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- popoli resistenti - honduras - 30-10-09 - n. 293
Traduzione a cura di Adelina Bottero
L’“Operazione tortilla brasiliana” rifornisce la zona zero di Tegucigalpa
25/10/2009
Niente frutta, vetro o alluminio. Non passa qualsiasi cosa attraverso le due postazioni di controllo, in cui una trentina di poliziotti e militari ispezionano ciò che entra nella “zona zero”, l'ambasciata del Brasile, che ospita da oltre un mese il deposto presidente dell’Honduras, Manuel Zelaya.
AFP
Sergio Guimaraes, rappresentante in Honduras del Fondo delle Nazioni Unite per l'Infanzia (UNICEF), chiama “Operazione tortilla brasiliana” la missione umanitaria che rifornisce di vitto, vestiti o medicine Zelaya e la quarantina di persone, con le quali permane nella sede diplomatica.
“Era molto difficoltoso portare all’interno dell'ambasciata ciò di cui necessitavano gli occupanti, per questo motivo ci siamo messi a farlo. La tortilla in Brasile non esiste, ma è l’alimento che entra in ambasciata tutti i giorni”, racconta Guimaraes all’AFP.
Assediata da circa 200 membri delle forze di sicurezza, l'ambasciata può essere avvicinata soltanto dal veicolo dell’UNICEF, che deve sostare in un angolo, nel parcheggio di una catena di fast food statunitense, vicino al quale si trova un primo picchetto di polizia.
Per accostarsi ulteriormente, scatole e borse sono collocate in un’auto della polizia, fino ad una seconda postazione di controllo.
“Sono i 500 metri più difficili e lunghi della mia vita”, dice Guimaraes, che conduce l'operazione dal 21 settembre scorso, quando a sorpresa Zelaya s’introdusse nell'ambasciata, cercando di far pressioni per negoziare il suo ritorno al potere, finora senza esito.
Malgrado abbiano accettato di non ispezionare più i viveri con cani antidroga e di usare i guanti “perché ho protestato”, secondo Guimaraes il controllo sta aumentando, così come la pressione psicologica impiegata contro la sede: musica assordante all’alba attraverso gli altoparlanti, postazioni di franchi tiratori ed onde magnetiche che causavano mal di testa, neutralizzate dagli occupanti tappezzando le pareti con pellicole d’alluminio.
L’“Operazione tortilla brasiliana” si oppone - spiega Guimaraes - ai sette comandamenti della polizia: 1) Le cose di vetro non passano. 2) Il cibo passa solo in scatole di poliuretano. 3) Nessuna pellicola d’alluminio. 4) Passano soltanto contenitori timbrati. 5) A lampadina bruciata, una lampadina di ricambio. 6) Tagliaunghie: concesso oggi, si restituisce domani. 7) Frutta solo con ricetta medica.
“È la prima volta che dobbiamo andare dal medico affinché prescriva della frutta. Sono sempre più limitanti. Non lasciano passare aghi, filo, pile di ricambio e molti generi alimentari", commenta Guimaraes.
Mentre alcuni poliziotti o militari frugano i pacchetti, altri vigilano, redigono verbali, scattano fotografie e registrano videocassette. “Con quanto hanno filmato possono tirar fuori due lungometraggi”, dice scherzosamente il funzionario dell’UNICEF.
Guimaraes divide in tre gruppi i destinatari dell'operazione: A) Zelaya, la sua famiglia ed i funzionari dell'ambasciata. B) Un gruppetto di giornalisti. C) I seguaci del presidente, che l'accompagnano e s’incaricano della sicurezza dell'ambasciata.
Orlando Sierra, fotografo dell’AFP presente sul posto, racconta: “Non lasciano passare lozioni, deodoranti, lamette da barba, shampoo, scarpe, frutta o cibo in scatola. I primi giorni furono terribili con gli stessi abiti e senza lavarsi…”
Zelaya e sua moglie Xiomara Castro, che l'accompagna, ricevono le vivande che inviano da fuori i loro figli; i media internazionali per i loro giornalisti comprano piatti già pronti, ed i seguaci del presidente mangiano quello che mandano loro i loro parenti. Ma, tutto quanto, sottoposto alle regole dettate ed attraverso l’UNICEF.
Alcuni giorni fa un corrispondente cercò di farsi mandare un hard disk in una scatola di cereali ed un altro alcune sigarette tra le patate fritte. “Ci crearono problemi, perché adesso sono più rigidi”, commenta Guimaraes.
Ma è stato il cibo che passa senza problemi per i seguaci di Zelaya, quello che ha ispirato il diplomatico brasiliano: “Il popolo non può stare un solo giorno senza tortilla”.