Il Dipartimento del Tesoro USA perseguita e sanziona le compagnie di navigazione che trasportano combustibile alle centrali termoelettriche di Cuba (1).
Perseguita e sanziona qualsiasi banca internazionale che osi effettuare trasferimenti per istituzioni cubane o concedere crediti per il pagamento di forniture (2). Le sanzioni USA hanno distrutto, in 5 anni, il 90% della produzione petrolifera del Venezuela, un tempo principale fornitore di combustibile a Cuba.
Inoltre, la Casa Bianca è riuscita a colpire ciascuna delle fonti di ingresso in valuta estera di Cuba: l'invio di rimesse dall'emigrazione cubana è stato vietato per più di 3 anni (3); il turismo europeo a Cuba è diminuito a causa delle penalizzazioni per i visti, mentre quello USA è ancora totalmente chiuso (4); e l'applicazione integrale della Legge Helms-Burton ha tagliato drasticamente il flusso di investimenti stranieri verso Cuba (5).
A tutto questo aggiungiamo l'aumento del costo delle importazioni cubane a causa del tradizionale embargo commerciale USA; le penalizzazioni e le pressioni su aziende e paesi che commerciano con l'isola; o l'impossibilità per Cuba di accedere a crediti per lo sviluppo, per modernizzare, ad esempio, il suo sistema elettrico, a causa del voto prevalente degli USA nella Banca Mondiale o nella Banca Interamericana di Sviluppo (6).
La crisi elettrica che Cuba sta soffrendo è il risultato della somma di questi elementi. Ma non troverete alcun riferimento a tutto ciò nella stampa internazionale corporativa. Una parte di questa stampa ci descrive la situazione cubana così com'è, senza dubbio (7). Una realtà drammatica, limite, insostenibile. Ma, per quanto riguarda le cause, la politica criminale che ha portato a questa situazione (8)? Neppure una parola (9).
Un'altra parte dei media prende posizione... per avallare il crimine. È il caso del quotidiano "El País", la cui esperta in materia cubana è Carla Gloria Colomé che, in precedenza, lavorava per il governo USA nel media El Estornudo (10) (11). Ci parla con sufficienza di "decenni di mancanza di investimenti", di un "sistema elettrico obsoleto" che "dipende ancora dai combustibili fossili", come se ciò fosse una decisione burocratica o capricciosa de L'Avana (12). Tutto, per coprire la guerra economica imposta dal governo che ha pagato il suo stipendio per anni.
Un altro media spagnolo, El Confidencial, menziona alcune ragioni della crisi (13). Una, il petrolio venezuelano. "Caracas non è più in grado di inviare all'Avana nemmeno il 50% di ciò che inviava", ci dice. Ma perché non spiega che non può più farlo perché il blocco USA ha distrutto il 90% della sua produzione e dei suoi introiti (14)? Due, il turismo. "Il regime cubano ha perso gran parte della sua liquidità finanziaria a causa del declino del turismo, una delle sue principali fonti di ingresso". Ma perché tace su una delle ragioni fondamentali, la penalizzazione degli USA ai turisti europei che visitano l'isola?
Silenziare la guerra economica che Cuba sta soffrendo è l'unico modo per giustificarla, e così attribuire le sue conseguenze a "65 anni di gestione comunista" o alla "centralizzazione economica" (curiosamente, quando questa è minore che mai nella storia, dopo un processo di apertura al settore privato) (15).
E, in tutto questo, ci sono media che lasciano già trapelare la seguente linea di attacco: la presunta repressione. L'avvertimento del presidente Miguel Díaz-Canel che non permetterà "atti vandalici", sfruttando il blackout, se si verificassero in un altro paese, verrebbe narrato come la normale azione di uno Stato in difesa delle proprietà pubbliche o private. Ma se succede a Cuba la questione cambia: ci viene detto che "Il regime (...) ha minacciato di aumentare la repressione contro coloro che protestano" (16) o che "il Governo avverte che non tollererà proteste" (17).
Il popolo cubano soffre una guerra spietata, con l'avallo dei media internazionali. Una guerra che non ha mai raggiunto simile intensità. Per questo è necessario attivare, più che mai, la solidarietà del mondo intero. Per fermare i criminali... e i loro organi di propaganda (18).
