www.resistenze.org - popoli resistenti - kirghisia - 16-06-10 - n. 323

da www.contropiano.org/Documenti/2010/Giugno10/16-06-10KirghizistanGrandeGioco.htm
 
Kirghizistan, “il grande gioco” all’ombra degli scontri “etnici”
 
di Marco Zoboli
 
Strano paese il Kirghizistan, unico stato al mondo ad ospitare basi militari statunitensi e russe..
Come non ricordarsi della base aerea statunitense di Manas, strategico ponte aereo per l’occupazione imperialista in Afghanistan e al centro dell’asta indetta dal deposto presidente Bakiev che per la sua chiusura ha ricevuto ingenti prestiti e finanziamenti da Mosca così come da Washington per la sua permanenza… E come nella morale della favola del pesciolino d’oro: “chi troppo vuole nulla stringe”, Bakiev si è trovato sfiduciato e in esilio a Minsk, dopo che l’opposizione ha ingaggiato moti insurrezionali a fronte della copertura e dell’appoggio politico internazionale che andava da Mosca a Tel Aviv.
 
L’azione del nuovo governo provvisorio, cosciente del terreno argilloso sul quale doveva muoversi, è stata ufficialmente all’insegna della buona volontà anche nei confronti di Washington al quale ha rinnovato d’ufficio l’affitto della base aerea di Manas per un anno, data per la quale il nuovo governo che uscirà dalle urne di ottobre avrà la legittimità per operare le proprie scelte con l’avvallo di una maggioranza parlamentare democraticamente eletta. E se Roza Otunbayeva verrà confermata alla guida del paese i rapporti con Washington dovrebbero essere tutt’altro che complessi, se ricordiamo il suo ruolo all’epoca della rivoluzione delle rose (Direttrice Ufficio Nazioni Unite in Abkhazia) nell’ascesa di Saakashvili in Georgia a cui diede un forte sostegno.
 
Apparentemente la nuova dirigenza si è mossa all’insegna dell’equidistanza tra Russia e Stati Uniti, ma proprio così non è.
Tengo a precisare che le pressioni russe sulla chiusura di Manas sul deposto Bakiev avvennero a pochi mesi dalla guerra in Ossezia del Sud, ciò che era tattico ieri oggi non lo è più. Mosca non ha interesse a ostacolare l’affondamento della Nato in Afghanistan tanto più ora che gli equilibri geopolitici nell’area stanno mutando a proprio favore. Dalle colonne del New York Times Eric Mc Glinchey tranquillizza Mosca: Il Kirghizistan fa parte del cortile di casa della Russia, e il fatto che dipendiamo da loro per la base aerea militare necessaria alla nostra guerra in Afghanistan non cambia la situazione. Presentare un fronte unito con la Russia, tuttavia, aiuterebbe Washington a mantenere la sua base aerea ed evitare un’altra guerra di offerte economiche”.
 
Apparentemente quindi Washington ha tutto l’interesse a sostenere il nuovo governo della loro ex collaboratrice Roza Otunbayeva. Questo golpe insurrezionale che ha colto tutti di sorpresa (tranne Mosca), è l’epilogo della stagione delle rivoluzioni colorate che una dopo le altre sono rientrate sotto l’influenza geopolitica russa, ultima in ordine di tempo è l’affossamento dall’esito elettorale del processo della “rivoluzione arancione” in Ucraina, e la rivoluzione delle rose (appassite) georgiana sarà la prossima vittima peraltro già isolata dai suoi ex alleati del GUUAM; l’imperialismo statunitense sta vedendo arretrare tutti propri avamposti eurasiatici, alleanze ottenute dopo faticose trame e ingenti risorse necessarie per corrompere, organizzare corpi paramilitari, sostenere necessariamente le deboli economie per un altrettanto necessario consenso a questi piccoli utili fantocci di Washington.
 
E’ questo il dato oggettivo, indipendentemente dalla proroga o meno della base aerea di Manas, il nuovo governo rappresenta l’ennesima sconfitta politica statunitense nell’area e i prossimi birilli sono pronti a cadere…
 
Nei mesi precedenti l’insurrezione Raza Otunbayeva aveva viaggiato spesso a Mosca creando un rapporto privilegiato con il Partito Unito della Russia, e la sua visione strategica dell’Org. Coop. Shanghai nella quale ha rappresentato il proprio paese per la prima volta nel vertice del 10 e 11 giugno in Uzbekistan ne fanno un alleato più che affidabile e tutt’altro che equidistante. Ma torniamo alla base militare di Manas; nelle prime ore da reggente Otunbayeva ne aveva annunciato la chiusura per ragioni di sicurezza, solo dopo pressioni congiunte tra Washington e Mosca che non voleva esacerbare gli animi e ricevere accuse sull’appoggio all’insurrezione è arrivata la smentita e la proroga annuale…
 
Chi sta fomentando quindi e da dove nascono gli attuali disordini è presto detto, anche perché il deposto Bakiev che viene accusato di esserne l’artefice è in esilio a Minsk, capitale della Bielorussia, paese membro del Trattato di Sicurezza Collettiva che in base all’alleanza militare contratta con Russia e altri paesi ex sovietici interverrà con le sue forze di intervento rapido, come già richiesto formalmente da Otunbayeva, in difesa del nuovo governo kirghizo. Forse sarebbe il caso di guardare piuttosto verso quelle strutture semiclandestine che resero possibile la sua ascesa e che oggi tentano di destabilizzare il paese conto terzi, magari per evitare di far cadere altri birilli…
 
Al momento comunque Mosca si è limitata a rafforzare il proprio contingente con l’invio di 300 paracadutisti, se le cose dovessero precipitare, come da dichiarazione di Nikolaj Patrushev, segretario del Consiglio russo di sicurezza nazionale, l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva è pronta ad intervenire con ogni mezzo necessario per stabilizzare la situazione.
 
Il gioco si fa troppo grande anche per gladiatori e mercenari.
 
 

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