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In Egitto la classe proletaria non va in Paradiso

Intervistato domenica al canale 10 egiziano, il ministro di giustizia Saber aveva dichiarato che "un figlio degli addetti alle pulizie non può diventare giudice". Le sue parole hanno scatenato un putiferio che hanno portato ieri alle sue dimissioni.

Roberto Prinzi | nena-news.it

12/05/2015

"Del resto mia cara di che si stupisce anche l'operaio vuole il figlio dottore e pensi che ambiente che può venir fuori. Non c'è più morale, contessa" cantava così Franco Pietrangeli nella sua celebre "Contessa". Prendendo spunto dalle conversazioni che la borghesia faceva allora a proposito dell'occupazione dell'Università di Roma in seguito all'uccisione dello studente Paolo Rossi da parte dei fascisti (27 aprile 1966) e della cronaca di un piccolo sciopero avutosi a Roma, Pietrangeli scriveva nel maggio del 1966 uno dei manifesti della lotta di classe, un inno all'affossamento del sistema borghese, una accorata esortazione alla lotta proletaria internazionalista che portasse a termine lo sfruttamento umano.

E il riferimento al capolavoro di Pietrangeli nasce spontaneo dopo le dichiarazioni di Mahfouz Saber, fino a ieri ministro egiziano della giustizia. Alla domanda posta da un giornalista del canale 10 egiziano sulle accuse di favoritismo nella nomina dei giudici, Saber ha prima risposto con pacatezza affermando che le assunzioni seguono "standard obiettivi". Poi, però, incalzato dall'intervistatore che gli chiedeva se anche "un figlio di un lavoratore dei servizi sanitari può diventare giudice", Saber toglieva la maschera replicando sprezzante: "non esageriamo, con il dovuto rispetto per gli addetti alle pulizie e quelli sopra o sotto di loro, un giudice deve provenire da un ambiente appropriato". "Grazie all'addetto alle pulizie che fa crescere ed educa i suoi figli" – ha aggiunto – ma ci sono altri lavori che possono svolgere". L'odio di classe di Saber è ponderato e si avvale di non ben precisati dati scientifici. Secondo il ministro di giustizia, infatti, se i figli degli spazzini diventassero giudici, affronterebbero diversi problemi, soffrirebbero di depressione e alla fine sarebbero costretti a lasciare l'incarico. In breve, la loro esclusione è manna dal cielo: il proletario deve ringraziare il padrone premuroso che, vietandogli l'alta carica, gli impedisce di soffrire di terribili complicazioni mediche.

Le dichiarazioni di Saber hanno subito scatenato nel Paese un putiferio. Ieri Shahata Muqdis, capo degli spazzini de il Cairo, ha subito risposto per le rime al quotidiano Youm al-Sabea: "Il figlio di uno spazzino può essere più intelligente di suo figlio. E il figlio di uno spazzino non si vergognerà mai di suo padre" ha detto colmo di orgoglio. L'affermazione dell'ex ministro – che rivela tutta l'arroganza della classe giudiziaria egiziana ed evidenzia la forte polarizzazione sociale della società sempre più divisa in una piccola e ricca élite dominante e un 90% di popolazione che vive sotto la soglia di povertà – non è passata inosservata neanche ai suoi capi. Sulla vicenda è intervenuto ieri, infatti, il premier Ibrahim Mahlab che ha detto che Saber si è dimesso per "rispetto dell'opinione pubblica".

Dimissioni che erano state invocate da più parti. Tra i primi a richiederle vi era stato un gruppo di avvocati che aveva chiesto ai procuratori egiziani di indagare su Saber per istigazione all'odio e per aver violato la costituzione. Ma i commenti dell'ex ministro avranno di certo imbarazzato e irritato anche il presidente 'Abdel Fattah as-Sisi. Non per una sua vicinanza agli "spazzini", ma perché, pubblicamente, l'ex generale ha sempre cercato di apparire come il leader dei poveri, la voce degli emarginati.

Le dichiarazioni di Saber riportano in primo piano il tema sociale. Uno dei principali obiettivi della rivolta popolare del 2011 che costrinse alle dimissioni il "faraone" Hosni Mubarak fu proprio la ricerca di giustizia sociale. A poco più di quattro anni da quelle celebri giornate di mobilitazione, poco o niente è stato fatto per venire incontro alle istanze che provengono dalle piazze. Il disprezzo di Saber verso le classi proletarie non è espressione di uno scellerato ministro, ma permea l'intero regime di as-Sisi, sempre più versione aggiornata del governo Mubarak. Non solo in termini repressivi e di controllo assolutistico del potere. Ma in termini di classe. E' la stessa elite mubarakiana a dominare. Riciclata e ripulita (in parte )ma che conserva orgogliosa la sua stessa identità e i suoi privilegi. Il disprezzo della borghesia locale verso gli "spazzini" e gli "operatori sanitari" di Saber ci ridà il senso più profondo del regime di as-Sisi.

L'uguaglianza e, di conseguenza, la meritocrazia restano nel Paese una chimera. Ancora oggi il potere giudiziario, il servizio diplomatico, la classe degli ufficiali delle forze armate e della polizia non sono alla portata dei poveri. Divergenze, tra élite e popolo, inaspritesi durante i 29 anni di potere di Mubarak dove ufficiali governativi e ricchi uomini di affari sono andati a braccetto nel dominio del Paese. Un'alleanza indissolubile, quella tra militari e capitalisti, che ha posto definitivamente fine alle importanti e coraggiose conquiste della rivoluzione del 1952 da parte di giovani ufficiali dell'esercito e, soprattutto, alle riforme socialiste di Jamal Abdel an-Nasser (presidente negli anni '50 e '60).

"La colpa non è dell'operatore sanitario, ma è della nostra società classista" ha scritto il noto blogger egiziano Radwa Aboul Azm sul suo account di Facebook. "Il ministro non ha sbagliato. Ha fatto commenti realistici che ci hanno colpito duramente la testa. E' come se ci avesse schiaffeggiato".


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