www.resistenze.org - popoli resistenti - cuba - 01-03-10 - n. 308

da islamiacu.blogspot.com
Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
 
Cuba: Un morto, i media e gli speculatori
 
di Norelys Morales Aguilera
 
Degli undici principi della propaganda nazista che oggi la dittatura mediatica delle multinazionali utilizza contro Cuba, il più evidente e reiterato è il Principio di Orchestrazione: la propaganda deve limitarsi ad un piccolo numero di idee e ripeterle instancabilmente, presentarle sempre sotto diverse prospettive, ma convergendo sempre sullo stesso concetto. Senza dubbi o incertezze.
 
Per funzionare all'unisono, la regola è non investigare, non domandare, solo riprodurre. Ma che cosa riproducono?
 
Una serie di concetti prestabiliti: "Cuba è una dittatura, uno stato totalitario, non c'è democrazia, i diritti umani sono violati, il sistema sta crollando, gli oppositori non dipendono dagli Stati Uniti, il denaro che arriva loro è legittimo, il regime è in bancarotta, la miseria del paese cubano, ecc.".
 
Sul caso Tamayo Zapata in particolare, non ci si deve chiedere chi era, bensì riprodurre ciò che lo possa trasformare in un "oppositore". Quello che per esempio fanno negli Stati Uniti con i carcerati lo ribaltano su Cuba (altro principio di Goebbels).
 
L'uomo aveva commesso dei crimini e quindi venne incarcerato, ma poi è stato manipolato, incoraggiato e incitato dai suoi profittatori a trasgredire gli ordini del penitenziario, dando finalmente la possibilità ai media di convertirlo in "dissidente" al quale era proibito di pensare, e trasformare il morto in "martire."
 
Per opporsi alla verità, le "democrazie", ipocrite rispetto a questi stessi argomenti, seguono la strategia di screditare il sistema cubano e mentre dipingono ad esempio la Spagna come un paese in guerra contro il "terrorismo", occultano i suoi crimini fascisti ancora impuniti. Nel caso degli Stati Uniti invece, le azioni poliziesche o la politica carceraria privatizzata viola i più elementari diritti umani, per non parlare delle prigioni segrete della CIA nella asettica Europa o a Guantánamo.
 
A seguito del decesso di Zapata Tamayo le prime notizie e i titoli diffusi dalle transnazionali dell'informazione hanno avuto il seguente andamento:
su cento, 93 titoli provengono rispettivamente dalla Spagna (52 ) e dagli Stati Uniti (41). Nel caso della Spagna, di quei 52 titoli, 14 appartengono a El Pais, 12 a El Mundo e 12 a ABC. I restanti si distribuiscono tra altre nove testate.
 
Negli Stati Uniti, su 41 titoli, 24 sono stati pubblicati sulla stampa ispanica (11 di essi nel El Nuevo Herald ,7 nel Diario de las Américas) e 17 in quella anglosassone, ripartiti tra 5 media, benché solo The Miami Herald ne abbia pubblicati 11. Non è necessario spiegare quindi l’origine di queste notizie e a chi servono.
 
Questi dati testimoniano da dove e da quali gruppi di potere provengono gli attacchi mediatici contro Cuba e come si siano presi il lusso di divulgare false accuse e dare indicazioni all'esigua "dissidenza" formata da coloro che hanno venduto l’ anima al diavolo " per combattere il castrismo." (Ossia ritornare alla Cuba del 1959 ragione per la quale esiste tutta una cubanologia e una propaganda finanziata con i milioni dei contribuenti nordamericani che, tra le altre grossolane bugie, assicura che la dittatura di Fulgencio Batista era un buon governo).
 
Nel programma mattutino del 24 febbraio di Radio Nacional de España, tutti gli intervenuti al dibattito sulla morte del cittadino cubano hanno categoricamente affermato che Cuba era l'unica dittatura in America Latina e che la condizione delle sue prigioni è tanto disumana che alcuni carcerati si estraggono il sangue per farne sanguinacci da mangiare (la Colombia, in paragone, è un paradiso concepito dalla perfidia ).
 
Immaginiamo dunque l'effetto che ha questo tipo di messaggio così ben alterato su qualunque persona sottoposta al sistematico bombardamento di menzogne e manipolazioni riguardanti le violazioni dei diritti umani a Cuba, propagandate dai media transnazionali e con la servile complicità di istituzioni fondate per essere la "voce autorizzata" della menzogna corporativa.
 
Chi dovesse leggere Carlos Alberto Montañer potrà comprendere il contenuto dei messaggi, i discorsi e quello che già stavano tramando insieme ai mercenari sulla notizia della possibile morte che gli "analisti" già stavano anticipando; hanno poi dovuto sostenere anche altri, come Yoani Sánchez, affinché non rimanesse fuori della spartizione della torta, anche se ciò non ha impedito un nuovo ridicolo ed egocentrico "yoanísmo".
 
Montañer, radicato in Spagna, viziato e sovvenzionato anche dalla destra fascista spagnola, si è laureato a Fort Benning in Georgia, base militare diretta dalla CIA, specializzata in corsi di propaganda, attività sotto copertura, comunicazioni, spionaggio ed operazioni clandestine.
 
Prima però, a seguito di vari attentati terroristici perpetrati a L'Avana, scappò dalla giustizia cubana, utilizzando l'ambasciata degli Stati Uniti, quindi lo si può definire a tutti gli effetti un terrorista latitante. Il 4 febbraio questo signore "castrofobico", ha dichiarato a Panama di avere "la certezza che la dittatura dei fratelli Fidel e Raúl Castro a Cuba è nella sua fase finale".
 
Spacciato come analista, alcuni giorni dopo, in preparazione della morte del convertito oppositore, ha istruito i mercenari cubani dicendo che "la morte di Zapata colpirebbe la politica castrista".
 
Il fatto che una certa sinistra stia chiedendo spiegazioni a Cuba, in "casuale" coincidenza con il portavoce della Casa Bianca, deve richiamare alla riflessione sull'efficacia del bombardamento ideologico circa la possibilità del socialismo, in questa nuova aggressione dei media e profittatori al servizio degli Stati Uniti.
 
 

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