www.resistenze.org - popoli resistenti - egitto - 05-05-10 - n. 317

da www.nena-news.com/?p=149
 
Egitto, in piazza per il salario minimo
 
Nena-News
 
Roma, 03/05/2010
 
Diverse centinaia di egiziani si sono riuniti ieri di fronte alla sede del governo per esortare il regime del rais Hosni Mubarak ad accogliere la sentenza emessa lo scorso 30 marzo dal Tribunale del Lavoro che chiede l’aumento del salario minimo fermo dal 1984. A guidarli c’era Naguib Rashad, un operaio del “South Cairo Grain Mill” divenuto di recente uno dei leader della protesta dei lavoratori egiziani.
 
Attualmente un datore di lavoro egiziano può facilmente sfruttare i suoi dipendenti offrendo un contratto mensile di soli 35 pound, pari ad appena 5 euro. Una somma che già 26 anni fa era inadeguata al costo della vita in Egitto e che oggi suona come una offesa alla dignità della persona. La richiesta dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali (almeno di quelle non controllate dal governo) e dei partiti di sinistra è di portare il salario minimo a 1.200 pound (circa 180 euro), un livello che, peraltro, garantisce la sopravvivenza e poco più a buona parte delle famiglie egiziane costrette a fare i conti con un costante aumento dell’inflazione.
 
In un paese con una popolazione di quasi 80 milioni di abitanti, con una manodopera povera e sterminata, gli abusi nel lavoro sono enormi. A pagare il costo più alto sono, come spesso accade, le donne costrette ad accettare impieghi per poche decine di pound al mese e a lavorare in condizioni il piu’ delle volte disumane. Il regime, messo da parte per sempre il socialismo post-rivoluzionario, evita nel modo più assoluto di proteggere i diritti dei lavoratori. Al contrario le sue forze di polizia sono impegnate, specie in questi ultimi mesi, a contenere se non addirittura a reprimere le continue proteste di operai e di dipendenti pubblici e privati contro i licenziamenti e gli stipendi da fame. Tutto ciò mentre gli ultimi dati dimostrano il fallimento del programma di privatizzazioni voluto e portato avanti con determinazione da Mubarak e da suo figlio Gamal (destinato secondo molti a prendere il posto del padre alla presidenza). Proprio le statistiche governative evidenziano che una porzione significativa delle imprese nazionali privatizzate in questi ultimi anni - di fatto svendute dal regime ad imprenditori locali e internazionali - sono state successivamente chiuse dai proprietari con la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro.
 
Intanto Amnesty International, con un comunicato diffuso ieri, chiede alle autorita’ egiziane di garantire la formazione di organizzazioni sindacali indipendenti dal governo e dal partito al potere (Nazionale democratico) e la dignita’ dei lavoratori nel rispetto delle risoluzioni internazionali in materia. (red)
 
 

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