da www.rassegna.it - 20 gennaio 2006
Le imprese fanno ostruzionismo: "neanche uno yen d'aumento" di Elisa Scipioni
Il sindacato
giapponese All Ntt Nippon Telegraph and Telephone Corp ha dichiarato
recentemente che rinuncerà a perseguire un aumento dei salari per i dipendenti
delle compagnie di telecomunicazione appartenenti all’omonima corporation.
Questa decisione contraddice le dichiarazioni di altri sindacati: la
federazione All Toyota Workers’ Unions, ad esempio, o la Confederazione dei
sindacati dei lavoratori dell’automobile Jaw (Japan Automobile Worker’s), il
Sindacato dell’elettricità, elettronica e informazione (Denki Rengo), la Japan
Federation of Basic Industry Workers’ Unions (Jbu) detta anche Kikan Roren e
così via.
Dopo quattro anni le organizzazioni dei lavoratori riportano l’aumento dei
salari mensili al centro dei loro programmi in vista delle tradizionali
negoziazioni (Shunto) che si tengono in primavera. Il sindacato della Toyota
chiederà un aumento tra i 1000 e i 2000 yen mensili, la Jbu rivendicherà 3000
yen includendo anche l’aumento dell’anno precedente. Tali dichiarazioni sono
state rilasciate a seguito dell’ultimo rapporto della Japan Business Federation
Nippon Keidanren – la Confindustria giapponese – che dopo quattordici anni
lascia aperto uno spiraglio al tema dell’aumento dei salari – il giornale Asahi
Shimbun ricorda che il rapporto della Nippon Keidanren non solo non parla di contenimento
delle retribuzioni ma accenna anche a un “incoraggiamento dei lavoratori” –.
Il vero e proprio braccio di ferro avverrà durante lo Shunto; protagonisti,
Nippon Keidanren e la confederazione sindacale giapponese, comunemente chiamata
Rengo, che si prefigge di unificare la voce dei vari sindacati sulla questione
dell’aumento dei salari.
Non sarà un obiettivo facilmente raggiungibile per Rengo. Infatti, per
contrastare la cosiddetta offensiva del lavoro di primavera, la Nippon
Keidanren ha stabilito che durante le negoziazioni Shunto saranno le singole
imprese ad avere l’ultima parola sugli aumenti retributivi. Questo significa
che spetterà ai sindacati delle diverse società decidere se inserire nel
proprio programma la richiesta di aumento. Nippon Keidanren ha enfatizzato così
la tradizionale divisione della struttura del sistema sindacale giapponese dove
le organizzazioni dei lavoratori non sono di settore ma aziendali. Rengo
reagisce e critica la decisione di Nippon Keidanren. Secondo la confederazione
dei sindacati “la natura sociale del salario viene distorta se si accetta
l’idea che spetti alla singola impresa determinare il livello del salario”.
Tuttavia Rengo risulta indebolita da questa divisione. Soprattutto perché nel
sistema giapponese le relazioni tra management e sindacati sono assai diverse
dalle nostre. In Giappone la maggior parte dei dirigenti delle imprese sono
stati membri del sindacato; il che porta, come dire?, in maniera fisiologica a
una forte politica di collaborazione. Non casualmente, dopo il crollo della
Borsa nel ’98, Rengo ha evitato per vari anni di spingere i diversi sindacati a
chiedere aumenti salariali. Quest’anno, però, la ripresa economica che ha
interessato le imprese più grandi ha modificato anche gli orientamenti di
Rengo. “Il ruolo delle compagnie nel mantenimento della stabilità sociale si è
ridotto”, ha dichiarato il presidente Tsuyoshi Takagi; così si è deciso di
chiedere a tutti i sindacati di rivendicare un aumento mensile delle
retribuzioni dell’1 per cento.
Il presidente della Nippon Keidanren Hiroshi Okuda – che è anche presidente
della Toyota – si è affrettato a gettare acqua sul fuoco. Okuda ha sostenuto
che “per quest’anno non possiamo, e non dovremmo, aspettarci un miglioramento
netto nei guadagni come a quello a cui abbiamo assistito lo scorso anno”. Ma
l’organizzazione degli industriali non esclude che alcune imprese potrebbero
soddisfare le richieste sindacali.
Le aziende, dal canto loro, rimarcano il problema della competitività
internazionale escludendo la possibilità di trattative per l’aumento dei
salari. La stessa Toyota di Okuda, nonostante abbia conseguito per il terzo
anno consecutivo utili per più di un trilione di yen, dichiara di non potersi
permettere un aumento dei salari perché i costi domestici sono rimasti
invariati. Quindi molte imprese reputano irrealistico l’obiettivo di Rengo di
un aumento simultaneo e uguale per tutte le aziende.
Ma per Rengo la competitività internazionale non è un problema collegato
all’aumento dei salari bensì al potenziamento delle risorse umane. Il problema,
quindi, non riguarda i lavoratori ma il management.
www.rassegna.it, 20 gennaio 2006