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Le stime del PIL indiano del quarto trimestre 2023

Prabhat Patnaik | peoplesdemocracy.in
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

11/06/2023

Il 31 maggio sono state rese note le stime del Prodotto Interno Lordo indiano per il quarto trimestre del 2023. Esse mostrano un tasso di crescita del 6,1% rispetto al quarto trimestre dell'anno precedente, superiore alla crescita del 4,4% registrata nel trimestre ottobre-dicembre rispetto al trimestre corrispondente dell'anno precedente. Considerando l'intero anno 2022-23, il tasso di crescita del PIL rispetto all'anno precedente si attesta al 7,2%, superiore al 6,8% previsto in precedenza sia dal FMI che dalla Reserve Bank of India.

Il fatto che il dato del PIL si sia rivelato un po' più alto di quanto previsto in precedenza non fa alcuna differenza nella valutazione dell'attuale stato dell'economia indiana (vedi P.D. 23 aprile 2023). Significa ancora che tra il 2019-20 e il 2022-23, anche ignorando il brusco calo del PIL indotto dal lockdown e verificatosi nel 2020-21, il tasso di crescita annuale composto punto a punto del PIL si attesta a un misero 2,85 (era del 2,7% sulla base del precedente tasso di crescita previsto per il quarto trimestre); ed è ancora vero, secondo quasi tutti gli osservatori, che il tasso di crescita del 2022-23 non può essere sostenuto nel 2023-24 a causa di un rallentamento della crescita di varie componenti della domanda aggregata. Il fatto che l'economia indiana sia afflitta dalla stagnazione è quindi indubbio.

Il governo, tuttavia, fedele al suo carattere, ha scatenato una raffica di propaganda sulla base degli ultimi dati del PIL. La sua affermazione è che l'India è ora l'economia che cresce più rapidamente tra le principali economie del mondo e che questo fatto testimonia la sua abile gestione dell'economia. Ciò che si omette di dire è che tra le principali economie del mondo l'India ha avuto il calo più netto del PIL durante l'anno 2020-21 che ha visto il blocco indotto dalla pandemia; il blocco è stato il più draconiano di tutti. Il ritorno al livello del PIL precedente alla pandemia implica quindi un tasso di crescita straordinariamente elevato dalla base bassa in cui era sprofondato. Il fatto è che, come accennato in precedenza, se ignoriamo completamente l'anno della pandemia e quello della ripresa immediatamente successivo, e ci limitiamo a confrontare l'anno pre-pandemico 2019-20 con un normale anno post-pandemico 2022-23, troviamo un tasso di crescita annuale di appena il 2,85%, ciò è indicativo di uno stato di stagnazione piuttosto che di crescita, tanto meno di una crescita impressionante.

Gli ultimi dati sul PIL, tuttavia, evidenziano in modo ancora più marcato un fenomeno preoccupante che è stato notato da molti. Il PIL in termini reali nel 2022-23 è superiore del 13,37% rispetto a quello del 2018-19; ma il tasso di disoccupazione, secondo i dati resi disponibili dal Centro per il monitoraggio dell'economia indiana (CMIE), era del 6,3% nel 2018-19 ed è salito al 7,9% nel marzo 2023. Perché il tasso di disoccupazione dovrebbe salire in un periodo in cui il PIL sta aumentando, non certo in modo impressionante come abbiamo appena visto, ma certamente a un tasso superiore al tasso di crescita della popolazione a cui è legato il tasso di crescita della forza lavoro? In realtà il tasso di partecipazione della forza lavoro, cioè il rapporto tra la forza lavoro e la popolazione in età lavorativa, non è aumentato in questo brevissimo periodo. Quindi, perché il tasso di disoccupazione dovrebbe aumentare così bruscamente?

Il fatto che l'aumento del tasso di disoccupazione non sia dovuto a un improvviso aumento dell'offerta di lavoro, ma piuttosto a un calo della domanda di lavoro, è confermato da un'altra prova del CMIE. Questo dato mostra un calo assoluto del numero di occupati, da 408,9 milioni nel 2019-20 a 407,6 milioni nel marzo 2023. Questo calo assoluto suggerisce tre cose: in primo luogo, la ripresa dal minimo economico raggiunto nel 2020-21 è stata più pronunciata nelle attività a minore intensità occupazionale e meno pronunciata nelle attività a maggiore intensità occupazionale, come il settore non organizzato che continua a languire a causa dei colpi ricevuti durante il lock-down, per non parlare dei colpi precedenti sotto forma di demonetizzazione e GST. In secondo luogo, vi è un continuo aumento della produttività del lavoro che si sta verificando nell'economia, con la digitalizzazione che sostituisce sempre più l'attività umana; poiché il tasso di crescita dell'occupazione è semplicemente l'eccesso del tasso di crescita della produzione rispetto al tasso di crescita della produttività del lavoro, questo fatto ipso facto abbassa il tasso di crescita dell'occupazione. In terzo luogo, ci sono stati licenziamenti effettivi in diversi settori in risposta alla riduzione della domanda di lavoro, o come mezzo per imporre l'austerità; questo spiegherebbe i cali improvvisi che troviamo nel numero di occupati, per esempio da 409,9 milioni nel febbraio 2023 a 407,6 milioni in marzo.

Alcuni di questi fattori, tuttavia, che spiegano l'aumento del tasso di disoccupazione, suggeriscono anche il motivo per cui la crescita del PIL per il quarto trimestre del 2022-23, e quindi per il 2022-23 nel suo complesso, è di per sé sovrastimata. Con il nuovo metodo di stima del PIL, la stima preliminare, come quella che abbiamo ora per il quarto trimestre del 2022-23, è ottenuta assumendo che il tasso di crescita osservato delle attività del settore organizzato sia valido anche per il settore non agricolo non organizzato. In altre parole, poiché i dati relativi al settore non organizzato richiedono tempo per arrivare, la stima preliminare viene fatta quando i dati disponibili per questo settore sono molto scarsi; per questo motivo si presume che i dati relativi al settore organizzato siano validi per entrambi i settori presi insieme. Ma poiché il settore non organizzato è stato duramente colpito, soprattutto durante la pandemia, da cui non si è più ripreso, questo metodo di attribuire la crescita del settore organizzato a entrambi i settori presi insieme ha l'effetto di esagerare il tasso di crescita complessivo dell'economia.

Anche all'interno del settore organizzato, sono i dati sulla performance finanziaria delle società quotate del settore privato, disponibili su base trimestrale, ad avere un peso preponderante nella misurazione del tasso di crescita del settore nel suo complesso; e questo dà un'ulteriore distorsione verso l'alto al dato sul tasso di crescita del PIL. Questo dato di crescita sarà senza dubbio corretto al ribasso in seguito, se la CSO avrà mano libera e se sarà coscienziosa, ma per il momento il dato di crescita esagerato serve bene alle esigenze di propaganda del governo Modi.

Tuttavia, anche se i dati sono già stati resi noti, ciò che colpisce è che il tasso di crescita del settore manifatturiero (valore aggiunto lordo) per l'intero anno rispetto a quello precedente è pari a un misero 1,3%. Sono il settore agricolo (4 percento), la cui produzione è soggetta ad ampie fluttuazioni, e il settore dei servizi, all'interno del quale "il commercio, gli alberghi, i trasporti, le comunicazioni e i servizi legati alla radiodiffusione" (14 percento) sono cresciuti più velocemente, a trainare il tasso di crescita complessivo.

Questo dato è significativo. Il settore dei servizi prospera generalmente sulla base del plusvalore generato all'interno dei settori che producono beni materiali, motivo per cui Adam Smith aveva classificato i lavoratori impegnati nel settore dei servizi come "lavoratori improduttivi", e anche perché in Unione Sovietica e in altri Paesi socialisti dell'Europa orientale la produzione del settore dei servizi non era inclusa nella stima del PIL. Inoltre, la crescita del settore dei servizi spesso riflette la mera mercificazione di una serie di attività precedentemente svolte all'interno della famiglia, e quindi non riflette un reale aumento del livello di attività. Inoltre, la stima della produzione del settore dei servizi è irta di difficoltà, soprattutto nel suo segmento non organizzato. Per tutte queste ragioni, un alto tasso di crescita del settore dei servizi, soprattutto se accompagnato da una stagnazione del settore manifatturiero, non è necessariamente da festeggiare.

Inoltre, l'argomentazione secondo cui l'estrapolazione della crescita del settore organizzato al settore non organizzato esagera il tasso di crescita reale, si applica con particolare forza al settore dei servizi. I lavoratori spendono generalmente i loro redditi, a parte il cibo, in prodotti manifatturieri e nella produzione del settore dei servizi non organizzati. Il fatto che la produzione manifatturiera sia rimasta praticamente stagnante, mentre è improbabile che la produzione del settore dei servizi non organizzati abbia fatto meglio, suggerisce che il consumo dei lavoratori è rimasto estremamente contenuto. A ciò si aggiunge il fatto che la crescita della spesa pubblica è stata letteralmente stagnante in termini reali. La formazione lorda di capitale fisso è indubbiamente aumentata, ma una tale crescita degli investimenti non può essere sostenuta se i consumi e le esportazioni nette sono in ritardo.

La contrazione dei consumi dei lavoratori è l'aspetto più inquietante che emerge dalle statistiche del PIL e che nessuna vanteria sul fatto che l'India sia "l'economia che cresce più velocemente" al mondo può nascondere.


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