http://www.rebelion.org/cuba/040526delgado.htm
Traduzione dallo spagnolo di FR
26 maggio 2004
Il piano d’invasione militare a Cuba
Gian Carlo Delgado Ramos - Al Fllo
Come reso noto dalla stampa internazionale, Fidel Castro ha denunciato nuovi
piani del governo degli Stati Uniti d’America per assassinarlo, allo scopo di
“accelerare la transizione di regime”.
Con tale obiettivo, il presidente Bush ha creato nell’ottobre del 2003 la
“Commissione di Aiuto a una Cuba Libera”, la quale è presieduta da Colin
Powell. Secondo il Dipartimento di Stato (DdE), quella Commissione “ (..)
accoglie con beneplacito (..) idee e suggerimenti del pubblico per aiutare ad
identificare ed incoraggiare misure per (..) sviluppare un piano di assistenza
agile e decisivo per la Cuba che seguirà alla dittatura.”
Si tratta di una strategia cui partecipano varie istituzioni
dell'establishment, e come dicono chiaramente le parole di Andrew Natsios,
l'Agenzia di Cooperazione Internazionale USA (Usaid): “ (..) dobbiamo
prepararci con attenzione per la transizione (finale) di Cuba alla democrazia.”
In questo contesto il DdE, ha dichiarato che sono di grande importanza “le ore
ed i giorni dopo la transizione.”
Tale
dichiarazione suggerisce che stanno prendendo in seria considerazione una
transizione forzata, rapida e probabilmente violenta.
Come allude una nota del Nuovo Herald che discute sulle “ricette”
che sono suggerite al presidente Bush davanti a scenari poco incoraggianti per
le prossime elezioni presidenziali, si scrive che, “ (..) il presidente deve intraprendere
decisive azioni (..) [tra le quali sta] il subitaneo rovesciamento - senza
annunci previ e senza appelli al Consiglio di Sicurezza dell'ONU - di un
tiranno locale, diciamo Fidel Castro, un paio di mesi prima delle elezioni,
[per] stimolare notevolmente l'immagine d’invincibilità che Bush ha proiettato
prima”.
La ricetta parla da sé.
Nel caso in cui lo scenario sopra descritto si verifichi, si giustificherebbe
sicuramente dicendo che consiste in un intervento per “portare la democrazia”
al paese cubano che “soffre di un sistema dittatoriale”, “violatore dei diritti
umani” e “con un arsenale di armi biologiche letali”, proprio come si
giustificò il massacro in Iraq col (fino ad ora inesistente) arsenale di armi
di distruzione di massa.
Spicca il fatto che siano proprio gli USA, quelli che facciano tali
segnalazioni e cerchino l'appoggio di altri paesi “amici”, quando impiegano
attività di terrorismo di Stato e praticano la violazione dei diritti umani
dentro le proprie frontiere e nei loro costanti interventi militari all’estero,
e contemporaneamente rifiutino la Corte Penale Internazionale. Lo stesso vale
per gli Stati Uniti in merito alla produzione e all’uso di armi convenzionali e
non convenzionali, incluso l’uso costante di chimica e biologia contro Cuba, in
una guerra non dichiarata che include il sequestro commerciale. Proprio per
quel motivo hanno boicottato la ratifica del trattato internazionale sulle armi
biologiche.
Nonostante
gli sforzi USA, nessuno ha dimostrato che Cuba possieda armi biologiche, ma
sono continue le accuse senza prove da parte di funzionari come
Powell, Frank Taylor (coordinatore dell’antiterrorismo del Dipartimento di
Stato), e Otto Reich, responsabile dell'America Latina nel Governo di Bush.
Eppure fu
lo stesso ex presidente Jimmy Carter, dopo la sua visita a Cuba respingere tali
accuse, e Gary Speer, maggiore del Comando Meridionale, ha
dichiarato che “non c'è evidenza che Cuba stia producendo armi biologiche”.
Nello stesso senso anche il Center for Defense Information, che portò a termine
un'indagine dell'ONU avendo accesso alle installazioni cubane (senza
restrizione alcuna) e che finì allo stesso modo.
Nonostante
i precedenti, un'azione militare USA contro Cuba potrebbe essere una carta da
giocare a fronte di uno scenario elettorale drammatico, ed il
segnale della sua probabilità sarà nella relazione sui “paesi terroristici” che
gli USA faranno conoscere in maggio e che sicuramente aggiungeranno di nuovo
Cuba. Col risultato che perfino Fidel Castro dice: “ (..) siamo in un momento
di grande pericolo.”
L'obiettivo di un attacco militare statunitense, è quello di montare un
co-governo nell'isola, guidato dai dissidenti cubani che sono finanziati ed
aiutati apertamente dagli Stati Uniti, per esempio dall'Usaid. Un segno che
quest’attacco potrebbe essere vicino, sono le dichiarazioni di Roger Noriega
che segnalò che la transizione “può capitare in qualunque momento” e, deve essere
curata affinché “durante la transizione politica a Cuba, i complici del regime
non prendano il controllo degli apparati di sicurezza.”
Se gli USA attaccassero, il massacro di civili e militari cubani sarebbe
grande. Se ci fosse un attacco terrestre, bisognerebbe anche contare i caduti
statunitensi che, secondo calcoli del Dipartimento della Difesa fatti durante
la crisi dei missili nel 1962, potrebbero arrivare fino a circa 100 mila. Se
fosse “solo” un attacco aereo, questo significherebbe per il resto dell'America Latina, alla
vigilia della firma dell'Alca che l'impero è disposto ad imporre il suo dominio
militare a qualunque costo.
D'altra parte, Cuba conta già sulla tecnologia di perforazione
profonda per l'estrazione del petrolio, e le riserve della zona nord di Cuba -
a più di mille metri di profondità - potrebbero essere (in parte) de del tipo
leggero, e cominciano già a profilarsi come le principali riserve del paese.
Inoltre, l'area di circa 112 mila km2, include parte di una grande riserva marina di petrolio conosciuta come
“buco di donna”, ubicata nel nord - est del Golfo del Messico, e che
“condividono” Messico ed USA.
Il blocco
commerciale proibisce alle multinazionali statunitensi di fare contratti con
Cuba, quindi per sfruttare quelle risorse petrolifere dovrebbero alzare il
blocco o abbattere il regime per impadronirsi del suo petrolio.
L'intervento
militare non sarebbe solo per tentare di ottenere la rielezione di Bush,
servirebbe anche per ristrutturare le regole del gioco, contemporaneamente
permetterebbe di appropriarsi del commercio di quelle potenziali riserve nella
zona marina cubana.
In altre parole, la geopolitica dei
caraibi dalla conferma di nuove riserve di petrolio, sta acquisendo nuova
forma, dove le possibilità di un intervento militare per abbattere il governo
cubano non è improbabile ed in questo contesto, i gruppi di potere
anticastristi degli USA hanno chiesto a Bush che “risolva una volta per tutte”
quello che considerano" il problema cubano", offrendo in cambio il
suo totale appoggio elettorale al presidente.
Questo è preoccupante, soprattutto per il carattere radicalmente
militarista dell'amministrazione Bush.
Perciò è
essenziale che la comunità internazionale s’informi.
Mi riferisco, per esempio, al fatto che s’ignora che Cuba è l’unico
paese caraibico che sta sopra al Messico e al Brasile in quanto agli indici di
sviluppo umano in generale; secondo i dati ONU, infatti, si trova nella
posizione 52 a livello mondiale, poiché lì il salario non si misura per il suo
volume bensì per il potere d’acquisto locale. Si tace dell'importante livello
educativo e dei servizi medico – sanitari e dei suoi programmi di aiuto
umanitario a molti paesi del Sud e del Nord (ha perfino offerto aiuto agli USA
dopo gli attentati dell’11 settembre). Si cerca di misconoscere il successo che
l'industria biotecnologica di Cuba ha realizzato; oggi è tra le più importante
a livello mondiale ed è riconosciuta per le sue ricerche e vaccini contro la
meningite B e C, AIDS, cancro, epatite B e dengue, tra le altre. Questo spiega
anche perché come parte degli “aggiustamenti" al blocco, recentemente sia
stata aggiunta la proibizione di pubblicare testi scientifici di provenienza
cubana e di altri “paesi terroristici.”