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Sconfiggere il blocco senza aspettare che lo levino

Rosa Miriam Elizalde | jornada.com
Traduzione da cubainformazione.it

27/04/2023

Ciò che si vede dalla finestra del mio appartamento all'Avana non assomiglia alle immagini che abitualmente si lasciano alle spalle i conflitti bellici. Qui non si sparano missili, non ci sono soldati mimetizzati, né armi. Neppure passano carri armati. La guerra non si manifesta nella conta dei morti e nelle autobombe, bensì nello shock della quotidianità: la fila per rifornirsi di benzina si estende ormai per diversi chilometri e il mercato agricolo all'angolo è chiuso perché non c'è petrolio per portare gli alimenti. C'è gente che aspetta ore per un po' di pane, quello che prendono dalla libreta (tessera annonaria ndt) che regola i prodotti normati. Le medicine scarseggiano. L'ascensore del mio palazzo è ancora rotto e il meccanico che lo ripara non arriva perché il trasporto pubblico è un inferno. I blackout vanno e vengono.

Come sempre, il sole calcina i marciapiedi a mezzogiorno e le strade sono piene di gente indaffarata con la propria vita. Passa pedalando un venditore di palline di gelato. Ci sono bambini che saltellano nel parco e altri che giocano a baseball tra le rovine di un vecchio magazzino. Il mare, sulla linea dell'orizzonte. Non sembra una zona di guerra, anche se la guerra è lo stato normale di questo paese; una guerra silenziosa, che per troppo tempo è stata sfondo e habitat, e dalla quale nessuno si salva.

Una settimana fa, nella prima sessione della nuova legislatura dell'Assemblea Nazionale del Potere Popolare (Parlamento), che lo ha rieletto presidente, Miguel Díaz-Canel ha accusato l'inasprimento del blocco, la crisi mondiale e le nostre incapacità per la complicata situazione che vive ora Cuba. Tuttavia, non smetto di pensare, con la città ai miei piedi, che il peggio dello shock quotidiano sia l'abitudine. Non notiamo più gli effetti cumulativi di oltre 60 anni di politiche economiche progettate per soffocarci e venderci, come rimedio, la transizione assistita dagli USA.

Noi cubani viviamo svantaggiati - non c'è altra scelta - ma il rovescio della medaglia è peggiore. Jacob Hornberger, un uomo d'affari e politico che suole presentarsi senza successo come candidato indipendente alla presidenza degli USA, crede che la prolungata crudeltà di Washington contro altri paesi abbia causato danni irreparabili al popolo USA.

La coscienza degli statunitensi è stata abbruttita… Molti possono riconoscere, affrontare e opporsi facilmente al male che presumibilmente deriva da regimi stranieri, ma trovano molto difficile, se non impossibile, identificare, affrontare e opporsi al male all'interno del proprio paese. , dice Hornberger nel suo libro An Encounter with Evil: The Abraham Zapruder Story (Un incontro con il male: la storia di Abraham Zapruder), pubblicato meno di un anno fa. Si tratta della biografia dell'uomo che ha filmato l'assassinio di John F. Kennedy, il 22 novembre 1963, e ad un certo punto si ferma alla lunga anormalità del blocco avviato da questo presidente democratico.

In un ambiente di crudeltà normalizzata, afferma l'autore, è quasi impossibile che possa prodursi, negli USA, un movimento di resistenza come quello della Rosa Bianca, il gruppo di studenti universitari cristiani che nella Germania nazista si ribellò contro il proprio governo al culmine dei crimini del fascismo durante la II Guerra Mondiale.

Il silenzio di oltre sei decenni contro la malvagità dell'embargo USA è un perfetto esempio di questo fenomeno. Condanniamo tutti il ​​terrorismo perché si basa sull'attacco a persone innocenti come mezzo per raggiungere un obiettivo politico. Tuttavia, questo è esattamente ciò che fa l'embargo contro Cuba. Perché così tanti statunitensi possono vedere la malvagità nel terrorismo ma non la malvagità nell'embargo? si chiede Hornberger.

Forse la risposta non è così difficile. Il blocco segue regole molto rigide, che rispondono a un alto grado di organizzazione sociale e include tacere il crimine, quando non riesce a giustificarlo. Il terrorismo di Stato ha un sapere articolato, prepara metodicamente i suoi compiti, definisce il tratto strategico dei suoi obiettivi, come ben sanno coloro che hanno vissuto il nazismo o subito le dittature latinoamericane. Le vittime, quelle che vanno e vengono in una città in guerra interminabile, non pianificano nulla salvo vivere e sopravvivere.

E ciò che resta, in fondo, è il puro buon senso: sconfiggere il blocco senza aspettare che lo levino, come ha detto Díaz-Canel in Parlamento.


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