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- popoli resistenti - grecia - 02-03-10 - n. 308
Tragedia greca
Situazione economica in Grecia
di Ivan Surina
Atene. Su tutti i giornali economici oggi si tratta della “tragedia greca” con riferimento alla situazione economica di questo paese. Certo che per la prima volta tutti gli economisti internazionali hanno dimostrato, insieme ai “loro” giornalisti, un’insolita vena ironica, specie con il termine “pigs” con il quale in Inghilterra hanno chiamato i paesi più a rischio, cioè Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna. Ovviamente facendo sembrare che l’Inghilterra non avesse alcun problema, come anche l’Italia che ha il quarto debito mondiale. Sembra che ci sia una corsa a dimostrare che i problemi li hanno gli altri.
In realtà come si dice qui, la Grecia rappresenta un esperimento speculativo non più rivolto verso un’azienda o un’industria, ma contro uno stato sovrano facente parte dell’ambito europeo. Un esperimento che viste le economie degli altri stati sotto pressione non si esaurirà certamente con la Grecia. Ma questi sono discorsi sui “massimi sistemi”.
In realtà sarebbe più importante descrivere sotto quale pressione psicologica questa crisi viene avvertita dal popolo. Non più tardi di ieri il governo Papandreu ha innalzato l’età della pensione a trentasette anni di versamenti senza limiti di età e trentacinque per i contratti statali. Ovviamente sono stati congelati gli stipendi e non verranno pagati i premi di produzione agli impiegati dello stato. Le tasse saranno aumentate dai 35.000 euro in su. Saranno considerati il numero delle case, la proprietà di barche o yacht (che in realtà sono piccole navi), il tutto in un paese dove solo cinquemila persone dichiarano guadagni annuali sopra i 100.000 euro (su undici milioni di abitanti).
Ovviamente il primo ministro, per l’applicazione di queste misure, si aspettava una responsabilizzazione da parte dell’opposizione e dei sindacati, ma che volete, qui non è l’Italia, e oggi il centro è bloccato da uno sciopero generale. Sì, perché qui si sciopera ancora. In realtà questo sciopero è per dimostrare che come al solito la crisi la pagano i soliti noti. I primi della lista sono gli statali, un enorme bacino elettorale, se si pensa che sono più degli statali francesi.
Gli altri sono i giovani che, come ora è di moda in tutta Europa, lavorano con contratto a termine, e i contadini che con i loro trattori hanno bloccato le autostrade greche e le ferrovie. Ci sono poi i lavoratori aeroportuali. I portuali, quelli no, dato che il settore container del Pireo è stato venduto ai cinesi. I quali non hanno comprato il debito pubblico greco, solo perché Papandreu non ha voluto prenderli come soci nella banca nazionale di Grecia.
In tutto questo bailamme, la pazienza del popolo è già esaurita. La benzina in un giorno da 1,05 euro è salita a 1,30 euro, non si fuma più perché il fumo si aspira da quello che fuma vicino a te, frutta e verdura si sono quasi raddoppiate di prezzo assieme al pane e al latte. I negozi chiudono a catena, il macellaio di fronte a casa mia ha chiuso dal sabato alla domenica (sequestrato è il termine giusto) e già il lunedì avevano attaccato alla porta la scritta “affittasi”. Peccato che in quel negozio hanno lavorato due generazioni. E così è anche per negozi che non vendono prodotti di prima necessità. L’edilizia è ferma con tutto il compartimento dell’indotto. Ora le case le acquistano solo chi si deve sposare o i “cravattai” approfittando delle tragedie altrui.
Per la prima volta, tornando tardi l’altra sera mi è capitato in tre occasioni di vedere persone cercare nei cassonetti della spazzatura e vi assicuro che non erano né stranieri né barboni. Fa impressione vedere persone di 50/60 anni girare sopra gli scooter per consegnare pizze o come pony-express.
Potrei continuare ancora a lungo. Il problema è che non ne posso più, non è possibile alzarsi la mattina e sentirsi le ultime misure economiche che tra poco ti cadranno sulla testa, come se fossi tu la causa di questa tragedia economica, e non una classe politica inetta che si sta tramandando di padre in figlio e si trasmette alle solite cinque famiglie e ai loro “sottopanza”. Forse la pressione psicologica giornaliera è ciò che più difficilmente puoi sopportare, quel dito puntato del politico di turno che sembra dire: “fino adesso vi siete divertiti ora vi faremo vedere noi”.
Con i tedeschi che dicono vi aiutiamo, non vi aiutiamo, come se la Grecia fosse una margherita da sfogliare. Ma sanno tutti che in questo momento ditte e sopratutto banche che hanno più investito in Grecia sono tedesche e francesi. L’aeroporto di Atene è in mano ai tedeschi per i prossimi 45 anni, così come il raccordo anulare, le assicurazione sono tutte in società miste, le banche uguale (a proposito nessuna banca è saltata in Grecia).
A fare andare in “default” la Grecia sarebbe stato sopratutto un problema per i tedeschi più che per i greci. Il problema è anche che la Grecia è stato sempre uno dei paesi meno virtuosi nell’area dell’Unione Europea. Verissimo, ma qui non c’è stata una Bank of Scotland, non c’è ancora una disoccupazione al 20% come in Spagna o al 19% come in Portogallo o come in Italia.
Il segnale che sta passando è che per i Greci, popolo di cicale, è arrivato il momento di pagare. Come diceva un anziano due giorni fa in televisione: “ma come faccio a pagare di più se per vivere faccio già due lavori ?”; ha ragione, perché personalmente conosco diverse persone che arrivano a fare il terzo lavoro e non per permettersi la settimana bianca, ma per far sì che il fine mese non sia nero.
Quello che fa paura in questo momento è che la malavita che qui ad Atene era quasi inesistente, tanto che era considerata la capitale più sicura a livello europeo, comincia a farsi ogni giorno più presente e minacciosa. Mentre anche se si verificavano furti, per una legge non scritta le armi non si usavano, mentre ora si uccide anche se non c’è reazione; le rapine riguardano sopratutto benzinai e minimarket, sintomo di una malavita da nuovo arrivato.
I suicidi dopo perdita del posto di lavoro, non sono così elevati come in Italia, e non coinvolgono come ultimamente succede nel nostro paese l’intero nucleo familiare. Ma questo e dovuto solamente all’enorme aiuto e solidarietà della struttura familiare e - cosa impensabile per gli “europei” - del vicinato. A questo proposito ci raccontava una nostra amica che abita al Pireo, che quando suo padre era stato licenziato dai cantieri navali di “Akaramakas”, la sua famiglia per i mesi che suo padre era senza stipendio, ha regolarmente trovato le buste della spesa fuori della porta di casa. Purtroppo anche qui però le nuove generazioni stanno diventando europee.
Ultimo aspetto, ma non meno importante, la Grecia spende il 4,7% del prodotto interno lordo in armamenti: carri armati tedeschi di ultima generazione, aerei americani e perfino aerei da trasporto italiani, navi americane e corvette israeliane, jeep austriache e americane. Il tutto grazie all’alibi dei continui sconfinamenti di spazio aereo e navale e della costante minaccia da parte dei turchi, della necessità della difesa di Cipro. Certo dire che gli stessi aerei americani (caccia F16) acquistati dai greci, siano prodotti in Turchia sembrerebbe una barzelletta, peccato che non lo sia. Se si pensa che la Grecia è presente in Afghanistan insieme alla coalizione guidata degli USA, si ha un’idea che i debiti nazionali non si possano accollare, le armi invece sì.
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