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- popoli resistenti - cuba - 12-08-08 - n. 239
Le riforme di Cuba
di Saul Landau e Nelson Valdés*
09/08/2008
I leader cubani hanno iniziato un processo di riforme; unificando alcuni ministeri, aprendo maggiori possibilità all’agricoltura e decentralizzando certe funzioni. Per ora non hanno fornito segnali chiari circa il modello che emergerà. Il governo sembra deciso a seguire il cammino già noto, che consiste nell’affrontare in modo pragmatico e attento i problemi che sono nati in questi cinquant’anni, specialmente quelli aggravati dal collasso sovietico nel 1991.
Il Congresso del Partito Comunista, programmato per l’ottobre 2009, potrà fare nuova luce sulle questioni legate alla costruzione di un sistema giusto. Nessuno si aspetti che Cuba abbandoni il socialismo positivo.
A partire dalla vittoria rivoluzionaria del 1959, i leader cubani hanno sviluppato un’impostazione singolare circa il cambiamento sociale. I media occidentali hanno ignorato il fatto che il governo di Cuba ha operato attraverso il consenso. I reporter occidentali parlano della “dittatura” di Castro come se si trattasse di un concetto assiomatico.
Invece, con Fidel (un maestro della politica del consenso) una dirigenza collettiva ha dovuto eliminare il vecchio ordine e sostituirlo con una società giusta, un lavoro titanico che un solo uomo non avrebbe potuto realizzare. Per creare il loro sistema, i cubani hanno dovuto affrontare l’ira delle vecchie elite e la furia del nordico vicino. Cinquanta anni dopo i funzionari nordamericani hanno ancora la schiuma alla bocca per la disobbedienza audace di Cuba. Raul Castro e i suoi soci, oltre ad una significativa cifra di persone più giovani, affrontano adesso una nuova formidabile avventura: la costruzione di un socialismo sensato in una sola isola.
Raúl durante la celebrazione di questo 26 luglio ha fatto esplicito riferimento alla necessità di maggiori riforme. La perpetua aggressione statunitense ha fatto sì che Cuba adottasse una mentalità di sicurezza nazionale, ma i leader cubani non possono dare la colpa agli USA di tutti i problemi, solo di alcuni. I Veterani del Moncada, della Sierra e della Clandestinità, certo possono essere ben orgogliosi di aver raggiunto i loro obiettivi storici.
Nel 1959, dopo aver condotto guerre e ribellioni dal 1860, i cubani hanno ottenuto l’indipendenza. Cuba, allora, ha difeso la rivoluzione dall’ingerenza bellicosa degli Stati Uniti, e contemporaneamente ha creato un sistema egualitario basato sui diritti (cibo, abitazione, sanità, educazione, ecc.). Come ciliegina sulla frutta dei loro successi, i cubani hanno ballato, e ballano ancora, sullo scenario mondiale: liberatori di zone dell’Africa, liquidatori della Dottrina Monroe, fornitori di squadre mediche d’emergenza per servizi vitali a pakistani, honduregni e altri colpiti da disastri naturali. Specialisti cubani in oftalmologia hanno salvato la vista ad innumerevoli persone del Terzo Mondo. Artisti, atleti e scienziati cubani hanno inciso i loro nomi nella bacheca d’onore del talento, in tutto il mondo. E Fidel è uno dei grandi leader del XX secolo. Quando compariva sugli scenari pubblici internazionali, applaudivano persino i suoi nemici ideologici (per il rispetto che si è guadagnato affrontando con valore i diktat statunitensi).
I media nordamericani non parlano di Cuba. Forniscono una copertura informativa stupida su qualunque aspetto periferico, come presentare Cuba riducendola alla successione Fidel/Raul. Questa è una tipica notizia del giornalismo statunitense su Cuba, basata su pettegolezzi. Ironicamente, la “superiore” stampa nordamericana scarta i media cubani che considera non obiettivi. In un articolo comparso sul New York Times il 31 luglio di quest’anno, il reporter Marc Lacey ha assunto l’atteggiamento più tipico.
Lacey si burla di Fidel per aver “lasciato il paese nel disordine economico”. E’ strano, quando il NY Times ha parlato di disordine economico degli Stati Uniti mentre milioni di persone soffrono per la disoccupazione o per la follia delle ipoteche ad alto rischio? 50 milioni di nordamericani non hanno accesso alle cure mediche o alla sicurezza. E non si parla mai di disordine economico nelle notizie che riguardano l’Honduras, l’Africa Sub-Sahariana e altre nazioni del Terzo Mondo, dove la maggiroanza è priva di tutto. Invece di sorprendersi per il ruolo di Cuba nell’adeguarsi alla storia e riuscire a fornire a milioni dei suoi cittadini un’opportunità per partecipare ai fatti, nonostante le sue carenze quotidiane, Lacey parla della “strana dinamica” tra Raúl e Fidel. Al diavolo! I due fratelli sono stati soci in decisioni chiave da quando hanno attaccato, insieme, il Moncada nel luglio del 1953. In più, Fidel ha esortato il Partito a cambiare tutto quello che va cambiato.
Certo il partito non ha cambiato tutto quello che serve per soddisfare i cubani disaffezionati, quelli che non sono colpiti dai successi precedenti. “Che c’entrano le glorie del passato con l’incertezza della vita quotidiana?”, domandano. In possesso di un’educazione d’alto livello, di buona salute e di capacità di qualità, ritengono di meritare impieghi migliori. Inoltre, tutta la loro esperienza scolare, dall’asilo infantile fino ai dottorati, ha insegnato loro l’autostima e li ha stimolati ad aspettarsi il meglio. Ma nell’isola e nella maggior parte dei paesi del Terzo Mondo, i buoni impieghi sono scarsi.
Certi cubani ventenni e trentenni sono incuranti dei successi rivoluzionari e contestano: “Qui non vedo un gran futuro per me”. Si, un ingegnere qualificato può sentirsi frustrato facendo pizze per otto ore al giorno. La frustrazione può anche impedire di vedere le condizioni esterne che gravano sulla propria vita. Cuba esiste all’interno di un’economia globalizzata. Ha risorse limitate e continua ad essere vittima di un super embargo nordamericano eterno.
E’ così che migliaia se ne vanno. Il governo degli Stati Uniti, che è obbligato da un trattato a concedere 20.000 all’anno, ne concede molti meno. Né l’amministrazione Clinton, né quella Bush ha cercato di revocare l’accordo. Quindi, i contrabbandieri (stranieri) si godono dei guadagli favolosi ($ 15.000 dollari a persona) e qualche cubano muore in mare. Questi trafficanti di persone, tra l’ottobre 2007 e l’aprile 2008, ne hanno portati in Messico circa 6.000. Altri 3.000 sono sbarcati nel sud della Florida, tra l’ottobre 2007 e luglio 2008. La Guardia Costiera ne ha intercettati altri 1.700 prima che riuscissero ad arrivare negli USA. Tale movimento migratorio è dovuto alla legge (Ley de Ajuste Cubano) che permette ai cubani (e a nessun altro) di entrare negli Stati Uniti a condizioni privilegiate rispetto al processo formale di visto.
Dopo che Washington mise il suo embargo nel 1962, Cuba rese attiva la “libreta” (tessera di razionamento) per garantire l’uguaglianza nella distribuzione, ed una rete di sicurezza simile a quella britannica scattata durante la seconda guerra mondiale. Durante il “Periodo Speciale” lo stato non aveva abbastanza risorse e gli USA resero l’embargo ancora più feroce. La gente cominciò a commerciare illegalmente (vendita alla “borsa nera” e furti allo stato). Questa situazione, logicamente fece calare la moralità
I problemi di Cuba vanno al di là della diminuzione dell’impegno. Quest’anno il governo ha annunciato una drammatica carenza di maestri (ufficialmente 8.000), in parte a causa di incentivi salariali insufficienti. Fidel, scrivendo dalla sua convalescenza, si è appellato ai cubani perché capissero il contesto di tali notizie: “Non ci spaventino le notizie dei nostri nemici, che manipolano il senso delle nostre parole e presentano la nostra autocritica come una tragedia”, ha scritto sul Granma, il quotidiano ufficiale di Cuba. Egli ha invitato i lettori a comparare l’educazione di Cuba con i sistemi statunitensi e di “altri paesi ricchi”: ”Sì, loro hanno molte più automobili, usano più benzina, consumano più droga, comprano più gioielli e godono del saccheggio ai danni dei nostri popoli, come hanno fatto per secoli”.
La carenza di maestri non è niente in confronto alla disoccupazione dell’agricoltura cubana. Lo scorso anno il governo ha dovuto importare più del 70% degli alimenti offerti con la tessera di razionamento. Cuba adesso “esporta” specialisti altamente qualificati, è un modo prezioso di offrire aiuto educativo e tecnico a paesi che ne hanno bisogno ricavandone delle entrate.
Negli ultimi anni, Cuba ha cominciato a ristrutturare il suo settore energetico, rinnovando la sua rete elettrica e introducendo programmi di risparmio d’energia; dalla sostituzione delle lampadine con quelle a basso consumo, alla produzione d’energia solare e lo sviluppo della coscienza pubblica sulla questione. Esperimenti in agricoltura urbana ed organica sono stati estesi per cercare di diventare più autosufficienti. I cambiamenti nell’uso della terra sono una risposta allo scarso livello di produzione alimentaria. Ciò comporta offrire chiari incentivi materiali agli agricoltori esistenti e potenziali, eliminando le pastoie burocratiche.
La produttività lavorativa, che dovrebbe essere alta ai livelli d’educazione cubana, negli ultimi tempi era scesa a livelli allarmanti. Nel movimento operaio cubano, il dialogo sano ha cominciato a collocare i sindacati più in sintonia con le attuali lamentele.
Questo è un processo che è cominciato prima, nel 1987, quando Fidel parlò di “chapuceria” [incuria] esistente nei luoghi di lavoro, risultati disattesi o lavori incompiuti che avrebbero finito col soffocare la forza economica e morale.
Fidel ha insegnato ai cubani a comprendere i loro diritti, ciò che significa avere diritto ad attendersi che lo stato li garantisca. Le generazioni più giovani non sembrano riconoscere le gravi situazioni materiali dello stato, né sono colpiti dalla distribuzione egualitaria delle insufficienti ricchezze cubane. Si lamentano perché il governo non mantiene le aspettative coltivate dall’infanzia. La televisione cubana ritrasmette programmi come "Donne sull’orlo di crisi di nervi” ", così i cubani vedono i nordamericani che posseggono televisori al plasma, e non le scene quotidiane di rabbia nelle strade. Qualche cubano è colpito dal consumismo stravagante diffuso dalla TV e dai turisti.
Raúl ha parlato di educare la gente in armonia con le possibilità reali di Cuba, di decentralizzazione per aumentare l’efficacia e la responsabilità. Raúl (il che significa la maggioranza dell’apparato interno del Partito) ha pure aperto alla diversità di opinioni in seno al Partito, per affrontare quello che molti percepivano come una mancanza di dialogo.
I leader del Partito Comunista capiscono la necessità di costruire un socialismo sensato.
Gli USA continuano ad essere una costante minaccia alla sicurezza, il che limita l’immaginazione In più, l’ombra aggressiva di Bush graverà fino al gennaio del 2009.
I leader cubani avanzano lentamente, con prudenza, e con partecipazione della base. Non vogliono fornire nessuna scusa per una “sorpresa” da parte di Bush.
*Saul Landau fa parte dell’Istituto per gli Studi di Politica - Nelson Valdés è Professore Emerito dell’Università di Nuovo Messico.