www.resistenze.org - popoli resistenti - cuba - 14-02-07
da rebelion.org - http://www.rebelion.org/noticia.php?id=46453
L’Intellighenzia europea non capisce l’America Latina
Intervista a Abel Prieto Ministro della Cultura
12/02/2007
Mertxe Aizpurúa
Abel Prieto ha 56 anni ed è a capo del Ministero della Cultura di Cuba dal 1997.
Laureato in Lingua e Letteratura Ispanica, è stato direttore della casa editrice Lettere Cubane e presidente dell’Unione degli Scrittori e Artisti. Autore affermato, riesce a trovare il tempo per lavorare ad un nuovo racconto, che narra le vicende di un caricaturista cubano in viaggio in Unione Sovietica.
La sua, più che una lagnanza, è una precisa constatazione; A. Prieto ritiene che in America Latina stia avvenendo qualcosa di cruciale, di cui gli intellettuali europei, nel complesso, non colgono la vera dimensione del fenomeno.
Che succede in America Latina?
Qualcosa di molto importante per il mondo e per l’Europa. In America latina si stanno forgiando le culture resistenziali più solide, l’antimperialismo più coerente, l’anticolonialismo più efficace.. ma credo che in generale, l’intellighenzia europea non lo capisca. Tuttavia, ritengo che prima o poi dovranno farlo. Quello che succede è troppo fondamentale per poterlo ignorare.
A Cuba come viene valutato il fatto che il socialismo stia guadagnando terreno in tanti paesi?
Chávez, in uno dei suoi discorsi di celebrazione della vittoria [elettorale N.d.T.], ha dichiarato che la gente che ha votato per lui non ha votato una persona, ma ha votato per il socialismo.
La parola socialismo non è più maledetta, viene ricuperata, e Cuba, intendo l’opera della sua rivoluzione, diventa un riferimento obbligatorio in questo fenomeno di recupero, in questo socialismo del XXI° secolo.
Ora gli USA non possono più fare affidamento sulle elezioni truccate; stanno già parlando di formare più militari latino-americani.. perché il loro sistema elettorale manipolato è finito.
E cosa pensa delle critiche a Cuba da parte della sinistra europea?
Gran parte di quelle critiche muovono da un errore di base, il considerare ciò che si va costruendo in questo paese come “parente” di ciò che è finito; in altre parole che siamo solo un’espressione del vecchio socialismo che è venuto meno, quindi che siamo qualcosa di vecchio e superato dalla storia, una specie dei dinosauri o di naufraghi del Titanic.
Nella cosiddetta sinistra europea si percepisce la volontà di prendere le distanze da quel socialismo, da quella sinistra burocratizzatasi e scomparsa, e di identificare Cuba con il passato.
Crede che si tratti di uno stereotipo?
Sì, è uno stereotipo, basato sulle caricature del socialismo reale, sull’idea che il partito unico è una copia del partito sovietico e che il «Granma» è una copia della «Pravda». Io penso che vi sia una fondamentale ignoranza circa la gestione delle istituzioni di questo paese. Vi sono aspetti democratici che erano inesistenti nel blocco socialista.
Per esempio?
Per esempio, io, con l’incarico di ministro, devo sottostare alle analisi della Commissione Cultura dell’Assemblea Nazionale; devo rendere conto all’Assemblea, e come deputato, prossimamente devo rispondere di fronte ai miei elettori di Consolación del Sur, la località in cui mi hanno eletto. Ogni volta che si svolge una riunione della UNIEC (Unión de Intelectuales y Escritores) devo rendere conto della mia gestione. Seguo il Congresso dei Pionieri [Congresso degli Scolari di Scuola Elementare] per spiegare ai bambini e agli adolescenti che stiamo lavorando alla ricreazione infantile motivo per cui non compaiono più cartoni animati in televisione….
Nella vecchia Unione Sovietica non capitava niente del genere, e nemmeno in Bulgaria o in qualunque altro di quei paesi.
La discussione, il dibattito, l’interscambio d’idee è radicato nella nostra società.
Al ministro della Cultura questi dibattiti cosa portano?
Mi sono incontrato con i giovani della Federazione degli Studenti delle Scuole Medie (FEU), con il gruppo preparatorio del Congresso de la FEU, ho partecipato al Congresso dei Pionieri e ciò che si è visto è davvero interessante.
Non c’erano bambini che gridavano degli slogan, ma delle persone che analizzavano, valutavano i problemi della loro scuola, compresa la contaminazione del mondo delle marche: Nike, Adidas... ciò che Naomi Klein definisce come la vendita non di prodotti ma di stili di vita, e persino questo, detto in altre parole, l’ho ascoltato da dei bambini…
Una delle accuse più ricorrenti è che i media non informano di ciò che succede realmente a Cuba.
C’è una frase di uno scrittore cubano, Cinto Vitier, che a me piace molto: "La nostra sfida è fondare un parlamento in una trincea".
Abbiamo di fronte a noi un nemico di potenza smisurata, che ha tra i suoi piani farci sparire, che pretende di fomentare la cosiddetta società civile cubana. Ma si dimenticano che abbiamo una società civile rivoluzionaria.
Tutte le organizzazioni di massa sono formate da organizzazioni della società civile, la UNEAC è una forma de organizzazione della società civile, anche i pionieri... ma certo per loro questi sono tutti strumenti castristi, e quello che si deve fare è fomentare la società civile fatta da quattro tipi a cui danno soldi…
Qui si parla di quello che succede a Cuba. Nel «Granma» e in «Juventud Rebelde» è stata data un’informazione precisa sulle frodi economiche recentemente scoperte. Certo, ogni volta che il Granma pubblica uno di questi articoli il New Herald lo usa per diffondere l’idea che la rivoluzione cubana sta per cadere, e si avvale della corruzione per cercare di dimostrarlo.
Sarebbe un rischio che bisogna correre?
Sí, credo che bisogna correre questi rischi, inoltre il consenso bisogna ottenerlo. Ma non possiamo dimenticare che abbiamo un nemico con un piano ed un programma pensato apposta per dividerci, per danneggiare la nostra immagine in ogni aspetto.
John Lennon, una statua come simbolo
“Si stanno formando le culture di resistenza più solide, l’antimperialismo più coerente, l’anticolonilaismo più efficace”.
Se una delle sue passioni è la letteratura, non ci sono dubbi che l’ammirazione professata nei confronti di John Lennon è un altro degli aspetti più caratteristici del ministro della Cultura. Non che sia partita da lui l’idea di dedicare una statua all’emblematico cantante dei Beatles in pieno centro della Habana, ma certo ha raccolto la proposta fatta dall’Associazione dei Giovani Scrittori e Artisti, e si è incaricato di tradurre in concreto tale proposta lanciata in un congresso.
Il concorso appositamente indetto lo ha vinto José Villa, “uno straordinario scultore della mia generazione”, ricorda Abel Prieto.
Il fatto che l’8 dicembre 2000 il comandante Fidel Castro abbia inaugurato la statua dedicata a John Lennon, in calle 17, tra 6 ed 8, in quello che da allora si chiama Parco Lennon, è un omaggio al più popolare dei Beatles. Ed ha rotto con la percezione delle nuove correnti culturali esistenti nell’isola: “ Se - segnala il ministro -, è vero che già allora nei media si ascoltavano i Beatles, è anche vero che c’è stata una tappa (tra la fine degli anni 60’ e l’inizio degli anni 70’) in cui la diffusione di musica rock in lingua inglese venne limitata. Fu un grave errore, perché ciò che si finiva con l’ascoltare attraverso i media era un rock edulcorato e commerciale proveniente dalla Spagna. In un certo senso si percepiva come più accettabile, perché in quel contesto dominava l’idea delirante che era meglio rifiutare la lingua del nemico. Una sciocchezza”.
Ricorda Abel Prieto che al riguardo si aprì una fase di discussione e alla fine quella sciocchezza fu superata, ed i media ripresero a diffondere la musica dei Beatles, Bob Dylan, Rolling Stones.
Più tardi sarebbe arrivata l’idea di dedicare una statua a Lennon.
“Fidel che toglie il drappo dalla statua di Lennon ha avuto un grande valore simbolico. E’ stato come rimediare a quelle piccole assurdità e collegare la Rivoluzione cubana con tutta quella ribellione degli anni 60’ ispirata alla rivoluzione… perché i capelli lunghi, le barbe, tutta quella estetica… iniziò con i guerriglieri cubani. E’ stato come riconoscere un contatto, di per sé già esistente, che non era ancora visibile ufficialmente.”
Perché, secondo il giudizio Abel Prieto, Lennon fu un autentico rivoluzionario, “un uomo della rivoluzione”.
“Qualche mese fa è stato pubblicato un libro con tutte le interviste di Lennon apparse nella rivista Rolling Stones, e lì si può vedere che si è trattato di un artista d’avanguardia, in permanente contrasto con le esigenze di mercato. Lennon lasciando i Beatles. E ancor più con l’aiuto della compagna Yoko Ono, ruppe con quella dinamica commerciale”.
Dal 2000, John Lennon è seduto all’Avana, in un’immagine di bronzo insieme ad una targa che riporta una delle sue frasi: “Diranno che sono un sognatore, ma non sono l’unico”.