www.resistenze.org - popoli resistenti - cuba - 04-03-08 - n. 217

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Fidel Castro e il futuro di Cuba
 
Salim Lamrani
02/03/08
 
Il 19 febbraio 2008, Fidel Castro ha annunciato ufficialmente che non avrebbe più accettato un mandato presidenziale. Questo è senza dubbio un annuncio di importanza storica.
 
Dopo aver svolto il Primo Ministro per quasi 18 anni (febbraio 1959 - gennaio 1976) ed aver occupato il posto di Presidente della Repubblica dal 12 dicembre del 1976 al 31 luglio del 2006, il più famoso lider rivoluzionario del XX secolo si è ritirato dalla vita politica ufficiale quattro giorni prima delle elezioni che avrebbe designato il Consiglio di Stato, il Consiglio dei Ministri e il loro Presidente. (1).
 
Le ragioni di questa decisione
 
Lo stato di salute di Fidel Castro spiega, in parte questa decisione. Ha rimarcato la necessità di preparare psicologicamente e politicamente il popolo cubano alla sua assenza. Si trattava, secondo quello che aveva detto proprio, lui del “primo impegno” e per questa ragione ha informato il popolo cubano della sua volontà:
 
“Ai miei stupendi compatrioti, che mi hanno fatto l’immenso onore di eleggermi al Parlamento in questi giorni [..] comunico che non aspirerò né accetterò più - ripeto - l’incarico di Presidente del Consiglio di Stato e di Comandante in Capo”. (2)
 
Il leader cubano ha dato prova di lucidità, ha dichiarato: “Se occupassi una responsabilità che richiede mobilità e dedizione totale, che non sono più in condizioni fisiche di offrire, tradirei la mia coscienza. [..] Preparatevi sempre per il peggiore dei casi. Essere prudente nel successo come determinato nell’avversità, è un principio che non si deve dimenticare”. (3)
 
Questa decisone è logica; Fidel Castro aveva già espresso la sua volontà - in una lettera del 17 dicembre del 2007 - di non “attaccarsi al suo incarico” e di “voler essere coerente fino alla fine”. (5) In merito alla rinuncia, l’agenzia di stampa statunitense Associated Press ha riportato:“Oggi molti sono tristi. [..] Cuba ha reagito al ritiro di Castro con una calma sorprendente [..] E’ stato un giorno come un altro [..] Nessuno sembra temere eventi repentini - e ancor meno un collasso totale - del sistema socialista”(6).
 
Le reazioni negli Stati Uniti
 
Da parte degli USA, le dichiarazioni “ingerenti” si sono moltiplicate ed erano impregnate, come d’abitudine, di un certo lezzo colonialista. Il presidente Bush ha affermato che “la comunità internazionale dovrebbe lavorare col popolo cubano per cominciare a costruire istituzioni necessarie per la democrazia”. Il senatore John McCain dell’Arizona, candidato del partito repubblicano alle elezioni presidenziali, ha manifestato la necessità di “pressare il regime cubano “ (7).
 
Anche la candidata democratica Hillary Clinton, ha dato prova di incapacità di smarcarsi dalla obsoleta politica della Casa Bianca: “Abbiamo bisogno di un presidente che lavori con i paesi di tutto il mondo, con l’Europa, con l’emisfero occidentale per fare pressione su Cuba” (8).
 
Il senatore democratico del Connecticut, Christopher Dodd, ha fatto un appello alla ragione: “L’embargo degli USA su Cuba è una delle politiche estere più inefficaci e retrograde della storia, Oggi, gli Stati Uniti ha la possibilità di cambiare strada”. Il congressista repubblicano dell’Arizona, Jeff Flake, da parte sua ha preconizzato “un nuovo approccio del governo statunitense verso Cuba” (9).
 
Lo stesso giorno dell’annuncio ufficiale di Fidel castro, 104 membri del Congresso degli USA, su un totale di 435, hanno mandato una lettera aperta alla segretaria di Stato Condoleeza Rice, esigendo una totale revisione della politica di Washington verso Cuba; “Dopo 50 anni, riteniamo che è ora di pensare a cambiare modo di pensare e di agire”.
 
I firmatari hanno insistito sull’assoluta mancanza di risultati: “Per cinque decenni, la politica statunitense ha scelto le sanzioni economiche e l’isolamento diplomatico per obbligare il governo cubano al cambio. L’evoluzione della situazione dimostra che questa politica non ha funzionato” (10).
 
Ma John Negroponte, il segretario di Stato aggiunto, ha assicurato in modo categorico che le anacronistiche e disumane sanzioni economiche su Cuba non saranno tolte, e che la politica ostile verso Cuba continuerà il suo corso (11).
 
Queste parole illustrano l’incapacità di Washington di accettare la realtà di una Cuba sovrana e indipendente. Gli USA s’impegnano in modo crudele, disperato e controproducente contro un piccolo paese del Terzo Mondo che non si lascia schiacciare la testa, senza ammettere che la loro strategia di stato d’assedio in vigore da mezzo secolo è uno strepitoso fallimento.
 
Le reazioni europee
 
I paesi dell’Unione Europea non hanno sfoggiato saggezza ripetendo la stessa retorica di Washington e dimenticando che La Habana non accetta nessuna ingerenza nei suoi affari interni.
 
Il Primo Ministro francese, Francois Fillon, ha richiesto “un’evoluzione del regime cubano verso la democrazia” (12). Il ministero degli Esteri britannico ha lanciato un “appello ad un maggior rispetto dei diritti umani e per riforme politiche ed economiche più ampie”. A Bruxelles, Javier Solana, alto rappresentante della Politica Estera e della Sicurezza Comune dell’Unione Europea, ha pure lui alluso ad un “processo di transizione democratica” (13).
 
Il presidente del Parlamento Europeo Hans Gert Poettering ha fatto lo stesso discorso (14).
 
Anche la Spagna, che preconizza un avvicinamento al dialogo con La Habana, non ha potuto evitare l’uso di parole che per i cubani sono inaccettabili feriscono. L’ambasciatore spagnolo a Washington, Carlos Westendorp, ha dichiarato: “Possiamo avere discrepanze con le comunità cubane e con i nostri amici negli USA circa il rapporto con Cuba, ma si tratta più di questioni tattiche che strategiche” (15).
 
L’obiettivo dichiarato di Washington è di far regredire Cuba allo status di neocolonia, come dimostrano la legge Torricelli del 1992 e la Helms - Burton del 1996, così come i programmi della Commissione di Assistenza per una Cuba Libera del 2004 e 2006 (16). Affermare che Madrid persegue lo stesso obiettivo non è che un’infamia morale ed una vigliaccheria politica.
 
L’Italia, sebbene favorisca l’eliminazioni delle sanzioni politiche e diplomatiche così come l’illegittima Posizione Comune che l’Europa impone a Cuba, non è stata meglio ispirata, sebbene abbia avuto un approccio più costruttivo. Il sottosegretario agli Affari Esteri per l’America Latina, Donato Di Santo, ha alluso anche lui ad “una transizione democratica” e al “rispetto dei diritti umani” (17).
 
Le nazioni del vecchio continente hanno dimostrato la loro totale incapacità di adottare una politica pragmatica ed indipendente dall’influenza statunitense su Cuba. L’arroganza e la pretesa sono state evidenti. Ma conviene ricordare che Bruxelles soffre un’assoluta carenza di legittimità morale per dare lezioni a Cuba sulla democrazia e sui diritti umani. Come dimostrano i rapporti annuali di Amnesty International (18). Probabilmente, all’Europa liberarsi del sentimento di superiorità che la caratterizza costa troppo carpo.
 
Le reazioni dell’America Latina e del Terzo Mondo
 
In America Latina le reazioni sono state diverse.
 
La Bolivia di Evo Morales ha assicurato che i rapporti con Cuba continueranno ad essere eccellenti. “Si tratta di un rapporto da Stato a Stato, da governo a governo, che non dipendono da una sola persona” (19).
 
Il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva ha segnalato che “il processo di sviluppa avviene in modo tranquillo [..] Ho un profondo rispetto per il popolo cubano [e] credo che sia il popolo più politicizzato del pianeta [..]. Ogni popolo sceglie il proprio regime politico [e] lasciamo che i cubani decidano quello che vogliono fare. I cubani hanno la maturità per risolvere i loro problemi” (20). Lula ha pure ricordato che Fidel è l’unico mito vivente della storia dell’umanità” (21).
 
Il governo messicano ha informato della sua volontà di “proseguire avanzando nel processo di avvicinamento bilaterale, cominciato da mesi, diretto al pieno ristabilimento dei rapporti rispettosi e reciprocamente benefici per il Messico e Cuba”, aggiungendo che data l’importanza che il rapporto con Cuba ha per il Messico, il governo “seguirà con attenzione gli avvenimenti politici in questa nuova tappa della storia di Cuba, in pieno rispetto della autodeterminazione e volontà del popolo cubano” (22).
 
Cile e Guatemala hanno salutato la decisione di Fidel Castro. Il presidente guatemalteco, Alvaro Colon, ha affermato che “non danneggerebbe in alcun modo i rapporti eccellenti con Cuba”.
 
Il segretario generale dell0Organizzazione degli Stati Americani (OEA), José Miguel Insulza, ha insistito sul fatto che Cuba è una nazione sovrana; “Devono essere gli stessi cubani, attraverso il dialogo libero e pacifico, e senza ingerenze esterne, a scegliere il percorso più appropriato per il benessere del loro popolo” (24).
 
Hugo Chavez ha dichiarato che “Fidel sarà sempre all’avanguardia [poiché] gli uomini come Fidel non si ritirano mai”. Il lider boliviano ha detto che il popolo cubano ha dimostrato al mondo, e soprattutto all’impero, che la Rivoluzione Cubana non dipende da una persona, da una congiuntura o da una circostanza” (25).
 
In Sudafrica, il Congresso nazionale Africano (ANC), partito al potere, ha reso omaggio al lider cubano definendolo “una leggenda vivente”. “Il popolo cubano, sotto la direzione del presidente Castro, si è incorporato nella lotta di liberazione del popolo dell’Africa, in particolare del Sudafrica”, ricordando che circa 3000.000 soldati cubani hanno contribuito all’indipendenza dell’Angola e alla caduta del regime di apartheid. “Non hanno contribuito solo alla trasformazione del nostro paese, ma hanno continuato a sostenersi nei nostri sforzi di ricostruzione e di sviluppo inviando i loro medici”.
 
Numerosi altri dirigenti di tutto il mondo hanno salutato la decisione di Fidel Castrro e mostrato la loro solidarietà con Cuba (26).
 
La popolazione cubana ha scoperto l’integrità delle reazioni mondiali diffuse durante il programma televisivo Mesa Redonda del 20 febbraio del 2008. E’ stata ferita nella sua sensibilità soltanto, come sempre, quando si tratta della sua indipendenza di fronte al disprezzo di alcuni paesi occidentali, incapaci di capire che solo il linguaggio basato sul rispetto, la reciprocità e la non ingerenza può essere ascoltato dai cubani.
 
Parlare di processo di transizione sarebbe un grave errore. I cubani non vogliono tornare ad un’economia di mercato che sarebbe sinonimo di attentato contro le loro conquiste sociali e la loro sovranità. Si tratta, in realtà, di un processo di continuità rivoluzionaria, profondamente radicato in seno alla società cubana, e senza dubbio, irreversibile.
 
Quelli che negli USA e in Europa occidentale pensavano che i cubani avrebbero ricevuto la notizia della rinuncia di Fidel con allegria, ignorano totalmente le realtà di Cuba oggi.
 
La stragrande maggioranza della popolazione ha affetto, ammirazione e rispetto infinito per il suo lider politico, storico, morale e spirituale. D’altra parte, se i cubani hanno accettato più o meno il fatto che Fidel Castro non vuole aspirare alla Presidenza della Repubblica, negano categoricamente che dismetta il suo grado di Comandante in Capo.
 
Cuba non è sensibile alle pressioni, né alle lusinghe, tantomeno alle minacce. Il governo rivoluzionario non accetterà nessuna richiesta di Washington o dell’Europa occidentale.
 
Questa realtà devono capirla quelli che pretendono di decidere il destino di Cuba al posto dei cubani.
 
Al di là di qualunque considerazione ideologica, conviene riconoscere che Fidel Castro ha permesso alla patria di José Martì di conquistare la sua indipendenza e la sua libertà, di acquistare un livello di sviluppo umano simile a quello dei paesi più avanzati e di godere di un prestigio internazionale fuori dal comune nel Terzo Mondo. E per tutto questo i cubani gli saranno eternamente grati.
 
Note 
(1) Fidel Castro Ruz, «Mensaje del Comandante en Jefe», Granma, 19/03/2008. 
(2) Ibid. 
(3) Ibid. 
(4) Fidel Castro Ruz, «Carta de Fidel a la Mesa Redonda», 17/12/ 2007. 
(5) L’autore è attualmente a La Habana. 
(6) Will Weissert, «Castro Retirement Managed From Start», The Associated Press, 19/02/2008. 
(7) The Associated Press, «Washington Quotes on Castro. U.S. Government Reactions to Cuban President Fidel Castro’s Resignation Monday», 19 de febrero de 2008. 
(8) The Associated Press/El Nuevo Herald, «Washington vede Raúl Castro come un dittatore lite’», 19/02/2008. 
(9) The Associated Press, «Washington Quotes on Castro. U.S. Government Reactions to Cuban President Fidel Castro’s Resignation Monday», op. cit. 
(10) Agence France Presse, «Des parlementaires américains exigent un changement de politique envers Cuba», 19 de febrero de 2008; Agence France Presse, «US Lawmakers Urge Review of Cuba Policy», 19 de febrero de 2008. 
(11) The Associated Press, «US Says It Won’t Lift Cuba Embargo», 19 de febrero de 2008. 
(12) Agence France Presse, «Fillon: la ‘vraie question’ pour Cuba est celle de la démocratie», 19 de febrero de 2008. 
(13) The Associated Press/El Nuevo Herald, «Bush: L’uscita di scena di Castro deve essere l’inizio della transizione», 19 de febrero de 2008. 
(14) Wilfredo Cancio Isla, «La fine di un’era», El Nuevo Herald, 19 de febrero de 2008. 
(15) Wilfredo Cancio Isla, «La Spagna favorisce il dialogo con La Habana », El Nuevo Herald, 19 de febrero de 2008. 
(16) Salim Lamrani, Fidel Castro, Cuba et les Etats-Unis (Pantin: Le Temps des Cerises, 2006), capítolo IV. 
(17) The Associated Press/El Nuevo Herald, «Aspettativa mondiale per la rinuncia di Fidel Castro», 19/02/2008. 
(18) Amnesty International, informe 2007. 
(19) The Associated Press/El Nuevo Herald, « Aspettativa mondiale per la rinuncia di Fidel Castro», op. cit. 
(20) Ibid. 
(21) Libération, «Des appels à davantage de démocratie à Cuba», 20 de febrero de 2008. 
(22) The Associated Press/El Nuevo Herald, « Aspettativa mondiale per la rinuncia di Fidel Castro», op. cit. 
(23) Ibid. 
(24) Gerardo Reyes, «Sorprese e dubbi in America Latina per la rinuncia di Castro», El Nuevo Herald, 20 de febrero de 2008. 
(25) Agencia Bolivariana de Noticias, «Chávez: Fidel non rinuncia, sarà sempre all’avanguardia” (26) Granma, «Personalità di tutto il mondo elogiano la levatura politica di Fidel», 21/02/2008.
 
Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org di FR