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Attraverso le lotte, cambiare bussola!

Partito Comunista Rivoluzionario di Francia (PCRF) | pcrf-ic.fr
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

10/12/2023

Il 16 ottobre 2023, mentre migliaia di civili a Gaza morivano sotto le bombe israeliane, Emmanuel Macron si è rifiutato di votare a favore di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU che chiedeva un cessate il fuoco umanitario, confermando così il "sostegno incondizionato" della Francia a Israele, espresso il giorno dopo il 7 ottobre. Tre settimane dopo, parlando alla BBC, lo stesso Macron ha invitato lo Stato ebraico a "smettere di uccidere i civili a Gaza" e il 2 dicembre, a Dubai, ha alzato la voce, arrivando a criticare la strategia di distruzione di massa e permanente perseguita dal governo Netanyahu e chiedendo di "raddoppiare gli sforzi per raggiungere un cessate il fuoco duraturo".

Come si spiega questa apparente inversione di rotta del Presidente francese?

Ha forse un problema di orientamento nella sua politica estera? La risposta del PCRF a questa domanda è che, al contrario, la bussola dello Stato francese punta sempre nella stessa direzione, anche quando la voce del suo rappresentante Macron appare mutevole: nell'interesse dei monopoli e dell'oligarchia finanziaria.

Per non lasciarci disorientare dalle frasi ambigue e dai cambi di direzione del governo Borne-Macron, noi comunisti basiamo la nostra analisi politica su un esame concreto e approfondito delle condizioni economiche oggettive in cui viene presa una determinata posizione: dove sono le imprese francesi, cosa fanno, cosa cercano di ottenere, con quale modo di produzione, con quali forze produttive, con quali obiettivi a breve e a lungo termine...? Tutte queste ricerche ci aiutano a comprendere meglio la coerenza delle politiche perseguite dal nostro imperialismo, sia a livello internazionale che nazionale.

Così, ad esempio, per tornare alle dichiarazioni di Macron sulla situazione a Gaza, uno studio dei monopoli e dei capitali coinvolti spiega il doppio discorso: la Francia ha sia aziende in Israele sia numerosi contratti con i Paesi del Medio Oriente, da cui il relativo timore che un conflitto duraturo, o addirittura esteso alla regione, che potrebbe danneggiare alcuni profitti realizzati nella suddetta regione.

In politica interna, lo stesso studio rigoroso delle componenti del capitalismo francese ci porta alla stessa conclusione: tutte le riforme e le decisioni del governo macroniano (riforma delle pensioni, assicurazione contro la disoccupazione, bilancio 2024, sostituzione della Sécu con una politica di assicurazioni e aiuti mirati, ecc.) servono a fare spazio alle politiche di favore ai monopoli francesi, per compensare il relativo ritardo della Francia in termini di "performance economica", cioè il successo dello sfruttamento della classe operaia.

Da questo punto di vista, Macron può ricevere i complimenti della sua classe, poiché, secondo lo studio BCG, a parità di criteri, in termini di competitività all'interno dell'Europa occidentale, la Francia occupa il primo posto, che era della Germania nel 2018 prima della pandemia. È chiaro che la Francia ha beneficiato della crisi legata al Covid, ai confinamenti, ai cali di crescita, alle battaglie commerciali e alla guerra in Ucraina. Le riforme imposte dal 2017 dai governi Macron che si sono succeduti e le linee guida di bilancio "adottate" utilizzando l'art. 49 c. 3 della Costituzione (dispositivo simile alla fiducia in materia di finanza pubblica, il 20 utilizzato il 1° dicembre da E. Borne per il bilancio della sicurezza sociale...) hanno rassicurato i mercati finanziari, come dimostra il rating "AA" mantenuto il 1° dicembre dall'agenzia di rating statunitense S&P Global.

Naturalmente, questo "successo" non può nascondere il peggioramento delle condizioni di vita delle classi lavoratrici, e i dati dell'INSEE non potrebbero essere più chiari, ad esempio sul tasso di povertà (9 milioni di persone in situazione di deprivazione materiale e sociale nel 2022, ovvero il 14% della popolazione, con un aumento di 2 punti rispetto al 2020) o sul numero di senzatetto, che è raddoppiato tra il 2012 e il 2022.

Anche in questo caso, il governo sta rispondendo ai problemi sociali con un comportamento cerchiobottista che riflette l'essenza della "democrazia borghese": da un lato, la classica retorica reazionaria, se necessario con tendenze fasciste (legge sull'immigrazione, divieto di manifestare, repressione dei giovani nelle periferie, criminalizzazione del movimento sindacale, ecc.); dall'altro l'ostentazione di un interesse popolare e demagogico, il cui carattere irrisorio e persino mendace è rapidamente dimostrato (briciole distribuite come bonus al posto degli aumenti salariali richiesti, o la creazione di posti di lavoro nell'istruzione nazionale, che in realtà nasconde il taglio di 2.000 posti di insegnamento in classe...). La "democrazia borghese" rimane il modo migliore per ingannare le masse...

Ma l'abbondanza di lotte in corso, alcune delle quali vittoriose, e la capacità di mobilitazione dimostrata nel 2023, rivelano che i lavoratori non si lasciano ingannare così facilmente e che potrebbero sconvolgere definitivamente la bussola dei loro governanti, se si aprisse per loro un'altra prospettiva economica e sociale, liberata dalla camicia di forza capitalista e imperialista.


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