www.resistenze.org - popoli resistenti - francia - 17-09-18 - n. 682

Imprevisti della crisi politica: il capitalismo rimesso in discussione!

Partito Comunista Rivoluzionario di Francia (PCRF) | pcrf-ic.fr
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

08/09/2018

Scelto per tentare di risolvere la crisi politica che il paese sta attraversando dalla fine del XX secolo, Macron, dopo un anno all'Eliseo, sembra piuttosto aver gettato benzina sul fuoco! L'estate torrida che abbiamo vissuto è stata in effetti molto calda per la presidenza.

Ma torniamo alla crisi politica: è una situazione segnata dall'incapacità dei rappresentanti della classe dominante di governare come prima e del rifiuto delle classi dominate di essere governate come prima. Inoltre, tutti i referenti politici delle differenti classi sociali, diverse dalla borghesia monopolista, sono svaniti negli ultimi 35 anni, rendendo impossibile ogni tipo di consenso: la classe operaia ha perso il partito con la capitolazione della direzione del PCF (senza trascurare l'impatto del collasso del campo socialista, ove anche lì i dirigenti hanno tradito la loro classe); l'aristocrazia operaia, i ceti medi salariati, parte della piccola borghesia, hanno perso ogni fiducia nella socialdemocrazia, la cui politica è stata contrassegnata non solo dal mancato rispetto del suo programma e delle sue promesse (una costante dal 1914...), ma anche dal fatto che è stata lei a lanciare per la borghesia monopolista l'offensiva contro la classe operaia, attaccando conquiste sociali, servizi pubblici, diritto del lavoro, settore pubblico, ecc.

Questa socialdemocrazia è d'altra parte il cerbero dell'Unione europea, mentre, timidamente, si fa strada la consapevolezza che l'UE rappresenti un ostacolo alla soddisfazione dei bisogni delle masse. Ai loro occhi, la socialdemocrazia non è più "riformista". Persegue la stessa politica della destra, anzi, ne è persino l'avanguardia!

Infine, gli scandali di corruzione che colpiscono uomini e donne del suo apparato politico hanno accentuato la sfiducia degli strati popolari tradizionalmente favorevoli al riformismo.

Dall'altra parte dello spettro politico borghese, la massa della piccola e media borghesia, persino alcuni settori della grande borghesia e dell'oligarchia finanziaria, sono altrettanto insoddisfatti che la "destra della sinistra" faccia la stessa politica della "sinistra della destra"! Perché in definitiva, senza offesa per i sofisti, hanno lo stesso impatto sociale, con solo poche differenze marginali! E' inoltre volontà della borghesia monopolista e dell'oligarchia finanziaria, attraverso l'UE, dove tutti questi signori lavorano alla stessa causa, abbassare il prezzo della forza lavoro, fare in modo che la crisi del sistema capitalista venga pagata dai lavoratori (al di là della classe operaia) e creare le condizioni per aumentare i profitti e assicurare l'accumulazione di capitale.

Questo è il motivo per cui stiamo assistendo all'aumento dell'astensione (compresi i voti bianchi e nulli), così come a quelle forme politiche nuove, in modo che il quadro politico ristrutturato offra alle varie classi e strati sociali l'illusione di essere rappresentati: è la crescita relativa di Marine Le Pen all'estrema destra, quella di Mélenchon e di La France Insoumise (non il Parti de Gauche in quanto tale) verso l'elettorato di "sinistra" (incluso il PCF, incapace di qualsiasi autonomia), e quella di Macron con La République en Marche.

Dalle colonne di Intervention Communiste, abbiamo dimostrato che Macron è stato fin dall'inizio l'uomo della borghesia monopolista, la quale scommetteva sulla sua giovinezza (il "rinnovamento" contro il "vecchio"), sulla sua ideologia radicata nella tradizione dell'estrema destra francese (anti-parlamentarismo, culto del capo, elitismo, ostilità verso la laicità, "né destra né sinistra") e il suo programma politico ultra-reazionario (Unione europea, selvaggia messa in discussione dell'insieme delle conquiste sociali, riforma costituzionale a beneficio dell'esecutivo, politica di accrescimento delle ricchezze, politica estera bellicista). Ha unito il capitalismo verde e ovviamente la condanna senza compromessi della corruzione politica (di nuovo un tema dell'estrema destra se non mettiamo in discussione la causa, vale a dire il capitalismo).

Quattordici mesi dopo, se da una parte è chiaro che l'offensiva anti-operaia abbia segnato punti (e non possiamo dimenticare che l'invito di alcuni a votare per Macron nel secondo turno non ha aiutato a chiarire le coscienze), dall'altra vediamo un esecutivo in difficoltà, sebbene abbia una maggioranza parlamentare eccezionale e sembri non trovare alcun ostacolo di fronte a sé. Il suo calo di popolarità è unico nella storia della Quinta Repubblica e il rifiuto della sua politica raggiunge nuove vette: i ferrovieri hanno ricevuto il sostegno dell'opinione pubblica, la Legge sul Lavoro non ha convinto, i regali ai ricchi e ai monopoli sono tanto più scioccanti quanto più attaccano il tenore di vita dei pensionati, dei bassi salari e i minimi sociali.

Ma la crisi politica torna alla ribalta, con gli scandali che diventano più numerosi di quelli di Sarkozy e Hollande, al punto che ci si può interrogare se non siano segnali lanciati da alcune frazioni monopoliste scontente. Avevamo denunciato qui i rapporti incestuosi tra i ministri e il mondo familiare dei "loro affari": il ministro della Sanità e dell'industria farmaceutica, quello delle Forze armate e dell'industria di armamenti, Richard Ferrand e i favoritismi clientelari alla moglie, Nicolas Hulot e i suoi affari "verdi"... E brutalmente, le cose sono sembrate incartarsi. Sulla corruzione, in primo luogo con Muriel Péricaud posto sotto status di "testimone assistito" [nel diritto francese, status intermedio tra semplice testimone e indagato, ndt] per aver affidato all'agenzia Havas l'organizzazione di una serata mondana a Las Vegas per il ministro Macron (300.000 €) senza evidenza pubblica; poi quello di una campagna pubblicitaria senza gara d'appalto sempre per Havas, del cui amministratore delegato era molto amico. Poi è scoppiato il caso Kohler, il segretario generale dell'Eliseo, che alla direzione dei cantieri Saint Nazaire ha votato per attribuire degli appalti a una società di proprietà... della sua famiglia (cosa che aveva già fatto quando era alla direzione del porto di Le Havre). Poi l'affare Nyssen, la regina della cultura mercantile, che non ha dichiarato le imposte per lavori immobiliari e si è appoggiata ai permessi edilizi concessi quando conduceva Actes Sud.

È il marciume del sistema borghese che riaffiora dietro discorsi sul "nuovo mondo che rimpiazzerebbe il vecchio": cambiare la tinta non rende i muri meno marci! Né destra né sinistra, ma in tasca!

Ma il clou è l'affare Benalla! In primo luogo si conferma che, il 1° maggio a Parigi, c'è stata effettivamente una provocazione di Stato. Un personaggio Benalla responsabile dei servizi di sicurezza del Presidente, si trova, in uniforme "ufficiale", sul luogo di disordini lontani dalla manifestazione senza essere stato inviato dal suo capo, cioè dal Presidente della Repubblica. Che si trovi lì per eccesso di zelo è possibile (forse non gli è stato chiesto di colpire i passanti), ma la sua presenza non è stata una scelta puramente personale. Tanto più che il personaggio non è un funzionario di polizia, ma ha un contratto di diritto privato (come Foccart ai sui tempi, fondatore del SAC [Service d'action civique] – centro di polizia parallela alle guardie del corpo - sotto De Gaulle e Pompidou), e che le sue responsabilità all'Eliseo sono rivolte a creare un servizio di sicurezza privato sotto il controllo della presidenza.

Il caso sottolinea ciò che abbiamo detto sul profilo di estrema destra del Presidente: quest'ultimo non si preoccupa della legalità borghese (in Francia, le questioni relative alla sicurezza dello Stato sono di responsabilità esclusiva dei funzionari dei ministeri degli Interni e delle Forze armate). La reazione del pubblico è stata esacerbata dal discorso presidenziale ai parlamentari di LREM [La République en Marche] alla casa dell'America Latina, discorso stranamente simile a quello di Mussolini dopo l'assassinio di Matteotti! Lo scandalo è tale da bloccare l'esame della riforma costituzionale, forse rinviata alle calende greche.

In questo clima funesto, le dimissioni di Nicolas Hulot paiono come l'emergere di una crepa nel blocco sociale che ha portato Macron all'Eliseo. Ovviamente, il capitalismo verde non è più una priorità politica, ma un semplice gadget comunicativo. Hulot ha visto la sua immagine deteriorarsi a grande velocità. Ci sia permesso di sorridere sul motivo avanzato: la presenza di un lobbista non invitato a una riunione sulla caccia. Leggi contro i lavoratori, regali fiscali a società e persone facoltose, l'annuncio di nuove leggi antisociali, leggi liberticide, i bombardamenti ai quattro angoli del mondo, la priorità dei trasporti su strada, hanno lasciato imperturbabile l'azionista di Ushuaia [Foundation, dal 1995 Fondazione Nicolas-Hulot per la natura e l'uomo, ndt]. Ma il lobbista non invitato, questo no! Si dice che i topi abbandonano la nave che affonda...

Resta il fatto che la classe operaia deve essere vigile: la socialdemocrazia cerca di ricomporsi (e in apparenza, se esaminiamo il discorso di Mélenchon a Marsiglia e gli inviti rivolti agli uni e agli altri a preparare le [elezioni] europee, con l'incoraggiamento del PCF).

Macron ha annunciato che riprenderà la sua offensiva antioperaia (compresa la liquidazione del sistema pensionistico basato sul salario differito) e che aumenterà la pressione sui pensionati e su alcune prestazioni sociali. Nelle settimane a venire vedremo nuove lotte. Spetta ai lavoratori imporre che il movimento sindacale abbia un atteggiamento di fermezza, di presa in mano dell'organizzazione della lotta per far convergere il malcontento, le azioni rivendicative, per l'organizzazione di giornate di sciopero generale come punto culminante di azioni molteplici per rafforzare l'unità della classe operaia e approfittare del fatto che il potere si rivela avere dei piedi di argilla.

Ciò comporta l'estensione della democrazia proletaria, sia nell'azione che nella preparazione del congresso della CGT. È in questo modo che attaccheremo realmente il capitale, al contrario delle manovre socialdemocratiche che possono portare solo a nuove delusioni e rancori. Non abbiamo bisogno di un Lula o di uno Tsipras; ciò di cui abbiamo bisogno è la costituzione di una vasta alleanza sociale dietro la classe operaia, che attaccherà il potere dei monopoli e ne causerà il rovesciamento. Questo è il modo di lavorare per la rivoluzione. Ciò richiede la ricostruzione del Partito comunista e il rafforzamento della presenza del Partito Comunista Rivoluzionario di Francia.


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