www.resistenze.org - popoli resistenti - cuba - 18-03-05

da associazionediamiciziaitaliacuba@yahoo.it

di seguito la traduzione de

L'intervento di Felipe Pérez Roque, Ministro degli esteri, alla Commissione dell'ONU sui Diritti Umani


Ginevra, 16 marzo 2005 

Eccellenze, 

la Commissione dei Diritti Umani – nonostante gli sforzi di coloro  che come noi credono  onestamente nella sua importanza e lottano per  farla tornare allo spirito di rispetto e di cooperazione dei suoi  fondatori - ha perso legittimità. Non è credibile. Permette  l'impunità dei potenti. Ha le mani legate. Abbondano la menzogna, la  doppia morale e i discorsi vuoti di quelli che, mentre godono la loro  opulenza, dissipano e inquinano, guardano da un'altra parte e fingono  di non vedere come viene violato per milioni di esseri umani il  diritto alla vita, il diritto alla pace, il diritto allo sviluppo, il  diritto a mangiare, a imparare, a lavorare, infine il diritto a
vivere con decoro. 
 
Tutti sapevamo che la Commissione dei Diritti Umani era vittima della  manipolazione politica dei suoi lavori, poiché il Governo degli Stati  Uniti e i suoi alleati hanno usato la Commissione come se fosse di  loro proprietà privata, e l'hanno trasformata in una sorta di  tribunale inquisitore per condannare i paesi del Sud e, in particolar  modo, quelli che si oppongono attivamente alla loro strategia di  dominazione neocoloniale.  
 
Ma nell'ultimo anno sono accaduti due avvenimenti che cambiano la natura del dibattito che sosterremo in questi giorni. 

In primo luogo, vi è stato il rifiuto dell'Unione Europea a  coopatrocinare e a votare a favore del progetto di risoluzione che  proponeva di indagare sulle massicce, flagranti e sistematiche  violazioni dei diritti umani che oggi vengono ancora commesse contro  oltre 500 prigionieri nella base navale che gli Stati Uniti  mantengono, contro la volontà del popolo cubano, nella Baia di  Guantánamo. L'Unione Europea, che sempre si era opposta alle mozioni  che portavano all'inattività, questa volta era disposta a essere  quella che la presentava per evitare almeno un'indagine contro il suo  alleato. Era il colmo dell'ipocrisia e della doppia morale. Che cosa  farà quest'anno, dopo che sono state pubblicate le orribili immagini  delle torture nel carcere di Abu Ghraib?     
 
Il secondo fatto è stata la pubblicazione della relazione presentata  dal "Gruppo di alto livello sulle minacce, le sfide e il  cambiamento", stabilita per iniziativa del Segretario Generale delle  Nazioni Unite. In essa, si afferma categoricamente che "la  Commissione non può essere credibile se si considera che applica due  misure distinte quando si tratta di questioni di diritti umani". C'è  forse da aspettarsi allora che i rappresentanti degli Stati Uniti e i  loro complici facciano autocritica davanti a questa assemblea  plenaria e si impegnino a lavorare con noi - i paesi del Terzo Mondo -  per riscattare la Commissione dei Diritti Umani dal discredito e dal  confronto?  
 
Signor Presidente, 

oggi la garanzia del godimento dei diritti umani dipende dal fatto se  si vive, o meno, in un paese sviluppato e dipende, inoltre, dalla  classe sociale alla quale si appartiene. Per questo motivo, non ci  sarà un godimento reale dei diritti umani per tutti finché non  conquisteremo la giustizia sociale nelle relazioni tra i paesi e  dentro gli stessi paesi. 
 
Per un piccolo gruppo di nazioni qui rappresentate - Stati Uniti e  altri alleati sviluppati - il diritto alla pace è già conquistato.  Saranno sempre gli aggressori e mai gli aggrediti. La loro pace  poggia nel loro potere militare. Hanno già conquistato lo sviluppo  economico, basato sulla spoliazione delle ricchezze degli altri paesi  poveri, in altri tempi colonie, che soffrono e si dissanguano  affinché quelli dissipino. Tuttavia, all'interno di questi paesi  sviluppati, e benché sembri incredibile, i disoccupati, gli  immigranti, i poveri non godono dei diritti che i ricchi sì hanno  garantiti.  
 
Può un povero negli Stati Uniti essere eletto Senatore? No, non può.  La campagna costa, in media, 8 milioni di dollari. Vanno i figli dei  ricchi all'ingiusta e illegale guerra in Iraq? No, non vanno. Nessuno  dei 1.500 giovani nordamericani che sono caduti in questa guerra era  figlio di un miliardario o di un ministro. I poveri muoiono lì  difendendo gli interessi privilegiati di una minoranza.

Se si vive in un paese sottosviluppato la situazione è peggiore,  perché è l'immensa maggioranza quella che, povera e diseredata, non  può esercitare i suoi diritti. Come paese non ha diritto alla pace.  Può essere aggredito sotto l'accusa che è terrorista, che è  un "avamposto della tirannia" o sotto il pretesto che  sarà "liberato". Lo si bombarda e lo si invade per liberarlo.

Neanche il Terzo Mondo – oltre 130 paesi - può esercitare il diritto  allo sviluppo. Al di là dei suoi sforzi, il sistema economico imposto  al mondo lo impedisce. Non hanno accesso ai mercati, alle nuove  tecnologie, sono ammanettati da un debito oneroso che hanno già  pagato più di una volta. Hanno solo diritto a essere paesi  dipendenti. Viene fatto loro credere che la loro povertà è il  risultato dei loro errori. All'interno di questi paesi, i poveri e  gli indigenti, che sono la maggioranza, non hanno neppure diritto  alla vita. Per questo motivo muoiono ogni anno 11 milioni di bambini  minori di cinque anni, una parte dei quali potrebbe essere salvata  solo con un vaccino o dei sali reidratanti orali, e muoiono anche, di  parto, 600.000 donne povere. Non hanno diritto a imparare a leggere e  a scrivere. Sarebbe pericoloso per i padroni. Vengono mantenuti  nell'ignoranza per mantenerli docili. Per questo motivo oggi  riempiono di vergogna questa Commissione quasi mille milioni di  analfabeti nel mondo. Per questo motivo, in America Latina patiscono  un crudele sfruttamento 20 milioni di bambini che lavorano ogni  giorno invece di andare a scuola. 
 
Il popolo cubano crede fervidamente nella libertà, nella democrazia e  nei diritti umani. Gli è costato molto raggiungerli e conosce il loro  prezzo. È un popolo che è al potere. È la sua differenza.   

Non ci può essere democrazia senza giustizia sociale. Non c'è libertà  possibile se non è sulla base del godimento dell'educazione e della  cultura. L'ignoranza è il pesante ceppo che attanaglia i  poveri. "Essere colti è l'unico modo di essere liberi!" - questa è la  massima sacra che noi cubani abbiamo imparato dall'Apostolo della  nostra indipendenza. 
 
Non c'è godimento reale dei diritti umani se non ci sono uguaglianza  ed equità. I poveri e i ricchi non avranno mai uguali diritti nella  vita reale, benché siano proclamati e riconosciuti sulla carta.  
 
Questo è ciò che noi cubani abbiamo compreso già da tempo e per  questo motivo abbiamo costruito un paese diverso. E siamo solo  all'inizio. L'abbiamo fatto nonostante le aggressioni, il blocco, gli  attacchi terroristici, le menzogne e i piani per assassinarci Fidel.  Sappiamo che questo dà fastidio all'Impero. Siamo un esempio  pericoloso: siamo un simbolo che solo in una società giusta e  solidale – vale a dire, socialista – si può avere la possibilità di  godere di tutti i diritti per tutti i cittadini.

Per questo motivo, il Governo degli Stati Uniti cerca di farci  condannare qui alla Commissione dei Diritti Umani. Teme il nostro  esempio. È forte militarmente ma debole negli aspetti morali. E la  morale, non le armi, è lo scudo dei popoli. 
 
Forse quest'anno il Presidente Bush troverà qualche Governo  latinoamericano - dei pochi docili che sono rimasti – per presentare  la nota risoluzione contro Cuba. O magari ritornerà a un Governo  dell'Europa Orientale nello stile di quello ceco, che gode come  nessuno la sua condizione di satellite di Washington e di cavallo di  Troia nell'Unione Europea, o magari la presenterà lo stesso Governo  degli Stati Uniti, che in questi momenti ricatta, minaccia e conta  gli appoggi per sapere se otterrà la condanna di Cuba.

Tutto il mondo sa in questa sala che non c'è ragione per presentare  una risoluzione contro Cuba in questa Commissione. Non esiste a Cuba,  né mai ci sono stati in 46 anni di Rivoluzione, un'esecuzione  extragiudiziaria, un desaparecido, uno solo! Che qualcuno presenti il  nome di una madre cubana che sta ancora cercando i resti di suo  figlio assassinato! O quello di una nonna che cerchi suo nipote  consegnato a un'altra famiglia dopo l'assassinio dei suoi genitori!  Che venga presentato qui il nome di un giornalista assassinato a  Cuba, e in America Latina sono stati assassinati, solo nel 2004, 20  giornalisti! Che venga presentato il nome di un torturato! Uno solo!  Che venga presentato il nome di un detenuto vessato dai suoi  carcerieri, di un prigioniero messo in ginocchio, in preda al  terrore, davanti a un cane addestrato a uccidere! 
 
Eccellenze, 

il Presidente Bush ha un piano per Cuba, ma noi cubani abbiamo un  altro piano. Noi cubani abbiamo chiara la nostra rotta. E nessuno ci  allontanerà da essa. Costruiremo una società ancora più giusta, più  democratica, più libera e più colta. Alla fine, più socialista.   
 
E la faremo benché il Presidente Bush ci minacci di aggressione, di  fare ritornare Cuba alla condizione di colonia, di togliere ai cubani  le loro case, le loro terre e le loro scuole, per restituirle agli  antichi padroni batistiani che rientrerebbero dagli Stati Uniti. La  faremo, nonostante il suo piano per privatizzare la salute e per  trasformare i nostri medici in disoccupati; la faremo nonostante il  piano per privatizzare l'educazione e per renderla accessibile solo  all'élite, come nel passato; la faremo nonostante il piano peri  consegnare a prezzo di svendita le nostre ricchezze e il patrimonio  di tutto il popolo alle multinazionali nordamericane. Nonostante il  piano per togliere la pensione ai nostri pensionati per obbligarli a  tornare a lavorare, secondo il cosiddetto Piano "per l'assistenza a  una Cuba libera". 

Il popolo cubano ha diritto a difendersi dall'aggressione e lo farà.  E devo dirlo chiaramente: non permetteremo a Cuba la formazione di  organizzazioni e di partiti di mercenari finanziati e al servizio del  Governo degli Stati Uniti. Non permetteremo giornali e catene di  televisione finanziate dal Governo degli Stati Uniti per difendere  tra noi le sue politiche di blocco e le sue menzogne. A Cuba, la  stampa, la radio e la TV sono proprietà del popolo e servono e  serviranno i suoi interessi.  

Non coopereremo con la Rappresentante dell'Alto Delegato né con la  spuria risoluzione che le dà origine. Perché non si nomina una tanto  prestigiosa giurista Rappresentante Speciale dell'Alto Delegato per  la Base Navale di Guantánamo? Perché non viene chiesto di indagare  sulle flagranti violazioni ai loro diritti che patiscono cinque  valorosi e puri giovani cubani detenuti nelle carceri degli Stati  Uniti e le loro famiglie? Perché non si può. Perché si tratta di  violazioni dei Diritti Umani commesse dagli Stati Uniti e questi sono  intoccabile. Contro la piccola Cuba sì, ma contro gli Stati Uniti no.
 
Ma Cuba non si stancherà di lottare, Eccellenze. Né si arrenderà. Né farà concessioni, né tradirà i suoi ideali.

E vedremo se può essere sconfitto un popolo libero, colto e unito!  Vedremo se si può abbattere un Governo del popolo i cui leader  camminano tra il popolo con l'autorità morale data dall'assenza  totale di corruzione e dalla piena consacrazione ai loro doveri! 

Vedremo se si può ingannare tutto il mondo, per sempre! 

Eccellenze, 

La Commissione dei Diritti Umani che oggi ci riunisce riflette il  mondo ingiusto e disuguale in cui viviamo. Non rimane oramai niente  in lei dello spirito fraterno e rispettoso che riunì i suoi  fondatori, dopo la vittoria sul fascismo. 
 
Pertanto, la delegazione cubana non insisterà sul fatto che dobbiamo  trasformare la Commissione.  Quello che dobbiamo cambiare è il mondo.  Andare alle radici. Una Commissione dei Diritti Umani dove non  esistano selettività, politicizzazione, doppia morale, ricatti e  ipocrisia sarà possibile solo in un mondo diverso.  
 
Cuba non crede che sia una chimera, bensì una causa per la quale vale  bene la pena di lottare. Per questo motivo lotta e continuerà a  lottare. 
 
Grazie.