www.resistenze.org - popoli resistenti - cuba - 22-05-23 - n. 866

Adeguarsi a un mondo che cambia senza tornare al capitalismo

Annamaria Umbrello | el Moncada, Periodico dell'Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba

marzo 2023

Un incontro speciale con Mariela Castro Espín.

C'è un vento nuovo a Cuba, un vento di cambiamenti epocali. Il varo della nuova Costituzione, seguito a stretto giro dal Codice delle Famiglie, un plurale che non è casuale, l'avvenuto cambio alla moneta unica; sono tutti segnali che l'Isola si sta profondamente rinnovando.

L'approvazione del Codice delle Famiglie è sicuramente il balzo più avanti che Cuba ha fatto, ed è stata in grado di compierlo in barba all'Occidente, battendolo su un terreno - quello dei diritti civili - che l'Occidente ha sempre avocato come suo patrimonio personale. Con questa legislazione, che è la più avanzata in materia - un primato riconosciuto dal mondo intero - Cuba ha dimostrato di essere un paese realmente democratico e realmente socialista: democratico perché la stesura del testo ha coinvolto a tutti i livelli la popolazione locale, come già successo per la nuova Costituzione; socialista perché il centro del testo è sempre stata la persona, dando la massima priorità e attenzione al lato umano e affettivo, dunque ponendo la persona al centro.

Una delle promotrici di questa svolta epocale è Mariela Castro, figlia di Raúl e di Vilma Espín e direttrice del CENESEX, il Centro Nazionale di Educazione Sessuale di Cuba, che da anni si batte per una maggiore attenzione al tema delle persone LGBT e alla comprensione, oltre e prima che al tema del riconoscimento, dei loro diritti.

La situazione delle persone LGBT a Cuba, ci spiega, non è cambiata dal nulla a partire dal referendum dello scorso settembre che ha approvato il nuovo Codice delle Famiglie: si stavano portando avanti politiche mirate già da prima della consultazione referendaria, già nel 2009 la questione era stata affrontata nel Partito, nel Governo e in diverse istituzioni statali "anche grazie a ricerche provenienti dal campo accademico e non solo, per giustificare la necessità di trasformare la visione politica rispetto ai diritti delle persone LGBT". È un lavoro che ha richiesto tanti anni e lunghi confronti interni, ma alla fine la perseveranza è stata premiata, e il Codice delle Famiglie rappresenta un unicum tra le norme in materia vigenti nel resto del mondo.

Per apprezzare ancora di più l'impatto di questa svolta epocale, c'è da considerare un aspetto chiave: la cultura cubana era impregnata, fino a pochi decenni fa, di una mentalità machista e patriarcale non differente da quella che affligge(va) l'Italia stessa.

La Rivoluzione è un atto umano che nasce da un contesto sociale ben definito, che nella sua avanzata travolge e sradica gli aspetti culturali più retrogradi e limitanti la dignità umana.

Una Rivoluzione che duri nel tempo finisce per diventare il risultato di questa avanzata e di questo progresso, che però, attenzione, non è immediato: "gli elementi strutturali sono più facili da cambiare, gli elementi simbolici richiedono un tempo più lungo". Il socialismo cubano, all'indomani del 1959, si è ritrovato a "confrontarsi con un'eredità coloniale e neocoloniale, patriarcale, capitalista, neoliberale che è ancora egemonica e attuale, e 60 anni di Rivoluzione non bastano a cambiare questo", proprio perché la mentalità simbolica è la più difficile da sradicare.

È tenendo bene a mente queste cose che l'incredibile risultato del referendum sul Codice delle Famiglie, col 67% di "Sì", acquista un valore ancora più grande, perché è stata l'ennesima vittoria contro una eredità capitalista. "Ora ci sono le leggi, ma la legge da sola non basta: ora è in moto un forte e organizzato processo di trasformazione delle capacità e di formazione dei funzionari che spinge ad applicare questa legge. C'è bisogno di educare e comunicare il messaggio della legge per renderla effettiva. Perché l'elemento simbolico del maschilismo e le altre cose rimangono".

Il ruolo del Partito è stato centrale, e Mariela lo sottolinea più volte. Già nel 2012, nella conferenza nazionale del PCC, ricorda che "si era modificato uno degli obiettivi delle linee guida del partito rispetto alla non discriminazione, e si era precisata la non discriminazione per identità sessuale", una proposta avanzata da lei stessa in qualità di delegata del CENESEX.

All'epoca "non si era capito il concetto di identità di genere e si è introdotto solo quello di identità sessuale, ma era già un enorme passo avanti quello di aver fatto riconoscere questo concetto nella politica del partito e nell'affrontare questa discriminazione come partito".

Come far affrontare allora la questione, come renderla comprensibile a chi non se ne occupava quotidianamente, in un paese con una forte influenza machista? La questione era concettuale: diventava difficile far comprendere l'importanza del tema trattato perché all'Assemblea non era chiaro di cosa si stesse parlando. Persino qui in Italia si sente molta confusione quando si affronta la questione "identità sessuale-identità di genere", nonostante negli ultimi tempi sia stato al centro del discorso politico-culturale.

Come risolvere la questione? "Ho proposto di lavorare con un glossario di termini, di modo da parlare tutti della stessa cosa. Per una persona una parola può significare una cosa, e per un'altra una cosa diversa; in generale, bisogna creare uno schema concettuale di riferimento che sia operativo per poter fare questo lavoro, per costruire il concetto".

La soluzione è stata semplice, ma geniale: con questo glossario è stato possibile lavorare intendendo tutti gli stessi concetti, costruendo insieme concetti condivisi. La condivisione del sapere, la condivisione nella problematizzazione e nella costruzione della soluzione è stata la chiave che ha permesso di superare, quasi con un colpo di spugna, 60 anni di eredità capitalista e machista, come ha dimostrato l'esito referendario.

Se questo sforzo titanico è stato compiuto in un paese che nella vulgata comune è "non democratico", tra l'altro facendo ricorso non solo al referendum ma anche alla attiva partecipazione popolare nella stesura del testo della legge, ebbene, questo cosa dice di noi, i paesi occidentali e "compiutamente" democratici? "La vostra è una democrazia borghese, che dunque privilegia i propri diritti come classe sociale e non quelli del popolo".

Tutto ciò che esiste nella società capitalista borghese esiste - o meglio, le è permesso esistere - perché non intacca il modello sociale e di produzione desiderato dalla borghesia al potere. In questo senso, allora, "la famiglia è depositaria del mandato della classe dominante. La famiglia disegnata nel sistema capitalista esiste in funzione dell'organizzazione sociale di questo sistema" e in questa organizzazione "la donna deve fare una cosa e l'uomo un'altra".

Il capitalismo è anche machismo, è anche rigida divisione dei ruoli, incasellare le persone entro distinzioni chiave di modo da salvaguardare lo schema produttivo dominante. Combattere il capitalismo significa anche sradicare questa visione della donna e delle comunità LGBT, questa divisione sessuale nella vita sociale come nel lavoro: è una "eredità culturale difficile da estirpare, perché l'elemento simbolico predomina ancora: basti pensare che il lavoro del badante è ancora considerato un lavoro da donna".

Ovviamente non basta una legge per dire che ci si è lasciati definitivamente alle spalle il passato: la legge esiste sul piano legale, ma la coscienza e l'accettazione di questo nuovo modello verrà col tempo e con il rafforzamento di questi diritti. Una prospettiva sicuramente più rosea, dal momento che "a Cuba vige il principio della progressività del diritto, per cui ogni diritto acquisito non può più essere tolto. Questo perché a Cuba, in quanto comunisti, è il popolo che governa, e il suo obiettivo ultimo non è lo stato di diritto ma la giustizia sociale. Una cosa che nel capitalismo non c'è".


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