Giappone / Gli
scenari delle relazioni industriali
In cerca di una nuova primavera
La confederazione giapponese del lavoro, Rengo, è nata nel 1989 dalla fusione
di quattro grandi sigle, e attualmente conta 7,3 milioni di iscritti. Non è
però l’unico sindacato nipponico. Contemporaneamente alla sua costituzione,
infatti, sono sorte altre due piccole confederazioni, Zenroren e Zenrokyo, in
aperto disaccordo con gli obiettivi dell’unificazione. Zenroren conta circa un
milione di iscritti e si richiama al partito comunista giapponese, mentre
Zenrokyo, con circa 250 mila aderenti, è concentrato quasi esclusivamente
nell’area della capitale, Tokyo. Un milione e 300 mila lavoratori sono invece
legati a una miriade di piccole sigle senza effettiva rappresentatività.
In tutto sono oltre 11 milioni, su quasi 54 milioni di occupati, gli iscritti
ai sindacati, con un tasso di sindacalizzazione che nel 2000 è stato pari al
21,5 per cento. Si tratta di una percentuale non disprezzabile, ma che resta
ben lontana da quel 50 per cento che si registrava negli anni immediatamente
successivi alla seconda guerra mondiale.
Rengo è prevalentemente organizzata in sindacati d’azienda, più che in
federazioni di settore, anche se formalmente i nomi delle organizzazioni
aderenti si riferiscono al ramo di industria o di servizi in cui tali aziende
operano. Sono ben 77 le federazioni aderenti: per evitare un’eccessiva
frammentazione nelle rivendicazioni e per superare i rischi di cadere nel
corporativismo, ogni anno in vista della primavera lo stato maggiore della
confederazione lancia una campagna, denominata Shunto, incentrata su una serie
di rivendicazioni semplici e comprensibili per tutti i lavoratori, sulla base
delle quali presentare una serie di richieste all’associazione degli industriali.
“Negli anni Novanta lo Shunto aveva perso forza – scrive il ricercatore John
McLaughin in un suo studio sul movimento dei lavoratori giapponesi negli ultimi
anni –, ma oggi ha ripreso vigore perché il sindacato intende combattere contro
le riforme draconiane del lavoro proposte negli ultimi anni con l’obiettivo di
rilanciare l’economia”. La liberalizzazione dei contratti a tempo determinato e
l’aumento della diffusione sia del lavoro atipico sia di quello notturno sono
stati, infatti, i cavalli di battaglia dei governi conservatori che si sono
susseguiti in Giappone dal 1995 in poi.
Per contenere l’emorragia di iscritti la confederazione sta rivolgendo molta
attenzione verso le nuove leve del mondo del lavoro, donne e giovani. Fino agli
anni Novanta, infatti, gli aderenti a Rengo erano in buona parte gli occupati
di sesso maschile impiegati nei grandi gruppi o nella pubblica amministrazione.
Nel paese del Sol Levante la presenza femminile negli uffici e nelle fabbriche
è ormai consolidata, anche se una quota notevole di occupate rimane confinata
nel part time. Quanto ai giovani, lo scenario con cui si devono confrontare
oggi nel paese è ben diverso da quello dei loro padri, che per tutta la vita
lavorativa rimanevano nella stessa azienda, percorrendo tutta la carriera al
suo interno e vivendo pressoché in simbiosi con il loro posto di lavoro .
Un problema molto sentito dalle giovani leve sindacali riguarda l’enorme
diffusione degli straordinari non pagati. Secondo il ministero del Welfare, nel
2001 oltre 16 mila aziende non hanno pagato il lavoro fuori orario ai propri
dipendenti, con un aumento del 150 per cento rispetto a dieci anni prima.
Ma in realtà è la stessa sicurezza del posto a essere a rischio per gli under
25. Per loro i contratti a tempo determinato e i continui cambi di lavoro sono
la regola, così come avviene del resto negli altri paesi industrializzati.
(Rassegna sindacale, n. 9, 6-12 marzo
2003)