di Marcello Graziosi
Un segnale incoraggiante nella lotta contro le basi militari
statunitensi dislocate in diversi paesi del mondo, strumento di controllo
neocoloniale a garanzia dei piani di egemonia planetaria di Washington, arriva
dal Giappone, dove i circoli conservatori, militaristi e filo-atlantici al
governo hanno avuto un brusco risveglio dopo la straripante vittoria elettorale
del settembre 2005. Mentre il governo Koizumi intende modificare la “clausola
pacifista” contenuta nella Costituzione per consentire alle “forze di
autodifesa” di Tokyo di sostenere le attuali e future “guerre preventive” di
Bush, accettando dopo un penoso negoziato una nuova dislocazione delle forze
armate ed aeree statunitensi presenti in territorio nipponico dalla fine del
secondo conflitto mondiale, si registra, forse inaspettata nelle dimensioni,
l’aperta ribellione di migliaia di cittadini, associazioni, comunità locali.
Nell’ambito di questo gigantesco piano di ridislocazione, la base militare di
Iwakuni, prefettura di Yamaguchi (Gippone centrale), avrebbe dovuto ospitare
130 aerei, numero doppio rispetto a quello attuale, divenendo la più grande a
livello planetario. Prospettiva, questa, che avrebbe segnato un drastico ed ulteriore
peggioramento per le condizioni di vita dell’intera comunità, già segnata da
livelli intollerabili di inquinamento acustico ed atmosferico, oltre al rischio
concreto di gravi incidenti: secondo le stime contenute nel sito della U.S.
Navy, nell’ultimo lustro sarebbero stati ben 49 gli incidenti di classe “A”,
vale a dire con perdita di vite umane o con danni che superano il milione di
dollari. La situazione è resa ancor più insopportabile dall’atteggiamento
arrogante degli Stati Uniti, che si comportano da padroni, esattamente come nei
paesi dell’Europa.
La reazione delle comunità locali al piano di nuova dislocazione sottoscritto
dal governo è stata dura e sorprendente, da Hokkaido ad Okinawa, tanto che il
governo non è stato in grado di ottenere nemmeno il consenso delle comunità a
guida conservatrice, che pure hanno condiviso il Trattato di Sicurezza
Nippo-Statunitense e sostenuto la politica fino ad ora seguita della
“coesistenza su una base di prosperità”. Dodici prefetture e 43 città e villaggi
si sono mobilitati, un numero davvero significativo per un paese come il
Giappone.
Il 5 marzo 35.000 persone hanno partecipato ad un grande raduno nella città di
Ginowan (prefettura di Okinawa) per contestare il progetto del governo di
costruire una nuova base aerea presso la costa di Nago City e per chiedere la
chiusura della locale base di Futenma, dove i voli statunitensi sono aumentati
dal 2003 di oltre 10.000.
La notizia più clamorosa è arrivata, però, proprio da Iwakuni, dove si è votato
per un referendum consultivo. A sorpresa, nonostante ogni sorta di
boicottaggio, a partire dai grandi e potenti mezzi di comunicazione di massa,
si è recato alle urne il 58,68% degli aventi diritto. 43.433 sono stati i “no”
e solamente 5.369 i “sì”, un risultato schiacciante reso possibile dalla
mobilitazione di un ampio schieramento di forze, all’interno del quale il
Partito Comunista Giapponese, unica forza politica ad opporsi con coerenza
anche ai disegni guerrafondai del governo Koizumi, ha giocato un ruolo importante
e significativo. “Il referendum della città di Iwakuni – ha dichiarato il
Coordinatore della Segreteria del PCG Ichida Tadayoshi – è stato un punto di
svolta, con un grande numero dei residenti che hanno espresso la loro
opposizione al rafforzamento delle basi USA come segno di sfida ad ogni
ingerenza. Il governo dovrebbe ascoltare la loro voce e ritrattare il piano”.
Nonostante gli appelli alla prudenza provenienti dagli stessi quotidiani
conservatori, evidentemente preoccupati dalla prospettiva di una rottura tra
governo centrale ed istituzioni locali su un tema delicato come le relazioni
tra Stati Uniti e Giappone, le reazioni del governo e del Partito
Liberaldemocratico sono state arroganti e stizzite. “Sicurezza e difesa sono
affari che riguardano il governo – ha dichiarato Katayama Toranosuke,
Capogruppo del PLD alla Camera Alta. Il referendum costituisce un esempio di
egoismo localistico”.
La nuova dislocazione troverà con ogni probabilità piena applicazione, ma il
Giappone apre una nuova pagina sul piano delle mobilitazioni contro le basi
USA.