www.resistenze.org - popoli resistenti - cuba - 17-10-08 - n. 246

da Rebelion - www.rebelion.org/noticia.php?id=74338
Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org di FR 
 
Cuba, l’uragano chiamato embargo
 
di Frei Betto - Granma
 
15/10/08
 
Il prossimo 29 ottobre, l’Assemblea Generale dell’ONU voterà la richiesta cubana di sospensione dell’embargo economico, commerciale e finanziario imposto all’isola caraibica dal governo statunitense dal 1959. Sarà quella la diciassettesima volta che l’ONU tratterà il tema. Nel 2007, su 192 paesi membri dell’ONU, 184 hanno votato a favore della sospensione. Purtroppo, le risoluzioni non hanno carattere obbligatorio, eccetto quelle del Consiglio di Sicurezza. Il fatto che la maggior parte dei paesi condannino (lo hanno già fatto 16 volte) l’embargo, è un gesto di solidarietà con l’Isola ed è una disfatta morale per la Casa Bianca, la cui prepotenza risalta nel disprezzo verso l’opinione della comunità internazionale, che ripudia l’ostilità nordamericana.
 
L’embargo è una piovra con tentacoli extraterritoriali, che violano il diritto internazionale, in particolare la Convenzione di Ginevra, che lo definisce un genocidio. Aziende, banche e cittadini che mantengono rapporti economici, commerciali o finanziari con Cuba subiscono persecuzioni.
 
Il governo cubano è riuscito ad aprire delle piccole brecce nel “bloqueo”, come comprare alimenti statunitensi. Le aziende venditrici, però, affrontano una burocrazia enorme, soprattutto perché la commercializzazione deve passare attraverso la mediazione di un paese terzo, poiché l’embargo proibisce i rapporti diretti fra USA e Cuba. Il compratore è obbligato a pagare in anticipo e non può vendere i prodotti ai nordamericani, così le navi ritornano vuote ai porti d’origine.
 
I recenti uragani Gustav e Ike hanno provocato gravi danni nell’Isola. Sono state devastate aree agricole, danneggiate 444.000 abitazioni, di cui 63.000 totalmente distrutte. Il governo cubano ha chiesto alla Casa Bianca una tregua all’embargo, della durata di sei mesi, per motivi umanitari.
 
Fino ad ora, Bush ha mantenuto il completo silenzio. Ma la macchina propagandistica di Washington cerca di camuffare l’omissione presidenziale con una serie di menzogne, come l’offerta di cinque milioni di dollari alle vittime cubane degli uragani.
 
Ma che cosa sono quei soldi di fronte ai 46 milioni di dollari che l’USAID ha ricevuto quest’anno per finanziare i gruppi mercenari dediti al terrorismo anticubano? E agli altri 40 milioni di dollari per mantenere le trasmissioni radiotelevisive contro Cuba?
 
Nonostante l’embargo faccia più danni che tutti gli uragani passati messi insieme, la nazione resiste, ed ora si mobilita in grandi cooperative per riparare i danni causati dalla natura e migliorare la produzione agricola, agevolata dalle recenti misure che facilitano ai contadini l’uso della terra, quella dove prima si coltivava canna da zucchero e caffè. Gli agricoltori cubani, oltre a poter contare sullo Stato, un compratore sicuro, potranno anche vendere al consumatore.
 
Senza limitarsi a guardarsi il proprio ombelico, Cuba rinnova la sua solidarietà internazionale e manda medici per le vittime degli uragani a Haiti, e mantiene altri medici e professionisti in più di 70 paesi, la maggior parte poveri.
 
La storia è una vecchia signora che ci sorprende tutti i giorni: chi avrebbe immaginato, soltanto l’anno scorso, che il socialismo cubano avrebbe visto la crisi finanziaria di Wall Street, e lo stato più capitalista del mondo contraddire tutti i suoi discorsi intervenendo nel mercato per cercare di salvare banche e aziende? Che rimane, ora, del dogma dell’immacolata concezione secondo cui fuori del mercato non c’è salvezza?