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Intervista a Enid Riemenschneider, membro del Dipartimento internazionale del PC Danese

Unidad y Lucha | unidadylucha.es
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

23/05/2015

Sono frequenti i riferimenti ai livelli di vita dei paesi scandinavi, ci sono anche organizzazioni che le prendono come riferimento per le loro proposte politiche. UyL intervista una dirigente del PC Danese per conoscere la realtà sociale dei paesi nordici.

Compagna Enid, in Spagna alcuni partiti, come PODEMOS, parlano molto della Danimarca e dei paesi scandinavi in generale, elevandoli a modello economico e sociale, potresti parlarci di questo modello "scandinavo" o "nordico"?

Non c'è dubbio che la società danese sia una società capitalista, classista e sfruttatrice. Suppongo che PODEMOS si riferisca a cose come il nostro sistema di sicurezza sociale, finanziato tramite imposte e che, in sintesi, si può descrivere così: gli alti livelli di protezione sociale che esistono in Danimarca, incluse le cure mediche, esistono fondamentalmente grazie a due fattori, l'esistenza dell'Unione Sovietica e, successivamente, del sistema socialista mondiale, in combinazione con la necessità del capitale danese di una forza lavoro capace e ben formata, e il rafforzamento delle forze socialiste e comuniste in un quadro che vedeva la presenza di un forte movimento sindacale.

Sul primo fattore c'è da dire che la disoccupazione di massa degli inizi degli anni '30 del secolo passato, come la crescente coscienza politica dei lavoratori, con o senza lavoro, associata alla semplice esistenza dell'Unione Sovietica e all'esempio che rappresentava, furono la base della prima importante riforma sociale del 1933. In seguito, l'occupazione nazista tra il 1940 e 1945 significò un duro arretramento e un brutale sfruttamento da parte del capitale danese collaborazionista. Nel decennio dagli anni '50 e per quasi 30 anni, con lo sviluppo economico e scientifico-tecnologico, le politiche sociali e di sanità pubblica si sono trasformate nel noto sistema di sicurezza sociale e di benessere della Danimarca (e del resto dei paesi scandinavi). Politicamente, le riforme sono viste come come compito del Partito socialdemocratico ma, almeno in Danimarca, in generale è esistito un consenso parlamentare in merito.

Sul secondo fattore, fu cruciale per la costruzione del sistema di protezione sociale conosciuto come "modello danese", l'esistenza di un forte movimento sindacale e di altre forze popolari attive. Va detto che il movimento sindacale danese è unitario, non diviso in associazioni differenti vincolate a distinti partiti o alla Chiesa, ma si organizza in funzione delle attività e dei settori. Negli anni '70 e agli inizi degli '80, all'apice dei livelli del sistema di sicurezza sociale e di benessere, circa il 90% della forza lavoro era organizzata in sindacati (lavoratori con o senza formazione, accademici, altri professionisti e semi-professionisti). In questi anni, il Partito comunista aveva un importante numero di delegati sindacali e manteneva una posizione di direzione in settori importanti del movimento sindacale, ma a causa della mancanza di democrazia organizzativa, la direzione principale del movimento sindacale ricadeva invariabilmente sul Partito socialdemocratico. Uno dei problemi fondamentali di questo sistema era l'accettazione dei socialdemocratici delle "trattative tripartite" tra governo, sindacati e padroni, meccanismo che esiste in altri paesi europei e che è proprio del riformismo. Qui, dato che il capitale attualmente non lo richiede, è stato di recente abbandonato.

Qual è la situazione attuale della classe operaia in Danimarca?

Fin dall'inizio della partecipazione della Danimarca all'Ue, il modello danese ha ricevuto attacchi e dagli anni '80, le idee di assicurazioni individuali e di tariffe hanno cominciato a colpire tutto il settore pubblico.

In questa epoca si è prodotto anche il mutamento del Partito socialdemocratico da partito del revisionismo e del riformismo a quello delle politiche e dell'ideologia borghese pura e semplice. I suoi membri in opposizione all'Ue hanno subito il veto nelle elezioni europee.

La direzione del movimento sindacale è indietreggiata e, dagli anni '90, la norma è stata la passività e la perdita di posizioni e di affiliazione, fino a un 60%. Durante la crisi, il sistema ha sofferto molto. Ogni anno ci sono tagli nei bilanci e nel personale. Solo tra il 2010 e 2013, i governi locali hanno licenziato 30.000 lavoratori e i tagli dei posti di lavoro proseguono. Le prestazioni di ogni tipo adesso non seguono l'indice dei prezzi, o vengono direttamente ridotte.

I salari sono sotto pressione. Oltre a non essere equivalenti all'indice dei prezzi, si vedono colpiti dalla dottrina dell'Ue sulla "libera circolazione del lavoro". Questa realtà è conosciuta in tutta Europa come "dumping sociale".

Oggi, di una forza lavoro di 2,8 milioni di persone, circa 130.000 sono disoccupati e percepiscono aiuti sociali. Ma a questo numero bisogna aggiungere tra le 400-500 mila persone che, anche lavorando, vivono dell'assistenza sociale o soffrono condizioni di vita precarie. Il regresso più serio è quello che si produce con il deterioramento delle prestazione per disoccupazione. In precedenza, il periodo garantito era di 4 anni. Ora è stato tagliato a 2 anni. Inoltre, al momento oltre 40.000 persone hanno perso il diritto alla prestazione. Allo stesso tempo, cresce il numero di famiglie che riceve assistenza sociale, o che non riceve nulla nonostante lo necessiti, pur crescendo il numero di persone che perde casa.

Ora che accenni all'entrata della Danimarca nell'Unione europea, come giudichi il ruolo dell'Ue e la presenza del tuo paese?

L'Ue è lo strumento dei grandi monopoli europei e ha due obiettivi in relazione tra di loro: la creazione di un grande mercato comune "domestico", il "mercato unico", che garantisca al grande capitale europeo la base per un suo ulteriore sviluppo e nuovi profitti per mezzo di una forza lavoro comune, sotto regole e finanze comuni, come le politiche monetarie, ecc.; e che questo mercato sia uguale o superiore ad altri mercati importanti del mondo, soprattutto a quello degli Usa.

Per questo i trattati dell'Ue, dal Trattato di Roma in poi, hanno avuto come obiettivo la creazione di un governo sovrano, non eletto, indipendente dai governi dei paesi membri, la Commissione. Con gli ultimi trattati e con il Patto di stabilità, questo obiettivo è stato raggiunto. La sovranità nazionale è un tema insignificante. La Ue è la dittatura dei monopoli europei.

Come paese membro dell'Ue, la democrazia danese ha subito importanti regressi. In primo luogo, la totale dipendenza del parlamento danese e dei governi locali dalle leggi e direttive dell'Ue.

Una parte molto importante della nostra democrazia e del "modello danese" come il negoziato collettivo, sta soffrendo al punto che le leggi nazionali che assicurano i diritti dei lavoratori e dei sindacati sono sconfessati dall'Ue. A questo si devono aggiungere le privatizzazioni. Importanti attività che prima erano sotto controllo democratico (energia, telecomunicazioni, viabilità, ecc.) sono state privatizzate e altri settori pubblici vengono "esposti alla concorrenza", che si traduce anche in prezzi più elevati.

Tutti i partiti presenti nel Parlamento, eccetto l'Alleanza Rosso-Verde, sono pro-Ue. In tutte le questioni economiche, politiche e ideologiche della Danimarca, la partecipazione all'Ue gioca un ruolo essenziale. Il nostro partito crede che la crisi offra all'Ue un pretesto per accelerare i piani di austerità e le altre misure che già erano sul tavolo. Dal 1990 questi piani sono avanzati abbastanza rapidamente...

Per concludere, alla fine del 2014 avete celebrato il vostro 4° Congresso. Ci puoi riassumere le principali decisioni?

La dichiarazione finale del nostro 4° Congresso, celebrato a novembre, è un appello urgente all'unità della classe operaia danese. Dice, tra le altre cose, che "la mancanza di volontà del governo per soddisfare le domande della classe operaia sta portando alla passività e alla sfiducia... Solo un incremento delle attività della classe operaia e del movimento sindacale, una lotta per delle richieste chiare possono portare a cambiamenti. Il Partito Comunista Danese è convinto che l'unità della classe operaia possa forzare il governo e i padroni a cedere davanti a tali richieste. Il PC Danese sollecita i partiti e le organizzazioni sindacali a unirsi alla lotta per il cambiamento".

Ciò che il nostro partito chiede è che si produca una crescita dei salari, nel settore pubblico come in quello privato, che si fermi il dumping sociale, che si restaurino e si amplino le prestazioni di disoccupazione e di sicurezza sociale, che si dia impulso al nostro sistema di sicurezza sociale pubblico (includendo la cura sanitaria e l'istruzione a tutti i livelli), che si blocchino le privatizzazioni dei servizi e delle attività pubbliche. E che la Danimarca abbandoni l'Ue e il Patto di stabilità.

Le altre linee maestre del nostro lavoro sono il rafforzamento degli sforzi per raggiungere l'unità dei tre partiti comunisti presenti nel nostro paese (PC di Danimarca, PC in Danimarca e PC Danese), la lotta contro l'Ue, la difesa della nostra gioventù e la difesa e la promozione del socialismo unito al rafforzamento del profilo teorico e ideologico del nostro partito.

A livello internazionale, le nostre posizioni sono in linea con il principio della solidarietà internazionale verso gli altri partiti comunisti, verso la classe operaia internazionale e verso tutti gli oppressi. Denunciamo con forza la partecipazione della Danimarca alle guerre dell'imperialismo (con o senza mandato dell'Onu). Esigiamo una politica estera danese indipendente, senza guerre e nella quale la solidarietà internazionale sostituisca l'attuale sottomissione verso le forze dell'imperialismo.

Tra i temi più importanti c'è l'appoggio ai gruppi promotori della pace, della lotta contro il blocco statunitense contro Cuba, della solidarietà con il popolo palestinese e della condanna del terrorismo di stato israeliano.

Uno strumento molto importante della nostra lotta e nella nostra attività è il quotidiano Arbejderen (Giornale operaio), che è un contrappeso alle menzogne e alla disinformazione dei mezzi di comunicazione di massa e che, allo stesso tempo, agisce come diffusore delle nostre posizioni politiche e delle attività dei sindacati e dei movimenti progressisti.

Molte grazie, compagna.


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