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- popoli resistenti - honduras - 22-07-09 - n. 283
traduzione dal castigliano di Ciro Brescia
Washington: “Non c’è stato un golpe in Honduras”, che questo “episodio” serva di “lezione” a Zelaya e agli altri che seguono il modello venezuelano.
di Eva Golinger
21/07/09
Dopo tre settimane di discorsi ambigui da parte di Washington sul colpo di Stato in Honduras, alla fine la diplomazia statunitense ha dichiarato che non considera un golpe quello che è accaduto in Honduras. Così lo ha confermato ieri il portavoce del Dipartimento di Stato, Philip Crowley, in una conferenza stampa a Washington. Un giornalista gli ha chiesto se il governo statunitense ha qualificato gli accadimenti in Honduras come un “colpo di Stato” ed il portavoce del Dipartimento di Stato ha risposto con un chiarissimo “No”.
Durante questa settimana, dopo il nefasto golpe avvenuto l’ultimo 28 giugno, il Dipartimento di Stato lo ha negato rispondendo con chiarezza sui fatti accaduti. Dal primo giorno, la segretaria di Stato Hillary Clinton non ha riconosciuto i fatti come un “golpe” e nemmeno ha chiesto chiaramente la restituzione del presidente Zelaya al potere. In più, in tutte le sue dichiarazioni, si è sempre riferita “alle due parti” del conflitto, legittimando così i golpisti e responsabilizzando pubblicamente il presidente Zelaya.
Da allora, nonostante i diversi riferimenti al “golpe” in Honduras, il Dipartimento di Stato negava di qualificarlo come un colpo di Stato, cosa che diversamente lo obbligherebbe a sospendere qualsiasi appoggio economico, diplomatico e militare. Il primo di luglio, i portavoce del Dipartimento di Stato lo spiegano in questo modo: “In riferimento propriamente al golpe, sarebbe meglio dire che si è trattato di uno sforzo coordinato tra i militari ed alcuni attori civili.”
Inizialmente, i portavoce del Dipartimento dicevano che i loro avvocati stavano “analizzando” i fatti accaduti per giungere alla conclusione se ciò che è accaduto in Honduras si possa realmente definire un colpo di Sato o meno. Dopo la riunione tra la Segretaria di Stato Clinton ed il presidente Manuel Zelaya, il sette luglio passato, la diplomazia statunitense ha evitato di esprimere una opinione per non “influire” nel processo di “negoziazione” stabilito da Washington.
Senza dubbio, lunedì 20 luglio è stato un giorno di chiarezza. Hanno ammesso davanti al mondo che Washington non considera che ci sia stato un colpo di Stato in Honduras. Assumendo questa posizione, il governo degli USA si sta unendo al regime golpista dell’Honduras e suoi alleati, la maggioranza dei quali sono antichi golpisti o agenti della intelligence statunitense. L’Unione Europea, le Nazioni Unite, L’Organizzazione degli Stati Americani e tutti i paesi dell’America Latina hanno stigmatizzato gli avvenimenti honduregni riconoscendo il colpo di Stato. L’amministrazione Obama, invece, rimane da sola con i golpisti insistendo che non c’è stato un golpe e legittimando in questo modo la rimozione dal potere del presidente Zelaya.
Che serva di lezione per Zelaya e gli altri.
Durante la stessa conferenza stampa del Dipartimento di Stato, il 20 di luglio, il portavoce Philip Crowley dice qualcosa di ancora più rilevante sulla posizione di Washington di fronte agli accadimenti in Honduras. Alla domanda su una ipotetica rottura tra il governo venezuelano ed il presidente Zelaya dovuta al processo di negoziazione in Costa Rica, Crowley ha detto quanto segue: “Noi crediamo che se dovessimo scegliere un governo modello ed un leader modello nella regione affinché gli altri paesi lo seguano, l’attuale leadership del Venezuela non sarebbe il nostro modello. Se questa è la lezione che ha appreso il Presidente Zelaya da questo episodio, bene, allora sarebbe una buona lezione.”
Tale dichiarazione di Washington conferma che il colpo di Stato in Honduras è uno sforzo per attentare contro l’ALBA ed il bolivarianismo crescente e che si espande in tutta la regione. Rivela inoltre, che il golpe contro Zelaya è un messaggio agli altri governanti dell’America Latina che stanno stringendo le loro relazioni con il Venezuela. È come dire: “Se vi avvicinate al Venezuela, rischiate di essere defenestrati con un golpe o con altri tipi di aggressione”, che sarebbe appoggiata da Washington e giustificata come una misura per liberare la regione dalla minaccia chavista”.
Un giornalista ha insistito sulla questione e ha chiesto al portavoce del Dipartimento di Stato: “Quando dice che il governo venezuelano non deve essere un esempio di governo per gli altri leaders…” e Philip Crowley ha tagliato cinicamente, “Credo di aver detto le cose con chiarezza…”.
Visto il peso che implicano queste dichiarazioni, il giornalista insiste, “Potrebbe ripetere? (ridendo) è come giustificare il colpo di Stato, perché sta dicendo che se qualche governo tenta di seguire il modello socialista del governo venezuelano, sarebbe giusto defenestrarlo. Potrebbe spiegare le sue dichiarazioni sul Venezuela?”.
Crowley ha risposto alla domanda con un silenzio di complicità. E dopo ha approfittato del momento per aggredire il Venezuela. “Abbiamo delle preoccupazioni sul governo del presidente Chávez non solo su quello che ha fatto nel suo paese – attacco alla stampa, per esempio – ed i passi che ha fatto per limitare la partecipazione ed il dibattito nel suo paese. Inoltre siamo preoccupati per la misura che ha preso con alcuni suoi vicini… e l’intervento che abbiamo visto da parte del Venezuela rispetto alle relazioni con gli altri paesi, Honduras da un lato e Colombia dall’altro. Quando abbiamo delle differenze con il presidente Chávez, lo diciamo sempre in maniera molto chiara.”
Senza dubbio, queste ultime dichiarazioni confermano l’appoggio al colpo di Stato in Honduras e le sue motivazioni dietro agli avvenimenti. La lezione che sta dando Washington con questo golpe è una dichiarazione di guerra contro l’ALBA e specialmente contro il Venezuela.
I suoi attacchi si intensificano tanto contro il Venezuela così come contro l’Ecuador e la Bolivia. Con l’accordo tra il presidente Obama ed il presidente Uribe in Colombia, per aumentare massicciamente la presenza militare statunitense in America Latina, la nuova amministrazione di Washington riafferma che la battaglia tra la pace e la guerra continua e che la lotta per la liberazione dei popoli latinoamericani dalla bestiale mano imperiale, è appena cominciata.