www.resistenze.org - popoli resistenti - etiopia - 01-12-16 - n. 613

Etiopia al bivio

Capitolo 3 - L'apartheid di Zenawi

Capitolo 1: L'impero di Sélassié [Prima parte - Seconda parte - Terza parte]
Capitolo 2: La dittatura di Mènghistu [Prima parte - Seconda parte - Terza parte]

Mohamed Hassan, Grégoire Lalieu | investigaction.net
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

16/10/2016

"Se parli di democrazia ti uccidono. Se torno in Etiopia forse mi uccideranno o mi ha metteranno in carcere..." Dopo avere conquistato la medaglia d'argento alla maratona dei Giochi olimpici di Rio, Feyisa Lilesa ha fatto puntare i riflettori sull'Etiopia. E' stato necessario che questo corridore tagliasse il traguardo incrociando le braccia sopra la testa perché i media si interessassero un po' alle manifestazioni rigorosamente represse, che fanno tremare il regime da più di un anno. Come è successo che l'Etiopia è sprofondata in una nuova dittatura dopo essersi lasciata alle spalle Sélassié e Menghistu? La carestia imperversava; colpa dei fenomeni climatici o del programma d'affitto delle terre, che svende le ricchezze del paese alle multinazionali dell'agro-business? Meles Zenawi era realmente un dirigente africano ammirevole che si è battuto "per far uscire milioni di etiopi della povertà grazie alla sua azione a favore della sicurezza alimentare" come ha dichiarato Obama? Perché un miliardario saudita, originario dell'Etiopia, ha versato un assegno di due milioni di dollari alla fondazione Clinton? In quest'ultima parte della nostra intervista, Mohamed Hassan rivela le sfide di una crisi che potrebbe radicalmente cambiare il volto dell'Etiopia e lancia un appello all'unione delle forze progressiste etiopi affinché salvino il paese dall'implosione.

Prima parte

Seconda parte

Se non è né la stabilità, né la democrazia, cosa motiva le relazioni diplomatiche degli Stati Uniti?

Le questioni economiche prevalgono su tutto. Se vi allineate con la politica estera degli Stati Uniti e contribuite a difendere gli interessi dell'imperialismo, sarete amici. Se aprite il vostro paese alle multinazionali, se privatizzate tutto ciò che si muove e se mettete le vostre economie nelle mani delle banche occidentali, sarete amici degli Stati Uniti. Seguite alla lettera i consigli della Banca mondiale e del FMI, Barack Obama vi farà omaggio in occasione dei vostri funerali.

Precisamente, alla morte di Zenawi, Obama non è stato avaro di elogi: "Il Primo Ministro Meles merita di essere riconosciuto per avere contribuito tutta la sua vita allo sviluppo dell'Etiopia e in particolare per il suo impegno costante per i poveri dell'Etiopia. Ho incontrato il Primo Ministro Meles al vertice del G8 nel maggio scorso e ricordo la mia ammirazione personale dinanzi al suo desiderio di alleviare il peso della povertà per milioni di Etiopi grazie alla sua azione in favore della sicurezza alimentare" (4). Ovviamente, sul piano economico, Zenawi aveva dato soddisfazione piena al suo alleato statunitense…

La strategia economica del TPLF ha visto molteplici cambiamenti . Il movimento era partito da una linea maoista per arrivare a una linea albanese. Ma nel corso degli anni 90, cambiava nuovamente idea e adottava il concetto di "democrazia rivoluzionaria". L'idea del TPLF era quella di costruire un'ampia base sociale fra i contadini. Zenawi e il suo gruppo mostravano al tempo un disinteresse profondo per le grandi città come Addis-Abeba, che consideravano un concentrato di sciovinisti Amhara e di Oromo nazionalisti. Ritenevano che i cittadini non avrebbero mai potuto capirli. Tanto lavoravano con i contadini.

Questo nuovo cambiamento doveva anche avviare la riconciliazione dell'Etiopia con l'Occidente. Il TPLF abbandonava gradualmente i suoi tremendi concetti marxisti-leninisti nella speranza di diventare più rispettabile. Un documento di lavoro del EPRDF del 1993 lo spiega del resto molto chiaramente: "Due ragioni fondamentali fanno che non sia più possibile o necessario continuare a indicare nel nostro Programma che i diritti del popolo continueranno a essere pienamente rispettati e che quelli dell'oppressore saranno eliminati. Innanzitutto, tale approccio sarebbe inaccettabile agli occhi delle democrazie occidentali e condurrebbe a un'opposizione selvaggia da parte dell'imperialismo… La seconda ragione è che è possibile garantire i diritti umani e democratici delle masse, senza abolire tutti i diritti degli oppressori". (5)

Concretamente, su che cosa doveva emergere questo nuovo concetto di democrazia rivoluzionaria?

Il TPLF riprendeva le idee del Derg formulandole differentemente. Concretamente, gli obiettivi erano: 1. Sviluppare l'agricoltura, principale settore economico 2. Individuare eccedenze 3. Accumulare capitali e valuta straniera 4. Acquistare ciò che mancava all'Etiopia.

Ma il TPLF aveva anche la sua agenda regionale. Il suo obiettivo personale era di industrializzare la regione del Tigrè. Questa regione era estremamente povera. Non vi esisteva nulla. Ma approfittando della sua posizione nel governo centrale, il TPLF intendeva captare gli investimenti per sviluppare una base industriale nella sua regione e alimentare quest'industria con le materie prime di cui si sarebbe impossessato nel resto del paese. Il Tigrè sarebbe diventata così una regione prosperosa che predominava sugli altri mercati etiopi.

Non ha funzionato. Inizialmente perché il TPLF considerava i contadini come una classe sociale omogenea, nonostante le grandi disparità che attraversavano il paese. Come Sélassié e come il Derg, il TPLF non è dunque riuscito a fare decollare la produzione agricola. Poi il TPLF mancava di ingegneri specializzati e di personale competente per sviluppare industrie nel Tigrè. La democrazia rivoluzionaria in salsa Zenawi non ha avuto presa.

Il TPLF ha poi cambiato idea ancora una volta?

Il TPLF ha iniziato a creare problemi. L'elite economica del Tigrè voleva predominare in Etiopia, ma collezionava incidenti di percorso. Si è dunque attaccata all'Eritrea poiché gli occorreva un capro espiatorio. Da quando la ex colonia aveva ottenuto la sua indipendenza battendosi al fianco del TPLF per fare cadere Mènghistu, una zona di libero scambio era stata instaurata tra l'Etiopia e l'Eritrea. La pagina era stata voltata e tutti pensavano che i due paesi avrebbero potuto impegnarsi in migliori relazioni. Ma, secondo l'elite economica del Tigrè, essendo l'Eritrea più avanzata sul piano industriale, la zona di libero scambio era sfavorevole all'Etiopia. Il TPLF ha iniziato a fare propaganda contro l'Eritrea, i suoi dirigenti hanno inventato falsi problemi e una guerra è infine scoppiata nel 1998 per una questione di frontiera. Il conflitto ha avuto fine due anni più tardi, con gli accordi di Algeri. Una commissione internazionale ha risolto la disputa frontaliera. L'Eritrea ha immediatamente accettato il verdetto. L'Etiopia ha messo invece molto tempo per riconoscere le conclusioni della commissione internazionale. Tuttavia, la tensione tra i due fratelli ostili resterà evidente. Nuovi scontri sono del resto scoppiati a giugno 2016.

Questo conflitto persistente con l'Eritrea, dimostra che il TPLF è un'organizzazione incapace di risolvere le sue contraddizioni democraticamente. Il partito cerca il confronto, piuttosto che il dialogo. E ciò vale anche per la sua organizzazione interna. Una rivolta è, del resto, scoppiata nelle file del TPLF alla fine degli anni 90. Membri dell'ufficio politico hanno tentato di sovvertire Zenawi. Hanno anche diretto il paese tra il 1998 e il 2001. Il capo del TPLF ha finito per riprendere il controllo gettando i suoi oppositori in prigione e aumentando la sua autorità. Ma il partito era in crisi. È allora che Zenawi ha adottato una nuova ideologia, quella dello Stato sviluppista (Developmental state).

Un altro fallimento?

Per l'Etiopia, sì. Per i conti bancari dei dirigenti del TPLF, no. La democrazia rivoluzionaria non aveva funzionato, poiché il governo non era riuscito a stimolare sufficientemente la produzione agricola. Allora, piuttosto che concentrare i suoi sforzi sui contadini, il TPLF ha direttamente puntato alle terre. L'Etiopia è un grande paese che dispone di importanti capacità agricole. Il governo ha approfittato di questa situazione affittando le migliori terre ad aziende private per uno sfruttamento puramente commerciale.

Ciò contrasta con la politica agricola del Derg

Inizialmente il TPLF pretendeva di adottare la sua politica agraria in linea con il Derg. Mènghistu aveva messo fine ai privilegi dei proprietari terrieri assegnando terre ai piccoli contadini. Questa politica agricola venne inclusa nella Costituzione del 1995. Ma una nuova clausola era comparsa: per ragioni d'interesse generale, la terra avrebbe potuto essere espropriata dallo Stato. Alla fine degli anni 90, Zenawi ha dunque iniziato a cacciare i contadini dai loro terreni per predisporre un vasto programma di affitto di terra coltivabile a un prezzo estremamente basso, esenzioni dalle imposte e tutta una serie di vantaggi fiscali diretti e indiretti.

Con condizioni così attraenti, le terre agricole di Etiopia sono diventate un nuovo Eldorado per le multinazionali dell'agro-alimentare. Compagnie private indiane, malesiane, cinesi o turche operano particolarmente in questo settore. E' anche presente Israele, come le compagnie occidentali che producono in particolare agro-combustibili. Più di mille investitori stranieri sono stati così individuati nelle campagne dell'Etiopia. Uno dei più importanti è certamente Mohammed al-Amoudi. Metà etiope, metà saudita, è il ricco proprietario di Saudi Star, una società delegata dalla monarchia saudita per coltivare riso destinato all'esportazione verso l'Arabia. I contratti d'affitto riguardano periodi rinnovabili che vanno dai 25 ai 45 anni. Inizialmente le regioni erano autorizzate a negoziare questi contratti con gli investitori privati. Ma il governo se ne è arrogato il diritto esclusivo. Segno che dell'etno-federalismo non rimane molto.

Ufficialmente, questo programma d'affitto doveva riguardare terre senza proprietario. Doveva inoltre permettere di modernizzare l'agricoltura portando all'Etiopia capitali, tecnologie e valute straniere che avrebbero permesso al paese di svilupparsi. Si punta anche alle ricadute per le comunità rurali. Non è una buona idea?

Andate a dirlo agli abitanti della regione Amhara, del Gambela o dell'Ogaden per citarne soltanto alcuni. Subiscono le estorsioni dell'esercito e delle milizie private che vegliano sulla sicurezza delle grandi aziende agricole delle compagnie private. Questi mercenari fanno posto agli investitori e li proteggono dai movimenti di resistenza. Non esitano a condurre spedizioni punitive nei villaggi commettendo stupri e ogni specie di massacro.

I contadini non dovevano essere ricollocati a migliori condizioni?

Il programma di villagizzazione condotto dal TPLF è ancora peggio di quello che aveva condotto il Derg. La giunta militare aveva voluto spostare le popolazioni colpite dalla carestia e allo stesso tempo, svuotare le regioni dove tuonava la rivolta. L'operazione era stata condotta con una violenza criminale, molte famiglie non sopravvissero al viaggio. Ma il Derg aveva tuttavia lanciato la costruzione di infrastrutture per accogliere gli sfollati e intendeva risolvere il problema della carestia. Con il TPLF, è ancora peggio. Il regime corrotto devia il denaro destinato alla creazione dei villaggi e si accontenta di espropriare i contadini. Li priva delle terre che coltivavano per nutrire la loro famiglia e li abbandona alla loro sorte.


L'Oakland Institute ha così raccolto una serie di prove eloquenti (6). "Le promesse di prodotti alimentari e di altri servizi sociali fatte dal governo non si sono realizzate, dice un contadino del Gambela. Così, la gente ritorna nella propria vecchia fattoria. Il denaro promesso per scuole e cliniche non è arrivato. Nessuna medicina è fornita nelle vecchie cliniche. Il governo riceve denaro dai finanziatori, ma questo non è trasferito alle comunità". Un altro abitante della stessa regione testimonia l'arrivo di Karuturi, una multinazionale indiana: "Il mio villaggio è uno dei più poveri del Gambela. Dietro le nostre capanne c'erano foreste che ci fornivano frutti, medicine e olio. L'albero di karité dà ottimi frutti per l'olio e l'alimentazione. Quando Karuturi è arrivata, abbiamo perso tutti i vantaggi della foresta, poiché ha preso il terreno accanto al villaggio e dissodato tutta la terra. (…) A Karuturi il lavoro è duro e il salario è basso. Le persone iniziano a lavorare alle 8 di mattina e terminano molto tardi, con un'ora di pausa soltanto. Le persone si sono lamentate e hanno richiesto un aumento dei salari. Ma non c'è alcun cambiamento. Molti bambini hanno lasciato la scuola. Karuturi assume minori per lavorare nei campi. (…) Hanno detto: "Ora, faremo di più. Costruiremo scuole, forniremo trattamenti sanitari e tutto ciò che chiedete" Questo per cinque anni, ma nulla di ciò che è stato promesso si è mai realizzato. Non fanno nulla. Ma l'ex vicepresidente ci ha detto: "Se qualcuno si lagna di loro, lo metteremo in prigione". (…) Dopo il raccolto, anziché lasciare raccogliere i resti agli abitanti, vi danno fuoco. Le loro aziende agricole sono protette dalle forze di difesa etiopi. Il bestiame va fin laggiù, ma non gli è permesso pascolare. E poiché il bestiame continuava a brucare, hanno sparso polvere chimica sulle colture. Più di una ventina di bestie sono morte. Sappiamo che il bestiame morirà, ma non abbiamo un'alternativa. (…) Ora, molti investitori vengono dall'estero e dagli altipiani. Non abbiamo informazioni su di loro, ma sappiamo che quando gli investitori aumentano, i nostri problemi aumentano. Ci tolgono la terra e le foreste da cui dipendiamo."

Si parla anche di massacri e di pulizie etniche

Gli Amhara sono stati vittime di questa politica mortale, particolarmente nel sud del paese. Questa tragedia è passata sotto silenzio, ma le statistiche demografiche iniziano a sollevare domande inquietanti. Infatti, secondo l'agenzia centrale di statistica, il numero di Amhara vivo in Etiopia è inferiore di 2,7 milioni rispetto alle ultime proiezioni. Le previsioni sono corrette per le altre nazionalità. Alcune hanno anche superato le cifre previste. Ma per gli Amhara, c'è una differenza difficilmente spiegabile. Ora gli etiopi iniziano a chiedersi dove sono finiti questi 2,7 milioni di Amhara. Sono stati d'altra parte riportate notizie di massacri contro gli Anuak del Gambela nel 2003. Da allora, migliaia di loro hanno trovato rifugio in paesi vicini come il Sudan o il Kenia. Ci sono testimonianze terribili di bambini che hanno visto i loro genitori massacrati sotto i loro occhi. Il governo ha risposto che le testimonianze erano state costruite e che il massacro degli Anuak era stato commesso da altri Anuak. Un profugo, stabilitosi in Kenia, testimonia: "Gli Anuak sono partiti nel 2003-2004, dopo il massacro. Alcuni sono restati per proteggere la terra, affinché non fosse abbandonata. La ricollocazione è stata difficile. Sono stato spostato dalla terra dove i miei antenati vivevano. Sono stato spostato in un nuovo luogo che non è fertile. Per giustificare la ricollocazione, hanno invocato un accesso più facile ai servizi sociali. Ma ciò non si è mai verificato. La gente muore di malattia. Durante il decentramento condotto dai soldati, c'erano omicidi. La gente era torturata e picchiata. (…) Allora le persone hanno preferito partire per raggiungere i propri parenti rifugiati in Kenia. (…) Veniamo da terre fertili. Abitavamo vicino ai fiumi, dove c'era pesce. Ora, siamo stati gettati nel deserto mentre gente venuta dall'estero raccoglie dalle nostre terre."

Nel 2007, il TPLF ha ancora condotto operazioni di pulizia etnica contro i popoli dell'Ogaden, nei villaggi di Fiq, Qoreh, Gode, Dagabur e Werder. Nelle incursioni mortali le truppe di Zenawi hanno massacrato migliaia di contadini e hanno violentato le donne. Ecco la faccia nascosta del programma d'affitto delle terre. Questo programma aumenta la crescita economica etiope e suscita l'ammirazione di numerosi economisti. Come quella del presidente Obama che ha salutato gli sforzi di Zenawi "per alleviare milioni di etiopi dalla povertà". È una vergogna.

Qual è stato l'impatto del modello di Stato sviluppista per l'economia etiope?

Il TPLF voleva trasformare il Tigré nella Singapore dell'Africa. Il governo ha iniziato a privatizzare a tutto spiano per attirare gli investitori stranieri. I capitali sono affluiti e la crescita economica ha effettivamente preso il volo. Ma i banditi del TPLF con nessuna visione per il paese, non hanno creato effetti positivi per gli Etiopi. Al contrario, la corruzione è cresciuta eccezionalmente. Membri e parenti del governo hanno acquisito imprese per un tozzo di pane. Ad Addis-Abeba, generali si sono lanciati nel settore immobiliare. Hanno fatto costruire belle case e complessi residenziali con piscine e campi da tennis. Ma quando comparate le loro buste paga con il valore di questi edifici, la cosa non quadra! In realtà, per il TPLF, Stato sviluppista significa sviluppare le proprie tasche quanto più rapidamente possibile. Poiché sanno che tutti i loro progetti sono falliti e che l'insoddisfazione non cessa di crescere. Mentre la dittatura si crepa da ogni parte, l'arricchimento personale è tutto ciò che resta a questi banditi.

La crescita economica e gli investimenti delle multinazionali dell'agricoltura non hanno impedito che la carestia colpisse nuovamente l'Etiopia. Nell'aprile 2016, l'ONU lanciava un appello per raccogliere 500 milioni di dollari per venire in aiuto all'Etiopia dove dieci milioni di persone dipendono dagli aiuti alimentari e 400.000 bambini sono sull'orlo di una grave malnutrizione. Molti analisti hanno individuato come causa il fenomeno climatico El Nino, che ha reso scarse in modo anomalo le ultime tre stagioni di pioggia.

El Nino, è vento! Quando il TPLF ha preso il potere nel 1991, avrebbe potuto trasformare la sicurezza alimentare in un obiettivo prioritario. Avrebbe potuto investire per modernizzare l'agricoltura, sviluppare le infrastrutture nelle comunità rurali, costruire mezzi d'irrigazione efficaci e costituire stock di prodotti alimentari. Invece di questo, il TPLF ha venduto le migliori terre alle multinazionali che esportano la loro produzione, mentre gli Etiopi muoiono di fame. Non è El Nino il responsabile. È il TPLF che uccide l'Etiopia. La siccità è un fenomeno naturale, non la carestia.
Mentre la crescita economica ha raggiunto il record in questi ultimi anni e si parla del miracolo etiope, il paese resta in fondo alla classifica dell'Indice di Sviluppo Umano, al 176° posto; e l'aiuto allo sviluppo è raddoppiato dal 2004, per raggiungere i 3,8 miliardi di dollari l'anno scorso, trasformando l'Etiopia nel quinto paese beneficiario al mondo. Contrasto strano, no?

Le ONG sono numerose in Etiopia. Il loro lavoro permette di limitare i danni?

L'Etiopia è diventata completamente dipendente dalle ONG. Ma l'efficacia di queste associazioni è molto relativa. John Markakis spiega come, all'inizio degli anni 2000, i principali organismi di finanziamento, come la Banca mondiale, USAID o FAO, si sono interessati ai metodi tradizionali degli allevatori nomadi. Per ragioni ambientali legate all'eccessivo sfruttamento degli alimenti, questi organismi si sono messi a difendere la causa degli allevatori nomadi con "lo zelo del convertito". Le grandi organizzazioni hanno iniziato a finanziare grandi quantità di programmi. Le ONG si sono moltiplicate come funghi. Ma con molti pochi risultati alla fine, per i principali interessati. "Una caratteristica del lavoro delle ONG, è la mancanza di continuità, nota John Markakis. Il discorso delle ONG è imballato con un'antologia di concetti che pretende di garantire "la durata", "la proprietà collettiva", "l'autonomizzazione dei beneficiari", "i progetti partecipativi" e altre cose che coinvolgono le comunità e i governi locali dovrebbero farsi carico del mantenimento del progetto dopo la partenza delle ONG. In verità, malgrado l'accento messo sull'uso intensivo delle tecnologie intermedie, i costi di un progetto medio di una ONG superano le capacità tecniche e finanziarie delle comunità e dei governi locali. I progetti degli ONG hanno una durata di vita limitata. Quando il denaro cessa di affluire, svaniscono". (7)

Ci si può inoltre interrogare sulla necessità delle ONG occidentali di operare in Africa per compiere operazioni di base che gli stati dovrebbero poi ampliare. Il continente africano è il più ricco del mondo. Perché occorre contare su benefattori stranieri per costruire scuole, cliniche o pozzi? Altrove i governi ampliano queste missioni. I paesi africani mancano di mezzi? No. Al contrario, questo continente abbonda di ricchezze. Ma da secoli cadono nelle mani delle potenze imperialiste. Quale ironia! Le ricchezze dell'Africa partono verso l'occidente e in cambio, l'occidente invia le sue ONG per aiutare i poveri africani. È tempo di permettere all'Africa di disporre in modo sovrano delle proprie ricchezze.

Corruzione, povertà, carestia, massacri… Il governo etiope non fa tutti felici. Come si organizza l'opposizione?

Con difficoltà. Inizialmente perché il TPLF devia gli aiuti allo sviluppo per comperare gli enti locali e rafforzare la repressione. La situazione è terribile, tanto che i movimenti di protesta incontrano difficoltà enormi. Nell'aprile 2001 ad esempio, migliaia di studenti hanno manifestato nella capitale Addis-Abeba. I diseredati si sono uniti al movimento in massa. La manifestazione è degenerata in sommossa e la polizia è intervenuta uccidendo decine di persone. Centinaia sono stati feriti. Molte migliaia di dimostranti sono stati fermati, fra cui studenti, insegnanti e membri dell'opposizione. Zenawi si è visto anche offrire nuovi mezzi per reprimere la contestazione dopo l'11 settembre. L'Etiopia ha così approfittato degli attentati del World Trade Center per porsi come un partner di riferimento nella lotta contro il terrorismo in Africa orientale. L'aiuto militare degli Stati Uniti all'Etiopia è del resto aumentato di diciassette volte tra il 2001 e il 2004. Riconoscente, l'esercito etiope ha invaso la Somalia per combattere i ribelli islamici. Il TPLF ha anche accolto una base militare al sud della capitale, da cui decollavano i droni di Obama. Gli Stati Uniti hanno annunciato la chiusura di questa base alcuni mesi fa. Ma conserveranno una presenza significativa con distaccamenti militari in molte regioni, con un campo d'aviazione che permette agli aerei del Pentagono di decollare per condurre incursioni in Somalia.

La dote dello Zio Sam tuttavia, non è soltanto destinata a combattere gli islamici nel Corno d'Africa. Il TPLF la utilizza anche per reprimere l'opposizione in Etiopia. Ha del resto fatto passare leggi liberticide per lottare contro il terrorismo. Ma è soltanto un pretesto per schiacciare ogni forma di contestazione. In modo che numerosi giornalisti e oppositori politici marciscano nelle carceri etiopi. Ciò permette al TPLF, attraverso la coalizione del EPRDF, di mettere il catenaccio al sistema e vincere ogni elezione con punteggi grotteschi. Solo di recente, il portavoce di un partito d'opposizione è stato imprigionato in base alle leggi anti-terrorismo. Yonatan Tesfaye aveva criticato sulla sua pagina Facebook il modo in cui il governo reprimeva le proteste nella regione Oromo. È stato accusato di incitamento ad atti terroristici.

Il governo devia dunque il suo arsenale anti-terrorismo contro l'opposizione politica?

Esattamente. Ne approfitto del resto per richiamare l'attenzione dei nostri amici occidentali sul clima ultra-securitario che si è instaurato in Francia, in Belgio e altrove. Occorre prendere coscienza del rischio di vedere deviate le misure anti-terroriste anche in occidente. Inizialmente perché questi governi continuano ad alimentare il terreno geopolitico e sociale sul quale il terrorismo si sviluppa. A che pro uno stato di emergenza, se Hollande e Valls continuano a vendere armi all'Arabia Saudita, a bombardare la Siria e rendere marginale tutta una parte della popolazione? In seguito, questi governi persevereranno nella loro politica di austerità con, per conseguenza probabile, un inasprimento dei movimenti di protesta. Senza porre fine al terrorismo e mentre la rabbia sociale rimbomba, i governi occidentali dunque si troveranno con un apparato securitario completamento rafforzato. Vedete la scena? Le popolazioni occidentali dovrebbero mobilitarsi, prima che sia troppo tardi.

Ritorniamo all'Etiopia. Spiegavi che con l'etno-federalismo, il TPLF aveva applicato buona parte della ricetta coloniale: dividere per regnare. Quali sono state le conseguenze sull'opposizione politica?

La maggior parte dei movimenti d'opposizione si è sviluppata su basi etniche. Il problema non è nuovo. Poiché i diversi regimi etiopi che si sono succeduti sono stati incapaci di applicare il principio d'uguaglianza delle nazionalità, i movimenti di resistenza sono apparsi con rivendicazioni regionali ed etniche. Ma il fenomeno ha preso un'ampiezza ancora più importante con il federalismo del TPLF. Esistono tuttavia partiti multietnici che difendono l'unità etiope, come Ginbot 7. Ma questi diversi movimenti faticano a collaborare reciprocamente. Sono multietnici sulla carta. Nei fatti, le divisioni sono così tanto importanti che ciascuno prova a tirare la coperta verso di sé. L'opposizione etiope ha bisogno di discussioni aperte e di dibattiti per raggiungere compromessi e stabilire una fiducia tra i suoi vari attori. È ciò che provo a costruire da molti anni moltiplicando i contatti con i vari gruppi. Poiché il rischio è di vedere l'Etiopia scomparire con la dittatura del TPLF. La fine del regime potrebbe comportare lo smembramento del paese, se i movimenti d'opposizione continuano a predicare solo per la loro parrocchia. L'Etiopia è tuttavia un paese bellissimo, che dispone di tutte le risorse necessarie perché ciascuno vi trovi il suo posto. Questo deve passare attraverso lo sviluppo di uno Stato realmente democratico. L'agonia del TPLF offre quest'opportunità. Ma se i movimenti d'opposizione non si collegano, assisteremo alla balcanizzazione dell'Etiopia. Cioè la divisione del paese in una serie di piccoli stati autonomi. E ciò sarà realizzato certamente nel dolore.

Ci sono anche rischi di vedere la Comunità Tigrè presa di mira?

Sì, poiché il sentimento anti Tigré è diventato molto forte. Infatti, i quadri del TPLF si sono assegnati i posti più importanti nell'ambito dell'apparato di Stato. La privatizzazione dell'economia ha permesso ai loro membri corrotti di arricchirsi. Nell'esercito l'egemonia del TPLF è anche qui manifesta. La mancanza di diversità è ancora più evidente che negli eserciti di Sélassié o di Mènghistu. Delle dieci più alte cariche militari dell'esercito a livello nazionale, nove sono Tigré. Fra i ventidue capi di divisione dell'esercito, tredici sono Tigré. E se ne trovano dieci su tredici fra i comandanti dei centri d'addestramento militare. Riassumendo, l'esercito etiope conta sessantaquattro generali. Quarantanove di loro sono Tigré. Il Dr. Berhanu Balcha, membro dell'ufficio scandinavo della rete degli universitari etiopici, entra in collisione bruscamente sfidando la morsa del TPLF: "Secondo i principi della sua stessa ideologia sulla giusta ed uguale rappresentazione dei gruppi etnici, il TPLF, che rappresenta la provincia del Tigrè con il 6% della popolazione etiope, avrebbe dovuto assumere un ruolo minoritario. Sempre che la sua intenzione non fosse di imporre l'egemonia di una minoranza etnica attraverso il federalismo etnico. Siccome ha agito all'opposto delle regole del gioco, il TPLF opera come uno strumento di coercizione e di dominio, piuttosto che operare per l'uguaglianza e la libertà. (…) La composizione etnico-federale dell'Etiopia è stata caratterizzata da un monopolio economico, una sovranità militare e dalla soppressione brutale dei diritti della maggioranza del popolo etiope da parte del TPLF. In breve, il progetto di federalismo etnico in Etiopia è diventato un mezzo per l'esecuzione e la protezione della posizione egemonica della minuscola minoranza dell'elite Tigrè, che ha cercato di avere il dominio sulle risorse che lo Stato etiope controlla e genera". (8)

Il risentimento contro il Tigrè è dunque importante. Tuttavia, l'elite corrotta del TPLF è lungi da rappresentare l'insieme della popolazione Tigrè. Al contrario, gli abitanti di questa regione sono tanto vittime del TPLF, che del resto degli etiopi. Sovvertendo Mènghistu, il Fronte Popolare di Liberazione del Tigrè aveva promesso di migliorare il tenore di vita in questa regione fra le più povere di Etiopia. Ma tutti i progetti di Zenawi si sono rovesciati. Oggi, i quadri del TPLF pensano soltanto a riempirsi le tasche. Avevano promesso la sicurezza alimentare per la loro regione. Dicevano: "l'industria è il futuro del Tigrè". Volevano costruire una linea ferroviaria strategica tra Ualdia, un importante centro commerciale della regione Amhara e Macallè, la capitale del Tigrè. Nulla di tutto ciò è stato fatto. Circa un milione di originari del Tigrè dipendono sempre dagli aiuti alimentari, mentre i quadri del TPLF mettono il loro denaro in paradisi fiscali. In realtà, il popolo del Tigrè è doppiamente vittima. Subisce la dittatura del TPLF e resta confinato nella miseria come tutti gli altri etiopi. Ma deve anche confrontarsi con la rabbia nei suoi confronti di altre nazionalità.

La situazione è tale che giovani ufficiali che erano membri del TPLF hanno creato la loro organizzazione, il Movimento Democratico del Popolo del Tigrè (TPDM). Quando chiedete loro perché se ne sono andati mentre i loro fratelli sono al potere, vi rispondono: "Ci battiamo per due cose: 1. Per riconciliare il popolo del Tigrè con il resto dell'Etiopia. Perché il TPLF ha deviato la nostra lotta nonostante tutti i sacrifici che abbiamo fatto. Hanno creato un antagonismo tra i Tigrè e gli altri Etiopi commettendo crimini nel nostro nome. Il solo modo per gli Etiopi di conoscere la verità è di combattere il TPLF; 2. Costruire una relazione stabile e amichevole con l'Eritrea. Il TPLF ha voluto invaderli, ma gli Eritrei sono i nostri vicini e non abbiamo alcuna ragione di ucciderci a vicenda".

L'anno scorso, sono scoppiate delle rivolte nelle regioni Oromo e Amhara, prima di diffondersi nel resto del paese. Prima di queste, erano stati i musulmani dell'Etiopia a far sentire la loro rabbia con manifestazioni clamorose, tra il 2011 e il 2013. Quali erano le loro rivendicazioni?

Protestavano contro l'ingerenza del TPLF nelle elezioni al Consiglio supremo degli affari islamici, l'organo ufficiale di rappresentazione dei musulmani in Etiopia. Dall'inizio del 2012, la comunità musulmana di Addis-Abeba ha iniziato a manifestare in modo pacifico per denunciare le manovre del TPLF. Ma il 13 luglio, dei poliziotti hanno fatto irruzione nella moschea di Awalia, nel nord-ovest della capitale. Hanno picchiato uomini e donne e hanno proceduto agli arresti nella moschea stessa. Dopo quest'incidente, il movimento di contestazione ha preso ampiezza. La repressione è diventata sempre più forte: arresto massiccio di dimostranti, di giornalisti e di rappresentanti religiosi; percosse e torture… Queste violenze sono state denunciate da associazioni come Amnesty International.

(continua)

Note

4. Meles Zenawi est mort, premier ministre éthiopien, su Huffington Post, 21 agosto 2012.

5. Markakis, ibid.

6. Vedi We Say the Land is Not Yours (2015) su oaklandinstitute.org

7. Markakis, ibid.

8. Berhanu Balcha, A minority domination and ethnic federalism in Ethiopia, 2009. Consultabile in linea su ethiomedia.com


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