www.resistenze.org - popoli resistenti - guatemala - 08-03-10 - n. 309

da www.rebelion.org
Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
 
E’ arrivato il momento che le donne guatemalteche parlino e reclamino giustizia
 
Tamara de Gracia*
 
06/03/10
 
Nei giorni 4 e 5 marzo, in Guatemala, stanno terminando i lavori del "Tribunale di Coscienza per le donne sopravvissute alla violenza sessuale durante il conflitto armato", dove diverse donne, molte di loro indigene, daranno la propria testimonianza sulle violazioni, non riconosciute e ancor meno risarcite, che più di 30.000 donne subirono durante i 36 anni di conflitto armato che ebbe luogo in Guatemala fino alla firma della pace nel 1996.
 
La violenza contro le donne è universale in tutte le società, ma per capire la speciale gravità che essa ha rivestito in Guatemala bisogna guardare più indietro, analizzando il vincolo che esiste tra le donne uccise attualmente, più di 700 nel 2009, con un incremento del 160% tra il 2003 e il 2007, e le violazioni dei diritti umani denunciate dalle donne durante i 36 anni di conflitto armato.
 
In questa occasione, e tenendo conto della estesa impunità esistente in Guatemala, la giustizia ufficiale, come peraltro ci si aspettava, non ha investigato su questi crimini e di conseguenza si è resa necessaria la creazione dei Tribunali di Coscienza.
 
Questi tribunali sono un mezzo di giustizia alternativa che, pur non essendo organi giudiziari, contano su di una grande legittimità dal momento che sono dotati di perizie, prove peritali, attestazioni e testimonianze di persone con un alto grado di attendibilità. Dopo aver realizzato gli studi pertinenti e sentiti i testimoni, il Tribunale emette le raccomandazioni all'organo giudiziario, ai pubblici ministeri e alle differenti istanze governative.
 
La violazione sessuale fu una pratica generalizzata e sistematica in Guatemala, realizzata dagli agenti dello stato nel quadro della strategia contro la resistenza, arrivando a rappresentare una vera e propria arma di terrore contro le donne. La maggioranza delle violazioni si concentrarono in aree indigene e veniva praticata in forma massiccia nelle comunità, come presupposto ai massacri perpetrati dalla politica della “terra bruciata” oppure nei distaccamenti militari, dal momento che gli autori facevano parte dell'esercito o delle PAC (Pattuglie di Autodifesa Civile) create appositamente per questo disegno criminale.
 
L'esercito era cosciente che le violazioni sessuali erano un'arma efficace per colpire le donne e per spezzare il tessuto sociale della comunità, creando, oltre ai danni fisici e psicologici, una grande stigmatizzazione.
 
Il passato non è slegato dal presente. L’attuale storia del femminicidio in Guatemala è il risultato dell’atavico sistema di oppressione contro le donne, della storica impunità e del silenzio sulle violenze subite durante la guerra. Con questo Tribunale, oltre al fatto simbolico di compiere un'azione politica tesa a ridare dignità alle donne e sensibilizzare le istituzioni sul problema sociale della violenza sessuale, ci si pone l’obiettivo di dare risposte alle esigenze più sentite dalle donne: essere ascoltate, chiedere giustizia, rendere noto che non hanno colpe e dimostrare che la violenza sessuale fu una vera strategia di guerra fondata sul genocidio e sul femminicidio.
 
Questo tribunale conta su diversi sostegni e collaborazioni: da un lato la comunità di Euskal Herria, con l’avvocato Juana Balmaseda Ripero, membro del Consiglio basco dell'avvocatura, si occuperà dei casi di impunità, come ha già fatto nella stesura della relazione finale della Missione internazionale di osservazione su esecuzioni extragiudiziali e impunità in Colombia, e dall’altro con due rappresentanti dell'Istituto su sviluppo e cooperazione internazionale Hegoa, oltre che alla collaborazione e presenza della Organizzazione non governativa per lo sviluppo (ONGD) Mugarik Gabe.
 
Questo è un altro esempio della violenza strutturale che le donne subiscono nel mondo, una violenza che è manifestazione del patriarcato, sottilmente forgiata, accettata e rafforzata dalle abitudini, dalla religione, dalla politica, dalla cultura e dal diritto, il quale paradossalmente la trasforma in una pratica perfettamente legittima e vergognosamente impunita.
 
Azioni come questa ci avvicinano alla giustizia e alla possibilità di riparare a crimini passati per poter costruire una società senza disuguaglianze e ingiustizie, dove le donne siano finalmente libere economicamente, politicamente, socialmente e culturalmente.
 
* Tamara de Gracia è membro di Mugarik Gabe
 
 

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