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80° anniversario del Programma del CNR: quali lezioni può trarre il movimento operaio?

Partito Comunista Rivoluzionario di Francia (PCFR) | pcrf-ic.fr
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

15/03/2024

Il 15 marzo 2024 ricorre l'80° anniversario del "Programma del CNR", adottato all'unanimità il 15 marzo 1944 dai membri del Conseil National de la Résistance, organizzazione unitaria della Resistenza fondata nel maggio 1943 e composta dai rappresentanti dei vari movimenti, partiti e sindacati della resistenza che lottavano contro il governo di Vichy.

Questo testo stabiliva le azioni da intraprendere in vista della Liberazione, nonché le riforme da attuare dopo la guerra per ricostruire il Paese su basi politiche, economiche e sociali che impedissero il ritorno del fascismo.

Come si ricorderà, queste riforme furono in gran parte il risultato del contributo del PCF in seno al CNR:

a) Sul piano economico:
- l'instaurazione di un'autentica democrazia economica e sociale, con l'estromissione dei grandi potentati feudali economici e finanziari dalla gestione dell'economia;
- un'organizzazione razionale dell'economia volta a garantire la subordinazione degli interessi particolari all'interesse generale e affrancata dalla dittatura professionale instaurata a immagine degli Stati fascisti;
- l'intensificazione della produzione nazionale secondo un piano elaborato dallo Stato dopo aver consultato i rappresentanti di tutti gli elementi di questa produzione;
- la restituzione alla nazione dei grandi mezzi di produzione monopolizzati, dei frutti del lavoro comune, delle fonti di energia, delle ricchezze del sottosuolo, delle compagnie di assicurazione e delle grandi banche;
- lo sviluppo e il sostegno delle cooperative di produzione, acquisto e vendita, agricole e artigianali;
- il diritto di accesso, nell'ambito dell'impresa, alle funzioni direttive e amministrative, per i lavoratori con le qualifiche necessarie, e la partecipazione dei lavoratori alla direzione dell'economia.

b) Sul piano sociale:
- il diritto al lavoro e il diritto al riposo, in particolare ristabilendo e migliorando il regime contrattuale del lavoro;
- un significativo adeguamento dei salari e la garanzia di un livello retributivo che offra a ogni lavoratore e alla sua famiglia sicurezza, dignità e la possibilità di una vita pienamente umana;
- la garanzia del potere d'acquisto nazionale attraverso una politica di stabilità monetaria;
- la ricostituzione, nelle sue tradizionali libertà, di un sindacalismo indipendente, con ampi poteri nell'organizzazione della vita economica e sociale;
- un piano completo di sicurezza sociale, volto a fornire a tutti i cittadini un mezzo di sussistenza, in tutti i casi in cui non siano in grado di ottenerlo attraverso il lavoro, con una gestione appartenente ai rappresentanti delle parti interessate e dello Stato;
- la sicurezza del posto di lavoro, la regolamentazione delle condizioni di assunzione e di licenziamento, il ripristino dei delegati aziendali;
- elevare e garantire il livello di vita dei lavoratori della terra attraverso una politica di prezzi agricoli remunerativi, migliorando e generalizzando l'esperienza dell'Office du blé (Ufficio del grano), attraverso una legislazione sociale che garantisca ai lavoratori il diritto a una vita dignitosa e attraverso una legislazione sociale che garantisca ai salariati agricoli gli stessi diritti dei lavoratori dell'industria, con un sistema di assicurazione contro le calamità agricole, l'istituzione di uno status equo per il fitto e la mezzadria, facilitando l'acquisizione di proprietà da parte delle giovani famiglie contadine e attuando un piano di infrastrutture rurali;
- un regime pensionistico che consenta ai lavoratori anziani di vivere dignitosamente;
- un risarcimento per le vittime di catastrofi, indennità e pensioni per le vittime del terrore fascista.

c) L'estensione dei diritti politici, sociali ed economici delle popolazioni indigene e coloniali.

d) La possibilità effettiva per tutti i bambini francesi di beneficiare dell'istruzione e di accedere alla cultura più sviluppata, indipendentemente dalla situazione economica dei loro genitori, in modo che le funzioni più elevate siano realmente accessibili a tutti coloro che hanno le capacità necessarie per esercitarle e che venga promossa una vera élite, non per nascita ma per merito, e costantemente rinnovata dai contributi popolari.

Nell'attuale contesto di attacchi diffusi alle conquiste sociali e ai diritti democratici, questo anniversario assume un'importanza particolare: le riforme proposte nel programma del CNR sono considerate, all'interno del movimento sindacale e nella maggior parte delle organizzazioni politiche della cosiddetta sinistra, "i pilastri del modello sociale francese"; il riferimento al CNR si è inoltre rafforzato a partire dal 2007, sotto Sarkozy, in seguito alle osservazioni fatte da Denis Kessler, ex vicepresidente del MEDEF (Mouvement des entreprises de France): "Il modello sociale francese è il puro prodotto del Consiglio nazionale della Resistenza. Un compromesso tra gollisti e comunisti. È giunto il momento di riformarlo e il governo sta lavorando duramente per farlo. Gli annunci successivi di varie riforme da parte del governo possono dare l'impressione di un patchwork, in quanto sembrano così variegati, di importanza diseguale e di portata diversa: lo status della funzione pubblica, i regimi pensionistici speciali, la revisione della sicurezza sociale, la cogestione... A un'analisi più attenta, tuttavia, risulta evidente la profonda unità di questo ambizioso programma. L'elenco delle riforme? È semplice: prendete tutto ciò che è stato messo in atto tra il 1944 e il 1952, senza eccezioni. È lì. Quello che dobbiamo fare oggi è uscire dal 1945 e disfare metodicamente il programma del Consiglio Nazionale della Resistenza!"

Per il PCRF, questo anniversario è l'occasione per esporre ancora una volta la sua analisi di questo episodio, utilizzando l'approccio dialettico tipico del marxismo-leninismo: per noi comunisti, si tratta di riconoscere gli innegabili progressi compiuti dal programma del CNR per la classe operaia nel suo storico confronto con il capitale; quindi di difendere, nelle lotte quotidiane, le conquiste ottenute grazie al ruolo fondamentale del PCF nella Resistenza; ma si tratta anche, vista l'evoluzione del PCF dalla Liberazione e lo stato in cui si trova oggi la "sinistra francese", di dimostrare che la tendenza a idealizzare questo programma, anche all'interno del movimento comunista, fa parte della storia dell'opportunismo e del riformismo in Francia, tendenze ideologiche che ostacolano seriamente lo sviluppo della coscienza rivoluzionaria anticapitalista tra i lavoratori del nostro paese.

Il ruolo trainante del PCF nell'organizzazione e nell'unità della Resistenza

Il PCF svolse un ruolo di primo piano nella formazione delle unità partigiane (FTP - francs-tireurs et partisans) e fu proprio l'FTP a svolgere la maggior parte dei combattimenti armati contro le truppe fasciste. In linea con la tattica dell'Internazionale Comunista, il PCF si adoperò per formare un fronte nazionale unito di tutti i patrioti intorno alla classe operaia, riunendo i contadini lavoratori, gli intellettuali antifascisti, le classi medie e alcuni settori della borghesia, compresi i monopolisti che sostenevano De Gaulle.

Le azioni davvero eroiche dei militanti del PCF gli valsero il glorioso soprannome di "Partito dei 70.000 fucilati": Jean-Pierre Timbaud, che morì gridando "Viva il Partito Comunista Tedesco! ", Pierre Sémard, Georges Politzer, il giovane Guy Môquet (17 anni), Manouchian, il capo dei partigiani del Main d'oeuvre immigrée (MOI), Danielle Casanova, il colonnello Fabien e tutti gli altri caddero come liberatori del Paese e versarono il loro sangue per la vittoria internazionale sul fascismo.
Dal punto di vista politico, l'azione del PCF in una realtà mutevole e complessa è stata corretta per quanto riguarda il raggiungimento del compito centrale: sconfiggere l'occupante. D'altra parte, nulla indica che la dirigenza abbia riflettuto teoricamente su come la lotta di liberazione nazionale potesse portare (nelle condizioni prevalenti all'epoca) a una rivoluzione socialista. Ancora una volta, nel movimento operaio rivoluzionario francese c'era la tendenza ad assolutizzare i compiti intermedi senza collegarli a quelli strategici rivoluzionari.

Fare tutto il possibile per vincere la guerra contro il fascismo non significava che, attraverso il raggiungimento di questo obiettivo, non si potessero porre le basi per una politica volta ad assicurare l'egemonia politica del proletariato nella lotta antifascista. Certo, il contesto era difficile, poiché il capitale monopolistico brandiva due armi, da un lato contando sulla collaborazione con il nazismo e dall'altro cercando un'alleanza con i gollisti, soprattutto dopo la svolta nella guerra mondiale antifascista rappresentata dalla magnifica ed eroica vittoria dell'Armata Rossa e del popolo sovietico nella battaglia di Stalingrado. Delineare prospettive rivoluzionarie non significa automaticamente realizzarle.

Nel 1944, la situazione era tutt'altro che rivoluzionaria...

Lo sbarco delle truppe anglo-americane in Normandia, il 6 giugno 1944, cambiò i rapporti di forza interni a scapito delle forze di liberazione sociale. L'obiettivo di Washington e Londra, oltre a quello di eliminare un rivale imperialista, era anche quello di impedire la liberazione della Francia da parte dei partigiani o dell'Armata Rossa, evitando così l'emergere di una situazione rivoluzionaria in Francia. L'esercito americano svolse il ruolo di alleato di classe della borghesia monopolistica francese.

La storiografia trotskista e maoista fa riferimento al "tradimento della rivoluzione da parte del PCF". In realtà, essi ignorano il significato della teoria di Marx e Lenin sulla "subordinazione degli interessi particolari di un proletariato agli interessi generali e internazionali del movimento comunista e democratico mondiale".

In Francia, nel 1944, la situazione era tutt'altro che rivoluzionaria. Innanzitutto, gli occupanti fascisti non erano stati totalmente sconfitti, e la guerra contro l'URSS decideva il destino dell'umanità. La borghesia francese, nonostante il suo indebolimento, conservava posizioni solide e il controllo dell'apparato statale. I contadini e i membri della classe media sarebbero passati al capitale in caso di una politica avventurista da parte dei comunisti, soprattutto perché la crisi degli approvvigionamenti era acuta. Un'insurrezione rivoluzionaria avrebbe portato a una guerra civile contro la borghesia (petainista e gollista) coalizzata per la circostanza, unita a un conflitto con le truppe americane o addirittura con le truppe naziste, sconfitte ma non in rotta, che occupavano ancora ampie zone del Paese. E tutto questo mentre la macchina bellica di Hitler continuava a seminare morte nell'Europa orientale! La via rivoluzionaria fu quindi chiusa temporaneamente per non mettere in pericolo l'URSS, che sopportava il peso maggiore della guerra antifascista globale. Tanto più che generali americani come Patton proponevano un "rovesciamento delle alleanze" e una guerra congiunta tedesco-americana contro il "bolscevismo".

Ai trotzkisti rispondiamo che il Partito Comunista non li ha traditi. Affinché una rivoluzione fosse possibile e vittoriosa, sarebbe stato necessario, ben prima del 1942-43, che l'egemonia politica della classe operaia fosse assicurata su tutte le forze antifasciste, e poi che la Francia si liberasse con i propri sforzi prima degli sbarchi. A volte la strada che passa dal desiderio alla realtà è lunga, ma questo nulla toglie ai meriti essenziali del PCF nella sua resistenza alle forze di occupazione e al regime di Vichy.

Gli archivi sovietici pubblicati di recente permettono anche di smascherare le menzogne della propaganda antisovietica dei trotskisti.

Le conversazioni tra Stalin e Thorez nel 1944 sono molto ricche e istruttive. Stalin consigliò al PCF, dato che le condizioni rivoluzionarie non erano state soddisfatte, di manovrare abilmente. Alcuni militanti volevano prolungare la situazione di "doppio potere" derivante dal caos in Francia, che poteva servire da pretesto all'imperialismo americano per cercare un compromesso con l'imperialismo tedesco. Stalin consigliava di integrare le truppe partigiane nel rinato esercito francese, mantenendo la maggior parte delle armi acquisite dalla resistenza antifascista. Stalin indicò che le armi avrebbero potuto essere utili in un futuro non troppo lontano, quando il proletariato e i suoi alleati avrebbero potuto costruire una controffensiva contro la reazione.

Equilibrio instabile...

Alla Liberazione, in Francia regnava un equilibrio instabile. La borghesia aveva il controllo, deteneva le leve dello Stato ma non era in grado di portare avanti le sue politiche nella loro interezza a causa del peso della classe operaia, della Resistenza e del Partito Comunista Francese. Questo equilibrio instabile si rifletté nella formazione di un governo di coalizione che includeva per la prima volta ministri comunisti.

All'interno del governo nato dal programma del Consiglio Nazionale della Resistenza, si scontrarono due linee di pensiero generali. La borghesia voleva porre fine all'epurazione di fascisti e collaborazionisti, ripristinare il vecchio ordine borghese e il suo Stato nella sua interezza, ristabilire l'Impero coloniale, l'esercito e la polizia di prima della guerra. Indebolito dalle (relative) divisioni tra filo-nazisti e filo-gollisti, il capitale monopolistico puntava sulla subordinazione all'imperialismo americano per mantenere il suo potere. I fatti dimostrano che i monopoli hanno sabotato la produzione per peggiorare le condizioni di vita e di approvvigionamento e per estromettere il PCF dal governo. I trust si affidarono alla socialdemocrazia, che era diventata un agente attivo dell'imperialismo americano.

La classe operaia era stata la forza principale della Resistenza, ma questo non significava che la sua egemonia di classe fosse stata raggiunta. Il PCF e il popolo lavoratore dovevano approfittare dei rapporti di forza creati da questo equilibrio instabile per garantire e rafforzare i diritti democratici, conquistare nuovi diritti sociali, proseguire l'epurazione degli elementi fascisti, in particolare nell'apparato statale, e difendere e assicurare l'indipendenza del Paese e l'amicizia con l'URSS, in segno di indipendenza dai nuovi padroni di Washington.

Il lavoro dei ministri comunisti (Marcel Paul, Maurice Thorez, Ambroise Croizat, ecc.) fu notevole e portò alla realizzazione di importanti riforme sociali: sicurezza sociale, statuto dei dipendenti pubblici e dei minatori, nazionalizzazione dei monopoli che coprivano settori vitali, estensione dei diritti sindacali. Con il 29% dei voti, il PCF fu il primo partito in Francia, anche se il fronte anticomunista rimase forte. Maurice Thorez, Jacques Duclos e i militanti attivi avevano costruito un grande Partito Comunista di massa (cioè legato alle masse).

Verso la deviazione revisionista e le illusioni seminate sullo Stato

Tuttavia, il massiccio afflusso di nuovi membri presentava anche dei pericoli. Molti erano arrivati al partito su una base essenzialmente patriottica e democratica ed erano più legati al programma minimo del PCF. La rivoluzione socialista sembrava loro un obiettivo lontano che sarebbe arrivato gradualmente.

Allo stesso modo, quando il PCF divenne un partito sempre più influente durante il Fronte Popolare e la Resistenza, e godette di un vero e proprio capitale di simpatia tra le varie classi lavoratrici, le tendenze negative dell'eredità del movimento operaio francese riemersero con forza.

Nella sua riunione costitutiva del 1947, il Cominform fornì un aiuto prezioso nella necessaria critica delle carenze opportunistiche del PCF. Ci rifacciamo a questo contributo dei partiti fratelli e del PCUS(b), risalendo alle radici ideologiche, economiche e politiche del mantenimento delle tendenze opportuniste nel movimento rivoluzionario.

Ancora una volta, si rafforzò la deviazione revisionista, ereditata da Jaurès, di vedere nello Stato (anche se indebolito) del 1945 non l'espressione della dittatura dei monopoli ma l'espressione dei rapporti di forza risultanti dalla Resistenza. Lo Stato era visto come in via di "democratizzazione" e c'era confusione tra il peso parlamentare e governativo e l'apparato statale.

De Gaulle rifiutò qualsiasi epurazione antifascista dell'apparato statale. La polizia francese, che aveva deportato gli ebrei stranieri e torturato i militanti comunisti, fu riabilitata come "combattente della Resistenza" per il suo coinvolgimento tardivo (un mese prima della liberazione di Parigi). Alcune proposte del PCF sottolineavano la mancanza di comprensione e persino la rottura con la teoria marxista-leninista dello Stato.

In diverse occasioni, i dirigenti del partito paragonarono la situazione francese a quella delle democrazie popolari dell'Europa orientale.

Nel 1947, Dimitrov e Thorez fecero dichiarazioni simili sull'utilizzo della via parlamentare al socialismo. Dimitrov parlava dopo l'insurrezione popolare del 9 settembre 1944 in Bulgaria, che aveva portato alla vittoria del fronte antifascista. I comunisti potevano contare sul parlamento per realizzare il cambiamento sociale. Questa tattica era il risultato dell'insurrezione armata contro il fascismo, dell'assistenza molteplice dell'Armata Rossa e dell'URSS e delle solide posizioni conquistate dai comunisti e dai loro alleati nello Stato democratico, che stava gradualmente smantellando la vecchia macchina statale capitalista.

In Francia, come abbiamo visto, lo Stato rimase identico nel contenuto di classe e nel personale a quello che era stato prima della guerra antifascista, e non ci fu un'insurrezione nazionale della portata del Paese. È vero che il PCF è diventato il più grande partito in parlamento, ma non governava il Paese e i suoi avversari, uniti al sostegno dell'imperialismo americano, erano molto più forti.

In queste condizioni, chiedere una "via parlamentare al socialismo" significava, consapevolmente o meno, negare la teoria marxista dello Stato. Tanto più che la presenza delle truppe statunitensi, oltre alle forze repressive dello Stato francese, implicava l'impossibilità di raggiungere il socialismo attraverso elezioni e forme di lotta pacifica.

La propaganda del PCF poneva grande enfasi sulla sua filiazione con la rivoluzione democratica borghese. Il PCF tendeva quindi a presentarsi come il "continuatore di questa grande rivoluzione". La rivoluzione borghese del 1789-1793 si basava sull'attività rivoluzionaria delle masse popolari, ma la sua forza propulsiva e i suoi obiettivi di classe erano chiaramente borghesi, volti a consolidare il capitalismo nascente e allora progressivo contro il feudalesimo e la monarchia.

Presentandosi in termini di continuità della rivoluzione democratico-borghese, il PCF non ha aiutato il proletariato ad acquisire una chiara visione del suo ruolo indipendente e di guida nella rivoluzione proletaria contro la borghesia!

Tanto più che, nella lotta contro il fascismo e nella resistenza, il PCF era alleato con alcuni gruppi della piccola e media borghesia, il che rafforzò in alcuni membri del PCF l'idea che il socialismo potesse essere concepito come una continuazione del modo di produzione capitalista con la borghesia repubblicana. Nella sua famosa intervista al Times, Thorez espose una serie di tesi che si allontanavano dal marxismo-leninismo.

1944-1947: Riassunto dei meriti ed errori del PCF

In condizioni particolari e inedite, i partiti comunisti e operai dell'Europa centrale e orientale approfittarono della sconfitta del fascismo e della presenza dell'esercito sovietico per formare, con altri partiti e organizzazioni di massa, sotto la guida del proletariato, Stati di democrazia popolare. Nei Paesi dell'Europa occidentale, dove i PC avevano acquisito una forza e un'autorità considerevoli grazie al loro ruolo nella Resistenza, ma dove pesavano anche altre forze sociali borghesi e la presenza degli eserciti britannico e statunitense, la lotta di liberazione nazionale non poteva proseguire immediatamente attraverso una rivoluzione socialista finché la Germania fascista non fosse stata sconfitta.

In Francia, tuttavia, il PCF era consapevole che la borghesia avrebbe preferito porre il Paese sotto il controllo dell'imperialismo americano per contrastare il potere della classe operaia e delle sue organizzazioni. Il X Congresso (giugno 1945) sostenne la nazionalizzazione di settori chiave dell'economia, che non era affatto una transizione al socialismo, ma una misura democratica contro i monopoli che avevano collaborato con l'occupante, permettendo lo sviluppo della produzione e la ripresa del Paese per salvaguardare la sua indipendenza e soddisfare i bisogni della popolazione.

Secondo il PCF, queste nazionalizzazioni, che facevano parte del programma del CNR, dovevano andare di pari passo con una "crescente partecipazione della classe operaia alla gestione degli affari del Paese".

Tuttavia, c'era ancora il pericolo di dimenticare l'obiettivo strategico finale: il rovesciamento dello Stato e la presa del potere da parte del proletariato, e di limitare la lotta politica al rafforzamento della democrazia, senza alcun contenuto di classe, attraverso lo slogan della "democrazia continua", e di subordinare la lotta di classe alle alleanze elettorali. Su questo terreno, i successi ottenuti (5 milioni di voti per il PCF alle elezioni legislative dell'ottobre 1945, 180 deputati eletti, la nomina di 5 ministri al Governo provvisorio della Repubblica francese, poi 5,5 milioni nel novembre 1946, 186 deputati) rafforzarono, per questo partito, l'illusione del potere a portata di mano.

Durante questo periodo, il PCF contribuì alla realizzazione di importanti riforme democratiche: sicurezza sociale, statuto dei minatori, statuto dei dipendenti pubblici. I suoi ministri rimasero impermeabili ai tentativi di corruzione del Capitale. Tuttavia, il Partito riattivò, in nuove forme, le principali tendenze opportuniste del movimento operaio francese: sciovinismo, subordinazione dell'indipendenza delle colonie alla liberazione della Francia metropolitana, rilancio del mito jaurésiano della missione universale della Francia, pacifismo e parlamentarismo (proposta di fusione con il Partito Socialista nel 1945), subordinazione delle lotte all'azione parlamentare. Questi errori avevano diverse fonti teoriche, ma una delle principali fu la mancata assimilazione della teoria marxista-leninista dello Stato, che portò a confondere la situazione francese con quella delle democrazie popolari, rendendo impossibile orientarsi nella nuova situazione creata dalla richiesta di espulsione del loro governo da parte degli imperialisti americani.

Gli avvertimenti di Stalin e di Zdanov sui rischi di deviazione opportunista contribuirono alla rettifica del PCF e al mantenimento dei suoi legami con la classe operaia. M. Thorez estese questa autocritica fino al periodo del Fronte Popolare.

Ma le tendenze opportuniste riemersero con prepotenza dopo il XX Congresso del PCUS e si accentuarono fino alla sua liquidazione come Partito Comunista negli anni '90.


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