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Haiti ha una lunga storia di aggressioni da parte dei suoi vicini latinoamericani

Lautaro Rivara * | peoplesdispatch.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

22/10/2020

Una missione di pace di 15 anni dell'ONU ad Haiti, terminata un anno fa, ha lasciato ancora domande senza risposta su come le nazioni latinoamericane siano arrivate a partecipare all'occupazione contro una piccola nazione caraibica disarmata e impoverita.

Tredici missioni di pace delle Nazioni Unite sono in corso in vari Paesi dell'Africa, dell'Asia e del Medio Oriente. Haiti è stato l'epicentro delle missioni di pace dell'ONU in America Latina e nei Caraibi; sono state otto le missioni dell'ONU da quando la Missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite ad Haiti (MICIVIH) è stata dispiegata nella nazione nel 1993. Il 15 ottobre 2019, l'ONU ha finalmente concluso la sua missione di pace ad Haiti, durata 15 anni, iniziata nel 2004, lasciando un "retaggio misto".

L'intervento più drammatico è avvenuto nel 2004, dopo il colpo di Stato contro il presidente democraticamente eletto Jean-Bertrand Aristide. Camille Chalmers, direttore esecutivo della Piattaforma haitiana per lo sviluppo alternativo, una rete di organizzazioni della società civile, ha affermato nel 2019 che il conflitto politico interno era usato come pretesto. Il colpo di stato è stato effettuato da forze militari sciolte da Aristide nel 1995. L'esercito del colpo di Stato con il sostegno di Stati Uniti, Canada e Francia, è entrato dalla Repubblica Dominicana e ha marciato verso Port-au-Prince.

Dopo l'esilio forzato di Aristide, il presidente ad interim Bonifacio Alexandre ha chiesto il primo spiegamento di una forza multinazionale ad interim. Composta da soldati canadesi, francesi, statunitensi e cileni, questa forza sarebbe stata l'embrione della futura Missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite ad Haiti (MINUSTAH). Sia la richiesta che l'occupazione stessa sono in contrasto con la Costituzione di Haiti del 1987; solo l'Assemblea Nazionale ha il potere di prendere queste decisioni, ma è stata aggirata da Alexandre.

Le argomentazioni dell'ONU: "stabilizzazione" e "interventismo umanitario"

Dalla creazione della MINUSTAH, sono emersi una serie di eufemismi per giustificare l'occupazione, come "sospensione della sovranità", "interventismo umanitario" e "pacificazione". In pratica, la pacificazione implicava un esercizio di repressione politica selettiva, la perpetrazione di vari crimini sessuali e la propagazione di un'epidemia di colera da una base della MINUSTAH che ha causato 10.000 morti e contagiato più di 800.000 persone. Ciò è stato riconosciuto tardivamente dall'allora segretario generale dell'ONU Ban Ki-moon, che si è anche scusato per la risposta dell'ONU all'epidemia di colera.

La creazione della MINUSTAH è avvenuta nel contesto dell'agenda internazionale plasmata dalla retorica della "sicurezza" e del "terrorismo". Dopo la caduta dell'Unione Sovietica e il declino del Movimento dei Non Allineati, il Consiglio di Sicurezza ha sviluppato un carattere sempre più discrezionale e i poteri dell'Assemblea Generale dell'ONU sono stati ridotti. A sua volta, il capitolo VI della Carta dell'ONU, che fa riferimento alla risoluzione pacifica delle controversie, è stato sempre più sostituito dal capitolo VII, che prevede l'imposizione delle cosiddette "forze di pace" e il dispiegamento dei Caschi Blu dell'ONU, noti "peacekeepers".

D'altra parte, un nuovo paradigma giuridico internazionale ha cominciato a imporsi: quello dell'"interventismo umanitario" e della "responsabilità di proteggere", nota anche come R2P. Come scrive Leyla Carrillo Ramírez, giurista cubana specializzata in relazioni internazionali, nel suo libro Metáforas de la Intervención, queste sono forme di "intervento coercitivo straniero". Queste, dice Ramírez, contraddicono i principi di sovranità e autodeterminazione delle nazioni, anche quando protette dalla reale o presunta violazione dei diritti umani delle popolazioni locali.

Brasile: Il "principio di non indifferenza" e le aspirazioni geopolitiche

Nel 2004 il Brasile ha assunto il comando militare della MINUSTAH, oltre ad essere il Paese che ha fornito il più grande contingente militare: 1.670 soldati all'inizio della missione.

Il principio guida della diplomazia brasiliana è stato quello della "non-indifferenza", una sorta di variante locale dell'R2P. Questo aspetto della politica estera del gigante sudamericano si accompagnava alla volontà di influenzare la politica internazionale in linea con il suo carattere di Paese emergente, membro dinamico dei BRICS e potenza subregionale.

Il Brasile ha guidato la politica di controllo della popolazione nei quartieri operai come Bel Air e Cité Soleil ad Haiti. A Cité Soleil, nel 2007 si è svolto un intervento armato che ha ucciso almeno 27 civili e lasciato 30 feriti, secondo le testimonianze degli abitanti e la denuncia presentata alla Commissione Interamericana per i Diritti Umani (CIDH). Tuttavia, secondo un dossier speciale dell'Istituto Igarapé e del Centro comune di formazione per le operazioni di pace del Brasile, l'autovalutazione ufficiale sarebbe estremamente lodevole, definendo la performance brasiliana ad Haiti come "epopea militare".

L'altra ragione della partecipazione brasiliana aveva a che fare con le trattative dirette stabilite tra i governi brasiliano, francese e statunitense. Secondo Ricardo Seitenfus, ex rappresentante speciale dell'Organizzazione degli Stati americani ad Haiti, l'ex presidente degli Stati Uniti George W. Bush aveva promesso al governo brasiliano un seggio permanente nel Consiglio di sicurezza dell'ONU in cambio dell'assunzione del comando della MINUSTAH.

L'Argentina e la rilegittimazione delle forze armate

Come in tutto il Cono Sud, le forze armate argentine erano coinvolte nel terrorismo di Stato e nella repressione coordinata dell'operazione Condor a metà degli anni Settanta. Ma solo in Argentina i militari avrebbero raggiunto un tale livello di discredito, determinato da fattori come la sconfitta nella guerra delle Malvinas e la nascita di un potente movimento per i diritti umani.

La partecipazione dell'Argentina alle missioni dell'ONU è dovuta a un tentativo di ripristinare e rilegittimare le forze in un contesto democratico, secondo La presenza dell'Argentina ad Haiti, un libro di autori vari affiliati all'Università Nazionale di Quilmes e al Ministero della Difesa argentino. Infatti, un documento di lavoro del Frente de Todos, una coalizione di partiti politici argentini, presentato nell'ottobre 2019, faceva riferimento, nella sua sezione sulla politica estera, alla necessità di rafforzare la presenza dell'Argentina nelle missioni di pace e faceva riferimento all'esperienza del paese nella partecipazione alla MINUSTAH.

La presenza dell'Argentina ad Haiti evidenzia gli enormi deficit nell'addestramento delle truppe inviate ad Haiti. Tra queste, l'incompatibilità tra l'addestramento militare e l'assunzione di compiti di polizia, la completa mancanza di conoscenza della realtà e della cultura locale e l'assenza di un addestramento con una prospettiva di genere. Ciò è particolarmente rilevante nel caso di truppe che hanno prestato servizio dove c'erano alti livelli di vulnerabilità sociale e che in seguito hanno commesso numerosi crimini sessuali secondo numerose indagini e rapporti. La sociologa haitiana Sabine Lamour ha affermato in un'intervista che diverse organizzazioni femministe e femminili hanno osservato molti casi di abusi sessuali in luoghi come Bombardopolis, Port-Salut, Gonaïves e Port-au-Prince, nonostante il fatto che sia il governo nazionale che le ambasciate straniere non abbiano mostrato alcun interesse nel tracciare i casi.

A un anno dalla fine dell'ultima missione ad Haiti, le nazioni latinoamericane - con l'eccezione di Cuba e del Venezuela, che si sono astenute dal partecipare - non hanno ancora fatto una valutazione completa e congiunta dei 15 anni di occupazione del Paese. Né hanno offerto una risposta soddisfacente o politiche di riparazione alle vittime di questa estesa e costosa guerra unilaterale.

*) Lautaro Rivara è un sociologo, ricercatore e poeta. In qualità di giornalista, ha partecipato come attivista in diversi spazi di comunicazione, occupandosi di editing, scrittura, trasmissioni radiofoniche e fotografia. Durante i due anni trascorsi nella Brigata Jean-Jacques Dessalines ad Haiti è stato responsabile della comunicazione e ha svolto attività di educazione politica con i movimenti della popolazione haitiana in questo settore. Scrive regolarmente nei progetti mediatici popolari in Argentina e nel resto dell'America Latina e dei Caraibi, tra cui Nodal, ALAI, Telesur, Resumen Latinoamericano, Pressenza, la RedH, Notas, Haití Liberte, Alcarajo e altri.

Questo articolo è stato prodotto da Globetrotter


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