www.resistenze.org - popoli resistenti - georgia - 21-04-09 - n. 270

da Oltre Confine n.20 - Newsletter settimanale del Dipartimento Esteri del PdCI - www.comunisti-italiani.it/index.php?module=News&catid=&topic=15
 
La Georgia barcolla, gli Usa intervengono a sostegno del loro burattino
 
di Marco Zoboli, Dip. Esteri PdCI
 
Le proteste che hanno investito Tbilisi non si arrestano, l’opposizione georgiana continua a presidiare il paese, a manifestare e a riempire le piazze, anche la residenza del presidente Saakashvili è sotto assedio, e verso di lui sono dirette le critiche e le richieste di dimissioni.
 
Nel frattempo a Mosca davanti all’ambasciata georgiana, attivisti del movimento giovanile Nashi hanno depositato rose marce, a simbologia del fallimento della cosidetta “rivoluzione delle rose” georgiana del 2003, che ha tradito le promesse e ha condotto il paese con la cacciata del presidente Shevardnaze, verso la guerra, la corruzione e a una crisi socio economica che si aggrava col passar dei giorni.
 
L’opposizione, con forza chiede oltre alle dimissioni “dell’utile idiota” Saakashvili, di voltar pagina nelle relazioni con la Russia, l’attuale assetto geopolitico del’area lo impone, il nuovo riavvicinamento a Mosca delle repubbliche confinanti di Armenia e Azerbaijan (dopo il conflitto in Ossezia) rappresenta per la Georgia isolamento; isolata e monca dei territori perduti di Ossezia e Abkazia.
 
Un altro pericolo che bussa alle porte è il rischio di un’altra emorragia territoriale nella zona del sud abitata da una maggioranza armena. Storicamente dedita al commercio sta guardando con interesse agli sviluppi che stanno maturando ai propri confini potrebbe, sotto la spinta dell’indipendentismo, smarcarsi dall’isolamento del decadente feudo statunitense, che oltre ai pezzi di territorio ha perduto ogni credibilità, e le rose marce ne sono la rappresentazione più evidente.
 
Ma per fortuna arrivano “i nostri”, la cavalleria statunitense irrompe nel teatro georgiano in aiuto del proprio fedele alleato con 242 milioni di dollari in aiuti finanziari. Baindurashvili, ministro delle Infrastrutture georgiano, ci spiega prontamente che sono parte di quel miliardo di dollari assegnati dall’Amministrazione Bush per la ricostruzione; non serviranno a ricostruire ma a tamponare, a partire dalle impellenti necessità del disastrato sistema sanitario.
 
Tornando alla situazione sul campo possiamo dire che rimane difficile. Le parti non sembrano disposte a cedere, il viceministro Baramidze ha aperto al dialogo a patto che non si mettano in agenda le dimissioni del premier, ed ha parlato di importanti “riforme” che dalla sua bocca rimbombano a vuoto come le promesse di non ricorrere all’uso della forza. La debolezza del governo è determinata anche dalle porte che la NATO ha risocchiuso rispetto all’adesione georgiana e dell’Ucraina. Aver asserito che le condizioni attuali non consentono l’adesione dei due paesi, al di là del significato letterale, rappresenta in termini politici a un “niet” secco e indeterminato nel tempo.
 
Credo che il riassorbimento della Georgia, e prima o poi anche dell’Ucraina, nell’area d’influenza di Mosca sia solo questione di tempo; con l’acuirsi della crisi, della corsa agli armamenti convenzionali, della tessitura di nuove alleanze geostrategiche, e dall’interdipendenza economica sempre più pesante verso la vecchia madre Russia che controlla un numero sempre maggiore di rubinetti energetici, il percorso sia segnato da tempo, del resto abbiamo visto che se sono rose… marciranno.