www.resistenze.org - popoli resistenti - francia - 17-02-23 - n. 857

La pericolosa illusione di una diversa distribuzione della ricchezza

P.R. Comunisti | sitecommunistes.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

02/02/2023

Lo slogan di una diversa distribuzione della ricchezza è oggi molto in voga e lo si sente spesso usare da un gran numero di leader politici e sindacali dall'ampio spettro politico. Anche Sarkozy a suo tempo lo aveva sostenuto.

Intervenendo al programma "Face à la crise" del 5 febbraio 2009, parlando in particolare della ripartizione del valore, Sarkozy notava un "sentimento di grande ingiustizia" dovuto alla "sottrazione di profitti da parte degli azionisti", prevedendo una distribuzione equa tra dipendenti, azionisti e investimenti. Questa affermazione aveva almeno il pregio della chiarezza, poiché il sistema di sfruttamento capitalistico del lavoro salariato non veniva in alcun modo messo in discussione.
Il sindacalismo, qualunque cosa sia, non è al di fuori delle correnti ideologiche, delle correnti dominanti, della battaglia ideologica che attraversa la società... e le idee dominanti nella società sono ben lontane dall'essere basate su una percezione della lotta di classe. "Le idee dominanti sono quelle della classe dominante", diceva Marx.

Il concetto di condivisione della ricchezza è una degli strumenti più pericolosi nell'arsenale ideologico del Grande Capitale, per due motivi. In primo luogo, ha gradualmente sostituito l'idea rivoluzionaria dell'appropriazione da parte dei lavoratori dei mezzi di produzione e di scambio. E' sparita la socializzazione di questi mezzi. E' sparita anche la domanda così inquietante per il Capitale: "Chi è il proprietario?". In secondo luogo, si tratta di una gigantesca illusione. La classe capitalista non vuole condividere la ricchezza, anzi non può, a causa della caduta tendenziale del tasso di profitto. Tra il 1960 e il 2019, il tasso di profitto è sceso dal 10% a poco più del 6,5%, con un massimo nel 1967 e un minimo nel 2009, mentre il 2019 è stato il secondo anno più basso. Con questo concetto, abbiamo a che fare con una richiesta minima, un compromesso, per così dire. Ma la storia degli ultimi trent'anni, quando, dopo la fine dei Paesi socialisti d'Europa, era di moda smettere di parlare di rivoluzione, dimostra che nessuna richiesta minima è stata raggiunta, nessun compromesso è stato ottenuto, abbiamo sperimentato la rapida erosione di tutte le conquiste sociali, senza vedere l'ombra del quarto della metà di una quota di ricchezza.

Così, questo concetto della condivisione della ricchezza, che è in gran parte al centro dell'ideologia trasmessa dai sindacati riformisti, dalla CFDT alla CFTC, passando per la CFE-CGC e l'UNSA, si trova nel preambolo del documento di orientamento per la preparazione del 53° Congresso della CGT. E' significativo perché un preambolo è sempre lo specchio di una politica, portatore del significato politico su cui si basano i testi che precede. Dal primo paragrafo di questo preambolo, viene fissato un obiettivo di "trasformazione sociale" con lo scopo di "un'altra distribuzione della ricchezza" e "una società più equa". La trasformazione sociale di per sé non implica una trasformazione politica ed economica, e non comporta un cambiamento delle basi su cui si fonda l'attuale sistema economico, ossia il sistema di sfruttamento capitalistico del lavoro salariato, soprattutto perché associato a "un'altra distribuzione della ricchezza" e a "una società più equa" significherebbe che la trasformazione sociale sarebbe costruita su basi di condivisione, quindi di sviluppo del capitale in un ordine considerato giusto.

Ma cos'è un ordine giusto? È il giusto posto attribuito a ciascuna delle componenti della società, che contribuiscono alla società, che ci riporta a una visione che nega gli antagonismi di classe, che associa capitale e lavoro. L'ordine giusto ci riporta a concezioni di concordia e armonia, con ognuno che ha il posto che gli spetta contribuendo al bene comune; e il bene comune è portato dal preambolo; la trasformazione della società (paragrafo 9) richiede un'azione per il "bene comune" (paragrafo 10). Salvo che il bene comune non è il bene pubblico. Nel bene comune, il termine comune designa una realtà condivisa da tutti, indipendentemente dall'organizzazione della società in classi antagoniste. È l'associazione di capitale e lavoro! Il bene pubblico, invece, designa una realtà che dipende dal potere politico, da uno Stato che coinvolge gli individui che compongono la società senza che condividano le stesse concezioni, senza che siano un corpo unico.

Questa nozione di bene comune ci riporta alla nozione di responsabilità sociale dell'impresa (Robert Owen XIX secolo (1)) ci riporta a un sistema di produzione capitalista senza l'esistenza di un proletariato, quindi di una base rivoluzionaria. Queste sono le tesi di Proudhon, fortemente osteggiate da Marx (2) che, al contrario, dall'analisi del modo di produzione capitalista, mostra la costituzione di una classe di proletari - coloro che hanno solo la loro forza lavoro da vendere - fondamentalmente antagonista alla classe capitalista, una classe di proletari in grado di porre fine al sistema di sfruttamento dell'Uomo da parte dell'Uomo, perché non ha da perdere che le sue catene.

La questione posta è quindi quella della scelta tra la corrente socialdemocratica, che intende correggere marginalmente i misfatti del capitalismo, e la corrente rivoluzionaria, che intende organizzare la lotta per le richieste immediate senza perdere di vista l'abolizione del sistema salariale e dei padroni attraverso la lotta di classe. Qualche anno fa, abbiamo scritto e pubblicato un opuscolo su tale questione (3) .

Questa frattura è sempre stata presente nel movimento operaio, ma si è acuita dopo la scomparsa dei Paesi socialisti d'Europa: sindacalismo di classe o gestione e compromesso?

L'esistenza di sindacati rivoluzionari è fondamentale per coloro che vogliono porre fine al vecchio mondo capitalista e costruire il socialismo. Nel corso della nostra storia, è nella CGT, ad eccezione degli anni dal 1921 al 1935 con la CGTU, che si sono ritrovati i sindacalisti della lotta di classe. Anche questo formidabile strumento si trova oggi a un bivio: il suo futuro è di grande interesse per i militanti del Partito Rivoluzionario Comunisti.

La questione che si pone a tutti noi è quindi quella dell'orientamento: condivisione della ricchezza o lotta di classe!

Questo rivela, per quanto riguarda la leadership della CGT, in ogni caso, un cambiamento di paradigma abilmente organizzato dal 1995, quando, al momento del congresso confederale, il concetto di sindacalismo unitario ha sostituito quello di socializzazione dei mezzi di produzione. Questo concetto è centrale. Infatti, di fronte all'appropriazione privata del valore prodotto da un lavoro sempre più sociale, non ci può essere un cambiamento rivoluzionario nella società senza porre fine alla proprietà privata dei principali mezzi di produzione e di scambio e senza il potere politico nelle mani della classe dei produttori.

La logica di un orientamento che mira a condividere la ricchezza porta all'idea di un sindacalismo unito delle grandi confederazioni sindacali. Questo sindacalismo, voltando le spalle alla lotta di classe, sarebbe anche una soluzione alla difficoltà di condurre lotte su larga scala. Questo ovviamente ha una forte tendenza verso un orientamento sempre più marcato dalle organizzazioni di collaborazione di classe, quindi verso un allineamento alle richieste più basse e un atteggiamento attendista, come accade oggi con la questione delle pensioni, Le confederazioni, pur ricordando la loro opposizione al rinvio dell'età pensionabile a 65 anni, lasciano che siano Governo e padronato a stabilire il ritmo e ad aprire la strada a tutte le manovre in un dare e avere tanto caro alla CFDT, con cui i lavoratori sono sistematicamente i perdenti, come nel 2003 e nel 2010 per quanto riguarda le pensioni.

La scomparsa dei Paesi socialisti, e in primo luogo dell'URSS, ha alterato notevolmente l'equilibrio di potere su scala internazionale. Oggi il capitalismo, nella sua forma imperialista moderna, domina il mondo e le conseguenze per i popoli si misurano ogni giorno. La domanda diventa allora: il capitalismo è la conclusione della storia! Se è così, non resta che umanizzarlo. Non siamo più in un confronto di classe. Non ci sarà più il sindacalismo di classe, il sindacalismo riformista o il sindacalismo collaborazionista di classe. Ci sarebbe il sindacalismo nel suo complesso e i padroni. L'orientamento di classe non sarebbe più rilevante e la CGT dovrebbe rinunciare a organizzare azioni da sola.

Sindacalismo di classe: una necessità urgente

Questo dibattito non passa solo attraverso la CGT, ma è molto presente. Sindacalismo di compromesso con la CFDT... il padronato e il governo, ricerca di alleanze scellerate con Greenpeace, attaccamento all'umanizzazione del capitalismo o sindacalismo di lotta di classe per respingere le pretese dei padroni e lottare per abbattere il capitalismo? Si tratta di una scelta fondamentale per tutti i salariati di questo Paese. La nostra è quella della lotta di classe per abbattere il capitalismo e costruire il socialismo!

Note:

1) Robert Owen, né le 14 mai 1771 à Newtown et mort le 17 novembre 1858 dans la même ville, est un entrepreneur et théoricien socialiste britannique. Ses idées et ses réalisations ont inspiré un courant «socialiste utopique» baptisé «owenisme», influent durant la première moitié du XIXᵉ siècle.

2) http://www.cuem.info/?page_id=795
"C'est dans cette critique contre Proudhon que Marx développe pour la première fois l'idée du matérialisme historique.
Que dit donc Proudhon ? Tout d'abord, observons qu'il rejette la dialectique hégélienne (thèse, antithèse, synthèse) ; pour lui, «La formule hégélienne n'est une triade que par le bon plaisir ou l'erreur du maître, qui compte trois termes là où il n'y en existe véritablement que deux, et qui n'a pas vu que l'antinomie ne se résout point, mais qu'elle indique une oscillation ou antagonisme susceptible seulement d'équilibre». Proudhon en tire la conclusion suivante : «Pour que le pouvoir social agisse dans sa plénitude il faut que les forces en question dont il se compose soient en équilibre... Cet équilibre doit résulter du balancement des forces agissant les unes sur les autres en toute liberté et se faisant mutuellement équation».
C'est là une magnifique définition de la collaboration de classe. À aucun moment, la question d'en finir avec le système d'exploitation capitaliste n'est posée ! Marx ne se prive pas de classer Proudhon parmi les «socialistes bourgeois». Il les définit ainsi : «Les socialistes bourgeois veulent les conditions de la société moderne sans les luttes et les dangers qui en découlent nécessairement ; ils veulent la société actuelle après l'élimination des éléments qui la révolutionnent et la désagrègent. Ils veulent la bourgeoisie sans le prolétariat... Ils s'efforcent de dégoûter la classe ouvrière de tout mouvement révolutionnaire». Ainsi, si le petit bourgeois Proudhon opte pour le soutien mutuel des termes antagonistes, la classe ouvrière et la bourgeoisie, Marx et Engels eux optent pour la solution révolutionnaire, c'est à dire l'expropriation du capital. Ainsi, dans la critique des positions de Proudhon est posée clairement l'alternative fondamentale entre collaboration et lutte de classe".

https://www.sitecommunistes.org/index.php/publications/documents/1169-syndicalisme-et-lutte-de-classe


Resistenze.org     
Sostieni Resistenze.org.
Fai una donazione al Centro di Cultura e Documentazione Popolare.

Support Resistenze.org.
Make a donation to Centro di Cultura e Documentazione Popolare.