In risposta all'attacco di Hamas del 7 ottobre, le forze israeliane non solo hanno bombardato massicciamente la Striscia di Gaza, uccidendo quasi 2.000 palestinesi e ferendone almeno 7.000 (fino a venerdì sera), ma hanno interrotto tutte le forniture di cibo, elettricità, gas e acqua a Gaza. Inoltre, venerdì hanno dato un avvertimento a 1,1 milioni di residenti del nord di Gaza, cioè la metà della popolazione di tutta Gaza (che conta 2,2 milioni di persone ammassate in un'area di soli 365 chilometri quadrati) di lasciare le loro case ed evacuare la regione entro 24 ore in preparazione di un'offensiva di terra israeliana. Dal momento che tutti i punti di ingresso da Gaza a Israele sono chiusi e che l'unico punto di ingresso da Gaza all'Egitto è stato bombardato, in modo che la gente non possa utilizzarlo (oltre al fatto che l'Egitto ha chiarito che non accoglierà i rifugiati palestinesi), l'ordine di evacuazione israeliano è palesemente impossibile ad adempiere.
Inoltre, anche se le uscite da Gaza fossero disponibili e aperte, la portata dell'esodo di un milione di persone, tra cui anziani, malati, donne e bambini, nell'arco di sole ventiquattro ore, il che significa circa 42.000 persone all'ora o 12 persone al secondo, è un'impossibilità fisica. L'ordine è tutt'al più una foglia di fico per coprire la carneficina che attende i residenti di Gaza quando inizierà l'offensiva di terra da parte delle truppe israeliane: si potrà così sostenere che la popolazione era stata avvertita, e che se è rimasta comunque a farsi massacrare la colpa non è delle truppe d'assalto. A parte la carneficina compiuta dalle truppe d'invasione, la disperazione e il panico causati dall'ordine di evacuazione, per non parlare dell'impotente vagare di numerose persone in fuga dalle loro case e dei continui bombardamenti che vengono effettuati sulle strade che i rifugiati percorrerebbero, causeranno migliaia di vittime. Quello a cui stiamo assistendo, insomma, è la perpetrazione di un genocidio.
Secondo la Convenzione sul genocidio delle Nazioni Unite del 1948, un genocidio è definito come un insieme di "atti commessi per distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso". Ciò che sta accadendo a Gaza rientra esattamente in questa definizione di genocidio. Le potenze imperialiste occidentali difendono questo genocidio sostenendo che Israele ha il diritto di difendersi dagli attacchi terroristici e che Hamas, un'organizzazione terroristica, ha compiuto un attacco così brutale e lo rifarà in futuro; poiché Hamas si nasconde dietro la popolazione di Gaza, diventa necessario adottare queste misure per sottomettere Hamas.
Accettiamo per un momento la descrizione che gli imperialisti occidentali fanno di Hamas come organizzazione terroristica, che anche Narendra Modi ha fedelmente ripreso. Tuttavia, nessuna legge internazionale permette a Israele o a qualsiasi altro Paese di compiere un genocidio contro un intero popolo perché tra di esso si trovano dei terroristi. Infatti, la punizione collettiva inflitta a un intero popolo per reati che non ha commesso personalmente costituisce un crimine di guerra ai sensi della Quarta Convenzione di Ginevra; e ciò che Israele sta facendo non è solo una "punizione collettiva", ma un attacco genocida. Se la negazione dell'acqua, dell'elettricità e del gas, che è una forma di "punizione collettiva", è essa stessa un crimine di guerra, se il bombardamento di aree civili è esso stesso un crimine di guerra (e il fatto che dei non civili si trovino in tali aree non cambia la loro classificazione come aree civili, e quindi non annulla il fatto che tale bombardamento sia un crimine di guerra), allora l'ordine perentorio e impossibile di sgomberare il nord di Gaza è un crimine di guerra di dimensioni inimmaginabili; e lo stesso vale per la negazione del cibo alla popolazione della Striscia di Gaza. Le Nazioni Unite hanno definito le azioni israeliane che hanno fatto seguito all'attacco di Hamas una violazione del diritto internazionale; questa violazione è diventata a dir poco un genocidio.
Il fatto che i Paesi imperialisti occidentali, così agitati per le vittime civili israeliane causate dall'attacco di Hamas, non pronuncino una sola parola contro i massicci crimini di guerra israeliani, compreso il genocidio che si sta scatenando contro il popolo palestinese, tradisce una mentalità in cui le vite palestinesi contano meno di quelle israeliane; è una mentalità razzista, che le potenze imperialiste condividono con il regime di apartheid che attualmente governa Israele con il loro sostegno. Questa mentalità, che si cerca di corroborare invocando storie false diffuse da coloni israeliani fanatici, di Hamas che decapita bambini ebrei, era evidente nelle parole usate in difesa del "completo assedio" di Gaza dal ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant: "Stiamo combattendo contro degli animali e stiamo agendo di conseguenza" (cit. in Marjorie Cohn, Truthout, 12 ottobre).
Ma chiamare Hamas "organizzazione terroristica" significa chiudere gli occhi su tre quarti di secolo di occupazione dei territori palestinesi da parte di Israele, durante i quali la popolazione è stata spietatamente oppressa, brutalizzata, espropriata e umiliata. Di recente sono stato giurato in un Tribunale internazionale sull'imperialismo statunitense e abbiamo ascoltato le testimonianze di 15 Paesi che sono stati sottoposti a sanzioni economiche da parte degli Stati Uniti e di altre potenze imperialiste. Quando il testimone di Gaza ha deposto davanti al tribunale, alcuni mesi fa, sullo sfondo c'erano bombe che esplodevano. Era chiaramente un caso di bombardamento di civili e quindi costituiva un crimine di guerra. È questa catena di crimini di guerra, questo assoggettamento di un intero popolo in un modo che ricorda il colonialismo dei coloni, culminato con la profanazione della moschea di Al-Aqsa, che ha generato il tipo di azione in cui si è impegnato Hamas.
Secondo il diritto internazionale, i palestinesi hanno il diritto di resistere, anche attraverso la lotta armata, alla presa forzata delle loro terre da parte degli occupanti israeliani; questa posizione è stata ribadita da una risoluzione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 1983 che affermava "la legittimità della lotta dei popoli per la loro indipendenza, integrità territoriale, unità nazionale e liberazione dalla dominazione coloniale, dall'apartheid e dall'occupazione straniera con tutti i mezzi disponibili, compresa la lotta armata" (cit. in Cohn op.cit.). Liquidare Hamas come una semplice organizzazione terroristica e non come un gruppo impegnato in una lotta anticoloniale significa quindi ignorare l'intero contesto di palese sottomissione del popolo palestinese. Questo contesto dà origine a tali organizzazioni il cui ricorso alla lotta armata in sé, che sia saggio o meno, non può essere liquidato come illegale o immorale.
Tutto questo non significa approvare tutto ciò che Hamas sta facendo, ma sottolineare il fatto che l'assunto fondamentale del regime israeliano e dei suoi sostenitori imperialisti occidentali, secondo cui si può usare la pura forza per "normalizzare" la sottomissione di un popolo e l'occupazione della sua terra, non è assolutamente legittimo, pur essendo un'opinione condivisa da un numero elevato e crescente di persone in Israele. La risposta del regime israeliano all'attacco di Hamas si basa proprio su questo presupposto, ovvero che l'eliminazione di alcune organizzazioni "terroristiche" che creano problemi "risolverà" il problema e porterà la pace in Israele. Al regime israeliano sfugge il fatto che negli ultimi 75 anni non è stato così. Il suo attuale tentativo di genocidio non farà altro che provocare in futuro ritorsioni ancora più forti da parte delle organizzazioni palestinesi, se non da parte di Hamas o di qualche altra organizzazione; causerà perdite di vite umane ancora maggiori in una spirale di violenza crescente.
I sinceri democratici di tutto il mondo si immedesimano profondamente nelle sofferenze che il popolo ebraico ha sopportato nel corso della storia e soprattutto sotto il nazismo in Europa; il regime israeliano e i suoi sostenitori metropolitani, tuttavia, stanno facendo un uso cinico di queste sofferenze per promuovere il progetto imperialista, banalizzandole. Ciò che stanno infliggendo al popolo palestinese ricorda per molti versi ciò che il popolo ebraico aveva sofferto sotto i nazisti: alcuni hanno infatti tracciato un parallelo tra la rivolta di Gaza e quella degli ebrei contro gli occupanti nazisti nel ghetto di Varsavia nel 1943. Ma Netanyahu, sostenuto fino in fondo dall'imperialismo occidentale, è implacabile, tanto nella sua ferocia fascista quanto nella sua miopia. In nome della lotta all'"antisemitismo", il governo francese ha vietato le manifestazioni contro il genocidio del popolo palestinese, divieto replicato in molti altri luoghi del mondo metropolitano.
L'ultima fiammata della guerra tra Israele e Hamas mette in evidenza l'assoluta necessità di raggiungere una soluzione negoziata e duratura del conflitto palestinese. Il compito immediato, tuttavia, è quello di fermare il genocidio del popolo palestinese, eliminando il blocco imposto da Israele e impedendo un'invasione di terra israeliana della Striscia di Gaza. Le Nazioni Unite sono diventate uno spettatore impotente perché l'imperialismo ha paralizzato il Consiglio di Sicurezza. Agitare l'opinione pubblica mondiale rimane l'unica speranza.
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