concedersi il lusso di emettere imperativi morali riguardo alla libertà
dovunque e per chiunque, anche quando gli psicotici di Washington mettono il
coltello alla gola a Cuba. No grazie, Chomsky, Sontag, Wallerstein, Cuba ha
tutte le ragioni per dare un calcio nelle palle a chi la vuole attaccare e
spedirlo a tagliare canna da zucchero per guadagnarsi onestamente da vivere. La
pena di morte per i tre terroristi del traghetto è una misura dura, ma così è
stata la minaccia alla vita dei quaranta passeggeri cubani che hanno rischiato
la morte nelle mani dei dirottatori. Ancora i nostri moralisti dimenticano di
discutere le azioni avventate di pirateria aerea e gli altri complotti che sono
stati scoperti.
I moralisti non capiscono perché questi disperati terroristi hanno cercato di
lasciare Cuba con mezzi illegali. L'amministrazione Bush ha praticamente
eliminato i permessi per gli emigranti cubani che desiderano partire. I
permessi si sono ridotti da 9000 per il primo mese del 2002 a 700 nel 2003.
Questa è un'abile tattica per incoraggiare le azioni terroristiche a Cuba e poi
denunciare la durezza delle condanne, evocando il coro delle lamentazioni dei
progressisti statunitensi e dell'establishment intellettuale europeo. È la pura
ignoranza che informa questi pronunciamenti morali contro Cuba o vi è
dell'altro (ricatto morale?), per spingere la controparte cubana a rivolgersi
contro il proprio regime o siamo di fronte all'obbrobrio di prestigiosi intellettuali,
che temono di diventare ulteriormente isolati e stigmatizzati come
"apologeti di Castro".
Minacce esplicite da parte di Saramago di abbandonare i suoi amici cubani e di
abbracciare la causa degli agenti pagati dagli Usa. Minacce di non visitare più
Cuba e di boicottare le conferenze. È la codardia morale che spinge a
raccogliere il manganello imperiale e tirarlo in testa a Cuba quando si trova
di fronte alla minaccia delle distruzioni di massa rispetto alla libertà di
agenti pagati, soggetti a procedimento giudiziario in qualsiasi nazione del
mondo? Ciò che è fortemente disonesto è ignorare totalmente i vasti risultati
della rivoluzione nel lavoro, educazione, salute, eguaglianza e l'eroica
opposizione di principio di Cuba alle guerre imperiali – l'unica nazione a
dichiararlo – e la sua capacità di resistere a quasi cinquant'anni di
invasione. Ciò non conta nulla per gli intellettuali statunitensi, ciò è scandaloso!! Questa è una
disgrazia, una ritirata in cerca di rispettabilità dopo aver "osato"
di opporsi alla guerra statunitense insieme a 30 milioni di persone in tutto il
mondo. Non è il momento di "bilanciare" le cose, condannando Cuba,
chiedendo un cambiamento di regime, appoggiando la causa degli
agenti/dissidenti cubani "orientati al mercato".
Ricordiamo che gli stessi intellettuali progressisti hanno appoggiato i
"dissidenti" nell'Europa dell'Est e nell'Unione Sovietica finanziati
da Soros e dal Dipartimento di stato statunitense. I "dissidenti"
hanno consegnato la nazione alla mafia russa, l'aspettativa di vita è diminuita
di cinque anni (oltre 10 milioni di russi sono morti prematuramente con lo
smantellamento del sistema sanitario nazionale), mentre in Europa dell'Est i
"dissidenti" hanno chiuso il cantiere navale di Danzica, si sono arruolati
nella Nato e hanno fornito i mercenari per la conquista statunitense dell'Iraq.
E mai tra questi attuali sostenitori dei "dissidenti" cubani c'è
stata una riflessione critica degli esiti catastrofici prodotti dalle loro
diatribe anticomuniste e dai loro manifesti in favore dei
"dissidenti" che sono diventati i soldati dell'impero statunitense
del Medio Oriente e dell'Europa Centrale. I nostri moralisti statunitensi mai,
ripeto, mai hanno riflettuto criticamente del loro fallimento morale, passato o
presente perché, come potete vedere, essi sono per la "libertà
dovunque", anche quando le persone "sbagliate" prendono il
potere, mentre milioni muoiono di malattie curabili e le catene della schiavitù
si espandono.
La replica è sempre la stessa: "Questo non è
quello che volevamo – noi siamo per una società indipendente, libera e giusta –
è accaduto soltanto che chiedendo un cambiamento di regime, appoggiando i
dissidenti, non abbiamo mai sospettato che l'Impero avrebbe 'preso tutto',
sarebbe diventato l'unica superpotenza impegnata a colonizzare il mondo".
Gli intellettuali morali devono accettare la responsabilità politica per le
conseguenze e non nascondersi dietro gli astratti luoghi comuni morali, né per
la loro passata complicità con la costruzione dell'impero né per i loro attuali
scandalosi pronunciamenti contro Cuba. Essi non possono pretendere di non
conoscere le ripercussioni di ciò che stanno dicendo e facendo. Non possono
pretendere l'innocenza dopo tutto quello che hanno sentito e letto riguardo ai
piani statunitensi contro Cuba.
La principale autrice e fautrice della dichiarazione contro Cuba negli Usa
(firmata da Chomsky, Zinn e Wallerstein) è Joanne Landy, un'auto-dichiarata
"socialista democratica", sostenitrice da sempre del violento
rovesciamento del governo cubano. Essa è adesso un membro del Council on
Foreign Relations (CFR, Consiglio per le relazioni estere), una delle maggiori
istituzioni che forniscono consulenza al governo statunitense sulle politiche
imperiali da oltre mezzo secolo. Landy ha appoggiato l'invasione statunitense
dell'Afghanistan, della Jugoslavia e l'Uck, il gruppo terrorista albanese –
chiedendo pubblicamente l'appoggio militare aperto – responsabile
dell'assassinio di 2000 serbi e della pulizia etnica di centinaia di migliaia
di serbi e altri in Kosovo. Non sorprende che la dichiarazione di questa
camaleontica estremista di destra non contiene riferimenti alle realizzazioni
sociali e all'opposizione all'imperialismo di Cuba. Per la memoria,
bisognerebbe notare che Landy è stata un'oppositrice viscerale tra le altre
della rivoluzioni cinese, vietnamita nella sua scalata ai posti di influenza
nel CFR. Con il tutto il loro vantato intelletto critico, gli intellettuali
"progressisti" trascurano la disgustosa politica dell'autrice che ha
promosso la polemica contro Cuba.
Il ruolo degli intellettuali oggi
Molti
critici di Cuba parlano di "principi" come se vi fosse un'unica serie
di principi applicabile a tutte le situazioni, indipendentemente da chi è
coinvolto e dalle conseguenze. Affermare "principi" come la
"libertà" per coloro che sono implicati nel complotto per rovesciare
il governo cubano in complicità con il Dipartimento di stato trasformerebbe
Cuba in un altro Cile – dove Allende fu rovesciato da Pinochet – e porterebbe
ad un annullamento delle conquiste popolari della rivoluzione. Ci sono principi
che sono più basilari della libertà per gli agenti cubani, cioè, la sicurezza
nazionale e la sovranità popolare.
C'è, in particolare tra la sinistra progressista statunitense, una certa
attrazione per le vittime del
Terzo Mondo, coloro che hanno patito la sconfitta, e un'avversione per i
rivoluzionari che hanno avuto successo. Sembra che gli intellettuali
progressisti statunitensi trovino sempre un alibi per evitare l'impegno per la
rivoluzione. Per alcuni è sempre lo stesso ritornello "stalinismo",
se lo stato gioca un ruolo di primo piano nell'economia; o per la mobilitazione
di massa, che definiscono "dittatura plebiscitaria", o per le
attività di sicurezza che prevengono con successo le azioni terroristiche che
essi chiamano "polizia repressiva di stato". Vivendo nella nazione
del mondo meno politicizzata con uno dei più corrotti e servili apparati
sindacali dell'Occidente, con nessuna influenza politica al di fuori di poche
città universitarie, gli intellettuali statunitensi non hanno nessuna
conoscenza pratica o esperienza della minacce e violenze quotidiane che pendono
sulla testa degli attivisti e dei governi nell'America Latina.
Le concezioni politiche, i criteri che tirano fuori per condannare una
qualsiasi attività politica, esistono solo nella loro testa e nel loro
congeniale e progressista ambiente universitario dove godono di tutti i
privilegi della libertà capitalistica e nessuno dei rischi da cui i
rivoluzionari del Terzo Mondo devono difendersi. Un po' di modestia, cari
prestigiosi e critici intellettuali che predicate la libertà. Chiedetevi se vi
farebbe piacere sedere in un caffè di uno dei maggiori hotel per turisti
dell'Avana quando esplode una mortale bomba. Immaginate di vivere in una
nazione che è in cima alla lista del più violento regime imperiale dal periodo
della Germania nazista, e allora forse la vostra sensibilità morale potrebbe
risvegliare il bisogno di attenuare la vostra condanna delle politiche di
sicurezza cubane e contestualizzare le vostre norme morali. Voglio concludere
con lo stabilire i miei "imperativi morali" per gli intellettuali
critici.
Il primo dovere per gli intellettuali statunitensi ed europei è di opporsi ai
dominatori imperiali del proprio paese impegnati a conquistare il mondo
Il secondo dovere è di chiarire le questioni morali che concernono la lotta tra
il militarismo imperiale e la resistenza nazionale e popolare e respingere le
posizioni ipocrite che paragonano il terrore di massa dell'uno con le
giustificate, anche se a volte eccessive, misure di sicurezze dell'altra.
Stabilire dei modelli di integrità personale e politica tenendo conto dei fatti
e delle problematiche prima di effettuare giudizi morali.
Resistere alla tentazione di diventare un "eroe morale dell'impero"
rifiutandosi di appoggiare le lotte popolari vittoriose e i regimi
rivoluzionari che non sono perfetti e mancano di tutte le libertà disponibili
per gli impotenti intellettuali incapaci di minacciare il potere, per cui i
lori incontri, discussioni e critiche vengono tollerati
Rifiutare di porsi come Giudici, Pubblici Ministeri e Giurie che condannano i
progressisti che hanno il coraggio di difendere i rivoluzionari.
L'esempio peggiore è lo scurrile attacco di Susan Sontag allo scrittore
vincitore del Premio Nobel Gabriel Garcia Marquez, accusato di mancanza di
integrità e di essere un sostenitore del terrore cubano (sic). Sontag ha fatto
le sue sanguinose e diffamatorie accuse a Bogota, in Colombia. Le squadre della
morte colombiane che lavorano con il regime e i militari hanno ucciso più
sindacalisti e giornalisti che in qualsiasi altro posto del mondo, e lo fanno,
per molto meno dell'essere un "apologeta" del regime di Castro.
Questa è la stessa Sontag che è stata un'entusiasta sostenitrice dell'invasione
e bombardamento imperiale statunitense della Jugoslavia, e una sostenitrice del
regime fondamentalista bosniaco e che è stata una testimone silenziosa
dell'uccisione e della pulizia etnica dei Serbi e degli altri gruppi in Kosovo.
Proprio l'integrità morale! Il prezioso senso di superiorità morale che si
trova tra gli intellettuali newyorkesi permette alla Sontag di additare Marquez
agli squadroni della morte e sentire di fare una dichiarazione di grande spessore
morale.
Gli intellettuali europei e statunitensi non dovrebbero confondere le proprie posizioni
incoerenti e la propria futilità politica con quella della propria controparte
tra gli intellettuali latino-americani impegnati. C'è posto per il dialogo costruttivo
e il dibattito, ma mai per gli assalti personali che avviliscono persone che
devono far fronte a minacce quotidiane alla propria vita.
È facile per gli intellettuali critici essere "amici di Cuba" nei
periodi buoni, durante le celebrazioni e le conferenze, quando le minacce sono
minori. È più difficile essere un "amico di Cuba" quando un impero
totalitario minaccia l'eroica isola e usa la mano pesante con i suoi difensori.
È in periodi come questo, di guerra permanente, genocidio e aggressione militare
che Cuba ha bisogno della solidarietà degli intellettuali critici, cosa che sta
ricevendo da tutte le parti dell'Europa e in particolare dall'America Latina.
Non è il momento che noi, negli Stati Uniti, con i nostri illustri e
prestigiosi intellettuali progressisti, con tutta la nostra grande sensibilità
morale riconosciamo che c'è una rivoluzione eroica, vitale che lotta per
difendere se stessa contro il carro di Juggernaut statunitense e che mettiamo
con umiltà da parte le nostre dichiarazioni, sosteniamo la rivoluzione e ci
uniamo al milione di cubani che hanno celebrato il Primo Maggio con il proprio
leader Fidel Castro?
Dal sito www.italia-cuba.it