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A due anni da Fukushima, il Giappone nord-orientale è ancora disastrato
 
Peter Symonds | globalresearch.ca
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
  
11/03/2013
 
Due anni fa oggi, il nord del Giappone era colpito da un devastante terremoto di magnitudo 9.0, che innescava uno tsunami che avrebbe raso al suolo decine di città costiere provocando il collasso della centrale nucleare di Fukushima Daiichi. Quasi 19.000 persone sono state uccise o sono scomparse, presumibilmente decedute, secondo i dati ufficiali.
 
La regione nord-orientale, nota come Tohoku, rimane una zona disastrata, con la ricostruzione appena iniziata in molte aree. Un terzo del milione di sfollati vive ancora in alloggi provvisori, che dovevano essere temporanei (per un paio d'anni) e non ha alcuna prospettiva immediata di rientro. L'esclusione all'accesso attorno alla centrale nucleare rischia di restare in vigore per molti anni. La disattivazione della centrale Daiichi è ora prevista entro 40 anni.
 
Il destino delle vittime del grande terremoto del Giappone orientale è un atto di accusa contro il capitalismo. Il Giappone è un'economia tecnologicamente sofisticata, la terza potenza del mondo, ma la ricostruzione procede a passo di lumaca. Solo 8 dei 25 trilioni di yen previsti ($ 268.000.000.000) per la ricostruzione sono stati assegnati. Di questi, solo la metà sono stati spesi, e in alcuni casi su progetti non collegati al disastro.
 
I media, in occasione del secondo anniversario, forniscono istantanee della situazione desolante dei sopravvissuti. Anche prima del terremoto, Tohoku era una regione economicamente depressa.
 
L'Associated Press ha riferito della città costiera di Rikuzentakata. Circa tre quarti delle sue 8.000 case, insieme con le imprese e le infrastrutture, sono state rase al suolo dai 13 metri scatenati dallo tsunami, che ha spazzato tutta l'area. Nulla di permanente è stato ricostruito. Alla fine di febbraio hanno avuto finalmente inizio i lavori di edificazione residenziale pubblica. Poche aziende hanno riavviato l'attività economica in città, basata sull'allevamento delle ostriche, la lavorazione del pesce e il turismo.
 
Un articolo dell'Independent Online ha spiegato che quasi il 40 per cento della popolazione della città costiera di Ishinomaki, 74.000 persone, vive ancora in alloggi provvisori. Gli anziani sopravvissuti contano sui volontari e la carità per i prodotti alimentari. L'alcolismo e la depressione sono in aumento. Molti giovani si sono allontanati perché non hanno futuro nella città.
 
La situazione è peggiore è nella zona di Fukushima. Secondo Asahi Shimbun, circa 54.000 persone, ovvero circa il 60 per cento degli sfollati della zona di divieto, non saranno in grado di tornare alle loro case per almeno altri quattro anni a causa del persistere della contaminazione nucleare. L'area include le città di Okuma e Futaba, vicino alla centrale nucleare, così come Namie e Tomioka.
 
In un'intervista a Die Welt, l'esperto nucleare di Greenpeace Heinz Smital ha detto che le valutazioni ufficiali di decontaminazione erano troppo ottimistiche. Ha espresso "gravi preoccupazioni" per gli ex residenti se si trasferissero nelle zone altamente contaminate, dicendo che sarebbe preferibile che non tornassero.
 
Il Japan Times ha parlato degli sfollati della città di Namie ancora in alloggi temporanei, i quali hanno dichiarato di non voler tornare a causa delle preoccupazioni circa i livelli di radiazione, mentre le autorità governative pianificano il reinsediamento senza alcuna assistenza per chi volesse andarsene.
 
Peraltro non è ancora definita la compensazione da parte della proprietà della centrale nucleare, la Tokyo Electric Power Company (TEPCO), costringendo le vittime in un limbo. Lo scorso anno la società ha minacciato di dimezzare i pagamenti mensili di disagio di 100.000 yen per gli sfollati di Namie, ma è stata costretta a fare marcia indietro dopo una campagna di protesta.
 
Fin dall'inizio, TEPCO ha cercato di nascondere l'entità del disastro, che ha comportato crolli parziali in tre dei sei reattori nucleari. L'energia è stata interrotta all'impianto dopo il terremoto e lo tsunami ha sommerso i generatori di emergenza, non adeguatamente protetti. Le temperature dei nuclei del reattore è salita velocemente. Le esplosioni di idrogeno hanno danneggiato gli alloggiamenti del reattore ed esposto le barre esauste di combustibile. Una catastrofe di gran lunga peggiore è stata sventata solo grazie a sistemi di raffreddamento di fortuna.
 
Due anni più tardi, la bonifica e lo smantellamento della centrale sono appena iniziate. Il direttore dell'impianto Takeshi Takahashi ha detto ai giornalisti di recente: "Quello che dobbiamo fare è isolare e conservare il combustibile nucleare danneggiato in modo sicuro. Ci vorranno 30 o 40 anni di lavoro".
 
Il governo giapponese ha annunciato nel dicembre 2011 che i tre reattori danneggiati avevano raggiunto lo stato di "arresto a freddo". Tuttavia, prima che il combustibile nucleare danneggiato possa essere rimosso, deve essere rialloggiato, un grave rischio data la fusione dei noccioli del reattore. Le condizioni all'interno dei tre edifici del reattore sono troppo pericolose perché vi si possa lavorare. Nel caso del reattore 3, l'operazione è ulteriormente complicata dall'uso di MOX altamente tossico (una miscela di plutonio e uranio) come combustibile nucleare. Remote le possibilità di usare sistemi robotici controllati.
 
Un altro grande problema è rappresentato dalle enormi quantità di acqua pompata nei nuclei del reattore per mantenerli a bassa temperatura. Nel normale funzionamento, l'acqua utilizzata per raffreddare il reattore viene riciclata con un sistema chiuso. Ma il danno ai reattori ha comportato che l'acqua dovesse essere alimentata in continuo, perché fuoriusciva. La TEPCO ha ora 260.000 tonnellate di acqua altamente contaminata stoccata, con una capacità ulteriore di circa 60.000 tonnellate e nessun sistema di trattamento e smaltimento delle acque. Il limite di immagazzinamento delle acque sarà raggiunto in pochi mesi.
 
Data la lunghezza del processo di disattivazione, ci sono preoccupazioni connesse a un'eventuale nuova catastrofe se l'impianto fosse nuovamente colpito da un terremoto. Un ingegnere nucleare presso l'impianto ha detto ad Australian: "Ciò che è rimasto intatto dopo il disastro è estremamente fragile e il prossimo [terremoto o tsunami] porterà a un collasso. L'impianto resta molto vulnerabile".
 
Nonostante le molte domande che restano aperte dopo il disastro nucleare di Fukushima, il nuovo governo del primo ministro Shinzo Abe si prepara a riavviare tutti i reattori giapponesi, i quali sono stati chiusi a causa dei timori diffusi sulla sicurezza nucleare. La crisi rivela una lunga serie di violazioni della sicurezza e insabbiamenti da parte di TEPCO e indica le relazioni tra le imprese del settore energetico e una regolamentazione accomodante del settore nucleare.
 
Il precedente primo ministro, Yoshihiko Noda, ha provocato grandi proteste riavviando 2 dei reattori nucleari del paese. Abe ha dichiarato al parlamento giapponese il 28 febbraio che i reattori che passano alle nuove linee guida di sicurezza potrebbero ripartire entro un anno. Se Abe ha dichiarato che non ci sarà "alcun compromesso" sulla sicurezza, le modifiche in tema di sicurezza sono limitate. Il Partito liberal-democratico di Abe, che ha governato il Giappone per la maggior parte degli ultimi 60 anni, è responsabile della regolamentazione lassista in materia di sicurezza nucleare, quella che ha portato al disastro di Fukushima.
 
 

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