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- popoli resistenti - honduras - 29-09-09 - n. 288
Traduzione di Adelina Bottero
Un salto qualitativo con la lotta organizzata in Honduras
Una nuova sfida: occupazione di strade, porti e dogane per bloccare il paese e abbattere la dittatura
Delfina Bermúdez *
"…Perché un popolo disorganizzato è una massa con cui si può giocare, ma un popolo che si organizza e difende i suoi valori, la sua giustizia, è un popolo che si fa rispettare"
Monsignor Oscar Arnulfo Romero, omelia del 2 marzo 1980
Ad oltre 90 giorni di resistenza e lotta il popolo honduregno ha fatto un salto qualitativo. A partire da martedì scorso, oltre al corteo collettivo nelle principali strade delle città, le azioni di protesta si sono estese ai paesi, quartieri e periferie. Le azioni di protesta e l’occupazione di strade nei paesi, quartieri e insediamenti periferici sono assai importanti, perché:
1) comportano, per la polizia e l'esercito, uno sforzo supplementare nel dispiegamento di personale, approvvigionamenti, combustibile ed altra logistica ed il muoversi in luoghi che non conoscono bene e non sono loro familiari; ciò favorisce un logoramento più rapido, un rifornimento più difficoltoso e il fatto che possano rimanere isolati, intrappolati;
2) il paese, il rione e il sobborgo sono luoghi familiari alla popolazione in resistenza, se ne conoscono le scorciatoie ed i punti inaccessibili;
3) la lotta sul territorio dà appartenenza ed implica necessariamente il mostrarsi, prendere posizione e mettere in contraddizione coloro che fino ad ora erano rimasti passivi;
4) la mobilitazione nei paesi e quartieri permette il coinvolgimento di molti/molte che prima non potevano andare alle manifestazioni, perché non avevano soldi per prendere l'autobus, per mangiare fuori, o perché sono casalinghe e custodiscono la loro casa, curano gli anziani e le anziane, i loro fratelli e sorelle, o i loro figli e figlie; soprattutto perché molti/molte lavorano durante la giornata ed ora possono prender parte alle azioni nel quartiere, di sera e di notte;
5) la mobilitazione nel quartiere, paese o sobborgo comporta necessariamente identificarsi ed organizzarsi a livello operativo per le iniziative, ed anche sedersi a discutere le ragioni dell’essere in resistenza, la portata dei cambiamenti che si richiedono, prendere in esame la corruzione, le limitazioni del circo elettorale attuale e specialmente la prospettiva di un paese nuovo, una nuova realtà altamente democratica e partecipativa, che vada oltre i partiti politici e che permetta di ridurre le disparità. Una patria più nostra e più giusta;
6) la lotta nei paesi e quartieri, riunisce persone anziane che hanno da trasmettere un bagaglio d’azioni di resistenza del passato, nelle lotte contadine, operaie e urbane; e tende una mano e attribuisce un rinnovato protagonismo ai/alle giovani che svolgono un ruolo decisivo nella protesta per le strade;
7) inoltre, l'organizzazione di quartiere avvicina la mobilitazione ed il conflitto a casa nostra e permette di rompere il cerchio mediatico, il marchio ufficiale che siamo quattro vagabondi che vanno compiendo atti vandalici, e permette ad ognuno/ognuna di noi d’identificarsi e riconoscersi come la RESISTENZA. Noi siamo la RESISTENZA.
Cosicché con la partecipazione, organizzazione ed azione dei paesi, dei quartieri e degli insediamenti periferici oramai non si torna indietro. Con ciò stiamo recuperando lo spazio pubblico che si è andato perdendo con l'indifferenza, col modello escludente che propone ed impone la borghesia "araba" mediocre che ci governa. Quei ricchi e quella classe media piena di bramosie che costruiscono muri e cinte di controllo poliziesco e ci obbligano tutti/tutte a rifugiarci nelle nostre case e a volgere la schiena ai nostri vicini/vicine.
Ora si tratta di fare un nuovo passo ed approfittare della ricchezza e capacità dell'organizzazione locale per dare la stoccata finale a questo regime repressivo e brutale, ai grandi impresari ed impresarie "arabi" e honduregni che finanziano ed appoggiano il golpe, che si sono arricchiti grazie a questo sistema escludente e retrogrado in cui viviamo. A coloro cui non importa che con la crisi, la repressione e il coprifuoco, molta gente abbia perso il lavoro, che non possa uscire a guadagnarsi il salario quotidiano per portare un boccone ai propri figli/figlie e che migliaia di piccole e medie imprese siano sull'orlo del fallimento per il crollo dei consumi.
Pertanto, per il reinsediamento di Manuel Zelaya, per il riscatto dello Stato, per riconquistare la patria e dare una nuova direzione ai nostri destini dobbiamo avvalerci di tutta l'organizzazione e di tutte strutture sviluppatesi nei paesi, quartieri e sobborghi, per colpire dove più gli duole: nei loro affari, nei loro sporchi guadagni.
Dobbiamo bloccare il trasporto terrestre ed i porti, attraverso centinaia, migliaia di piccole ma efficaci occupazioni di strade in tutti gli angoli del paese. Così coinvolgeremo tutte e tutti in ogni villaggio vicino alle strade, dogane e porti. Sono occupazioni brevi di mezz'ora, nelle quali blocchiamo il traffico con un centinaio di persone, bruciamo pneumatici, accatastiamo pali e tutti i materiali che abbiamo a portata di mano e collochiamo vetri rotti ed altre cose utili a “bucare le ruote” ai veicoli che continuino a passare. Resistiamo là per mezz'ora e NON AFFRONTIAMO la polizia e l'esercito. RIPETO, NON AFFRONTIAMO LA POLIZIA E L'ESERCITO.
Chiediamo agli abitanti della comunità più vicina di avvisarci prima che arrivino. Andiamocene via prima per le strade laterali, attraverso le colline e i sentieri che conosciamo. Affinché la polizia e l'esercito si stanchino tentando di agguantarci, spegnendo pneumatici, togliendo di mezzo rottami, rimuovendo vetri e chiodi dalle strade. E che il popolo li disprezzi, che nessuno in paese venda loro del cibo, chiudiamo le rivendite di tutto ed i negozi, facciamoci furbi. Immediatamente coordiniamoci per collocare un nuovo posto di blocco in un altro punto della strada a molti chilometri dal precedente, affinché se ne vadano via di volata, dovendosi spostare di blocco in blocco lungo la strada e così per tutto il santo giorno.
Nel frattempo continuiamo a fare occupazioni ed azioni diversive in ogni quartiere e sobborgo delle città, affinché continuino a mantenere il grosso delle truppe a Tegucigalpa ed in altri capoluoghi. Però bisogna organizzarsi e creare una rete d’informazione via telefono o radio, con codici, ed avvisare su quanti soldati si stanno muovendo da un punto ad un altro, e facciamoli impazzire i poliziotti ed i militari e, cosa più importante, non permettiamo che le imprese golpiste trasportino attraverso le vie di comunicazione i loro prodotti, né che dalle dogane e dalle imprese di esportazioni internazionali esca alcunché. Né olio di palma africana, né banane, caffè, zucchero, gamberi, meloni, minerali, nessun prodotto, vestiti, tessuti, calzini o pantaloni vengano esportati dalle maquilas. E questo è solo l’inizio, possiamo fermare camion, occupare e fare sabotaggi alle dogane, porti ed aeroporti.
Perché se non vendono, se non esportano, i loro affari e guadagni sono finiti. Ed allora, che se ne faranno del loro governo golpista? E questi impresari ed impresarie, ovvero coloro che puntellano il governo di fatto e che pagano laute bustarelle ai colonnelli e generali criminali, dovranno tirarsi indietro di fronte al potere del popolo, per procedere alla restaurazione del Governo di Zelaya, della democrazia per tutte e tutti, della nostra Assemblea Nazionale Costituente.
Allora compagni e compagne, a prenderci le strade, le dogane ed i porti, insieme alla gente dei quartieri, delle periferie e dei villaggi, a bloccare il paese!
Facciamo appello ai popoli fratelli di Guatemala, El Salvador e Nicaragua, affinché realizzino occupazioni delle frontiere coordinate col nostro popolo e compiano atti di protesta nelle principali città.
IN RESISTENZA FINO A RISCATTARE LA DEMOCRAZIA POPOLARE!
IN RESISTENZA FINCHE’ SI ESTENDA LA PARTECIPAZIONE ATTRAVERSO LA COSTITUENTE E CI SI ACCORDI SU UNA NUOVA COSTITUZIONE, UN NUOVO PATTO POLITICO PER RIFONDARE L’HONDURAS!
SALUTE, COMPAGNE E COMPAGNI!
* Delfina Bermúdez è un’insegnante honduregna in Resistenza
Rebelion ha pubblicato quest’articolo su espressa richiesta della sua autrice. Rebelion rispetta la libertà dell'autrice di pubblicare i suoi testi su altre fonti.