Dall’ultimo numero del
settimanale “Carta” n.42 – 19/11/04
Estratto a cura del Circolo di Ass. Naz. Amicizia Italia – Cuba di Torino
A proposito
dell’embargo mediatico contro Cuba
Cuba atto
terzo
di Raul Mordenti
“Fidel si è mosso da Caballo – soprannome acquisito da guerrigliero sulla
Sierra Maestra e poi esteso alle sue prodezze sessuali” [p. 9]; “Il […] regime
cubano, che ricorre al narcotraffico pur di alimentare le velleità di
diffusione della rivoluzione” [p. 13]; “per puntellarsi al regime castrista non
resta che demonizzare l’America di Bush” [p. 15]; “gli Stati Uniti non hanno
nessuna intenzione di invadere Cuba. […] La questione è spiccatamente
domestica. Si tratta di impedire che la regina delle Antille si trasformi in
piattaforma caraibica del traffico di droga…” [p. 17].
Dovrebbe bastare questo campionario tratto dall’editoriale [quindi da
attribuirsi al direttore Lucio Caracciolo] per constatare quale sia il livello
giornalistico [oltre che etico-politico] del numero monografico di Limes dedicato
a Cuba. C’è dell’odio, quel bell’odio di una volta, condito di disprezzo, dei
signori contro i servi riottosi, in quelle 279 pagine. Non una sola volta viene
data voce ai rappresentanti di Cuba: processo in contumacia, e senza difesa
possibile; la condanna è già pronunciata da Caracciolo e, si presume, dal
Comitato scientifico della sua rivista, in cui figurano fra gli altri il
generale della Nato Carlo Jean, Giulio Tremonti, Luciano Canfora, Romano Prodi,
Sergio Romano, Bruno Bottai, Angelo Panebianco, Ernesto Galli della Loggia, e
ancora Gianfranco Miglio (ma con la crocetta dopo il nome, essendo trapassato).
Date le premesse, non sorprenderà che non ci sia una sola parola sulle
conquiste della rivoluzione cubana, ad esempio sulla scuola e sulla sanità, e
nemmeno sulle terribili conseguenze del feroce bloqueo degli Stati Uniti che da
45 anni strangola l’isola. Soprattutto, non una parola sul terrorismo contro
Cuba finanziato e diretto dagli Usa. Evidentemente l’odio di classe per Cuba, o
il servilismo per l’amico americano, non induce solo a parlare e a mentire,
costringe anche a tacere.
E poiché per fare più danno l’attacco mediatico a Cuba si deve [per dir così]
“coprire a sinistra”, ecco che il numero di Limes si adorna anche di due
scritti equilibrati di Aldo Garzia [il quale ha dichiarato però pubblicamente
la sua contrarietà al senso politico delle monografia] e di uno di Antonio
Moscato.
In occasione della presentazione di questo volume alla libreria Feltrinelli di
Roma, amici dei Cuba e gente comune hanno già fatto sentire la propria
indignazione ai responsabili di Limes. Ma è chiaro che ci troviamo di fronte a
una vera e propria campagna di aggressione mediatica; è una campagna che segue
lo strangolamento economico, accompagna l’isolamento politico e prepara
l’invasione armata e la guerra.
Le infamie su “Cuba centrale internazionale del traffico di droga”, come
l’altra recente di Bush su “Cuba santuario della pedofilia”, servono a questo
scopo: alla guerra. La comunità europea si è accodata prontamente; e così, con
l’accordo di centrodestra e centrosinistra italiani, ha soppresso i suoi
[risibili] aiuti economici e ha deciso di invitare i “dissidenti” cubani alle
scadenze ufficiali delle ambasciate europee [un gesto offensivo e provocatorio,
al limite della rottura delle relazioni diplomatiche].
Noi
davvero non capiamo come la sinistra europea, anche quella più moderata, possa
sottovalutare le sue precise e dirette responsabilità nell’impedire che dalla
fase uno [lo strangolamento economico] si passi alla fase tre [l’invasione e la
guerra], attraverso la fase due [l’isolamento politico e l’aggressione
mediatica].
forse i compagni cubani si sbagliano, quando affermano di essere nel
mirino della guerra di Bush [e si comportano di conseguenza, inasprendo le pene
per gli agenti Usa, i “dissidenti” e i sabotatori]. E tuttavia le loro
preoccupazioni vanno prese da tutti noi sul serio, molto sul serio. Perché la
Baia dei Porci c’è già stata, e lo strangolamento aggressivo del bloqueo già c’è, come la presenza illegittima di una
base militare Usa sul territorio cubano. Soprattutto ci sono state e ci sono la
guerra in Iraq, in Jugoslavia e in Afghanistan, tutte preparate nello stesso
modo, dal succedersi puntuale delle tre fasi che abbiamo descritto. E un
documento ufficiale di Bush spiega come e perché favorire “ con ogni mezzo “ la
fine della rivoluzione cubana, in modo di poter restituire le terre e le
industrie ai proprietari dell’epoca di Batista, instaurare finalmente il
neoliberismo nell’isola e indire “libere” elezioni all’americana, con il
Partito comunista, neanche a dirlo, fuorilegge.
Il punto è allora capire cosa non si perdona a Cuba, non solo da parte dei
nostri democratici à la Caracciolo, ma
anche da parte di tanti compagni per bene, i quali però non muovono un dito per difenderla, come se la cosa non li
riguardasse.
Non si tratta, come talvolta si dice, della pena di morte: perché la comunità
europea, e la sinistra atlantica italiana, intrattengono ottimi rapporti con
stati e regimi che praticano la pena di morte. Dunque, o si propone di rompere
le relazioni con tutti i paesi che praticano la pena di morte, a cominciare
dagli Usa, dalla Cina e dai regimi arabi filo-statunitensi, oppure questo
nobile argomento non può essere invocato per contribuire allo strangolamento di
Cuba. Non si tratta neppure dei “diritti civili” perché Cuba è mille volte più
democratica di tanti paesi beniamini dell’occidente (dalla Colombia all’Arabia
Saudita, dal Pakistan alla Turchia) mentre molti golpisti, o ex golpisti fanno
parte dell’internazionale socialista.
Che la
sinistra europea mostri per Cuba almeno altrettanto rispetto di quello
dimostrato dalla chiesa cattolica (e dal Papa); così il padre gesuita Massimo
Nevola: “ Chi scrive è decisamente contrario alla pena di morte, al
monopartitismo, ecc. Ma non si sente […] di avallare in alcun modo un blocco
che strangola un popolo la cui vera colpa è quella di non volersi piegare alle
logiche neoliberistiche. Cuba ha la colpa di aver preteso di dimostrare che
esiste un’alternativa” [Gentes, nn. 9 – 10, 2004, p. 254].
Cuba si sente [e di fatto è] al centro di un’aggressione, e solo
l’allentamento di questa situazione, a cui la sinistra europea può e deve
contribuire, permetterà a quella
esperienza rivoluzionaria di svolgersi liberamente e in pace,
sperimentando una sola “ via nazionale” che sviluppi gli spunti di un
socialismo “dal basso” e libertario così presenti nel pensiero di Martí, di
Guevara e di Castro, oltre che nella cultura profonda di quel popolo.
Si capisce allora cosa non perdonano a Cuba: non le perdonano di esistere e di
avere resistito. Questo fatto ha reso Cuba non l’ultima rivoluzione del
ventesimo secolo, bensì la prima del ventunesimo. Una rivoluzione che dunque
rappresenta l’interlocutore naturale del movimento altermondialista quando
affronta temi come la sanità e il diritto al sapere, come la salvaguardia della
biodiversità, il diritto all’acqua, i “beni comuni” e la democrazia
partecipativa. Sono tutti temi su cui, forse, il movimento ha qualcosa da
proporre e anche da imparare, fraternamente, da compagni a compagni.
Si capisce dunque bene perché per i neoliberisti di tutto il mondo la piccola
Cuba sia tanto importante [e tanto imperdonabile]. Ma allora, ancora una volta,
la campana suona per tutti noi.