www.resistenze.org - popoli resistenti - kurdistan - 14-01-13 - n. 436

da michelcollon.info
  
A Parigi e Ankara, terrorismo e antiterrorismo sono una sola cosa
 
Bahar Kimyongür
 
14/01/2013
 
Mercoledì scorso, tre militanti kurde sono state uccise con un colpo alla testa nei locali del centro d'informazione del Kurdistan situato nel cuore di Parigi. Fra le vittime Sakine Cansiz, 55 anni, una delle fondatrici del PKK, superstite del campo di tortura Diyarbakir durante la dittatura del generale Evren. Le altre due militanti di una ventina di anni più giovani sono cresciute in Europa. L'assassinio odioso di queste tre donne ha suscitato l'emozione e l'indignazione tanto nella comunità kurda della diaspora, che negli ambienti associativi francesi ed europei che chiamano a protestare contro il terrorismo dello Stato turco e "la complicità di François Hollande"
 
Se attualmente ignoriamo ancora l'identità di o degli autori di questo massacro politico, non dobbiamo dimenticare la responsabilità dello Stato francese nell'insicurezza che colpisce le associazioni kurde regolarmente vittime di operazioni poliziesche.
 
Ogni anno, decine di simpatizzanti del PKK infatti sono arrestati nelle loro case, nei locali delle loro associazioni o sul luogo di lavoro dalle unità dell'antiterrorismo (Sous-direction antiterroriste SDAT) quindi citati in giudizio dinanzi ai tribunali in base ad accuse politiche.
 
Altri movimenti dissidenti anatolici subiscono la stessa sorte.
 
Alcuni giorni fa appena, la X camera del tribunale di Parigi ha condannato quindici militanti marxisti turchi ad un totale di molte decine di anni di prigione, poiché avrebbero messo in piedi una organizzazione terroristica.
Tuttavia, questi quindici attivisti di sinistra non hanno mai progettato di commettere alcun attacco, né in Francia, né in Turchia, né altrove nel mondo.
 
Le loro attività consistevano nell' attaccare manifesti, raccogliere firme, organizzare concerti, festival di musica e picnic, sfilate per il 1° maggio o anche tenere stand di kebab alla Fête de l'Humanité allo scopo legittimo di fare conoscere la lotta dei loro compagni imprigionati in Turchia.
 
Nel resoconto pubblicato dal Collectif Angles Morts a proposito delle udienze di questo processo (http://www.article11.info/?Antiterrorisme-ordinaire-le-proces), si scopre lo stato d'animo quanto meno di sfida e il grado di mala fede dei maestri dell'antiterrorismo francese per che i quali il non possedere telefono portatile, la gestione caotica di un'associazione culturale o i saluti affettuosi tra co-imputati, sono i segni di una insondabile cospirazione terroristica.
 
Per sapere quale insetto abbia ben potuto pungere la giustizia francese, basta un semplice colpo d'occhio "all'Accordo di cooperazione in materia di sicurezza interna tra il governo della Repubblica francese e quello della Repubblica della Turchia".
 
Quest'accordo sulla lotta antiterroristica è stato firmato il 7 ottobre 2011 ad Ankara da Claude Guéant, ministro degli Interni sotto il regno di Sarkozy e dal suo omologo turco, Idris Naim Sahin.
 
Grazie al clan Sarkozy e ai suoi eredi socialisti, il regime di Ankara può così agitare la sua spada fin nelle strade di Parigi senza colpo ferire.
 
In cambio, grazie al clan Erdogan, lo Stato francese offre ai suoi cittadini per nulla contestatari, una concezione molto panoramica "della sicurezza interna" con una chiave per un soggiorno gratuito in un centro di disintossicazione ideologica.
 
Prima, lo Stato turco non aveva bisogno di accordi di questo genere, di trattati per perseguitare i comunisti turchi, i nazionalisti kurdi o armeni nella patria dei diritti umani.
 
Mai come durante gli anni 80 si contano così tanti crimini commessi sul suolo francese, appoggiati dai turchi che si sostengono sulle reti mafiose di estrema destra come i Lupi Grigi: l'attentato del 5 dicembre 1983 contro l'organizzazione della gioventù armena; il tentativo d'assassinio degli attivisti armeni Ara Toranian e Henri Papazian; l'attentato al plastico contro il monumento armeno di Alfortville il 4 maggio 1984, ecc.
 
Dietro questi crimini ricompare lo stesso nome, quello di Abdullah Catli, trafficante d'eroina, killer e militante fascista ricercato dall'Interpol ma che beneficia delle protezioni della polizia turca.
 
Catli è morto nel famoso incidente di Susurluk, il 3 novembre 1996.
A bordo della Mercedes distrutta, è stato trovato il corpo senza vita della sua amante e quello di un capo della polizia antiterrorista turca.
 
Il quarto attore a sorpresa di questo film tragico realistico era Sedat Bucak, deputato del partito di destra all'epoca al potere e unico sopravvissuto allo schianto.
 
Al momento del suo decesso, Abdullah Catli portava un passaporto falso fornito personalmente da Mehmet Agar, il ministro degli Interni dell'epoca.
 
Oggi, il primo ministro turco Erdogan ha un bel farsi passare per il Di Pietro turco in guerra contro lo Stato sommerso.Gli scandali che riguardano la sua collaborazione con membri della banda Catli o i torturatori del "ancien régime" sono una infinità.
 
Come ogni capo che si rispetti, a causa di questi discorsi islamisti infiammati, Erdogan è stato detenuto nel carcere di Pinarhisar, protetto da guardie del corpo.
 
Fra loro, c'era un certo Hasan Yesildag. Questo personaggio oscuro è citato nell'affare dell'attentato contro il monumento agli armeni a Marsiglia e fa parte della banda Catli (fonte: Necdet Pekmezci, Derin Abiler-Derin Sirlar, Ed. Kripto, 2012).
 
Il 17 giugno 2004, un ex-prigioniero politico chiamato Erdal Gökoglu aveva smascherato in occasione di un congresso a Rotterdam, un' altra guardia del corpo del primo ministro, Maksut Karal, colpevole di torture in carcere. (Vedere http://archive.indymedia.be/news/2004/06/86320.html).
 
Per far tacere le critiche, Erdogan aveva pregato il suo gorilla di farsi da parte.
 
Il processo Ergenekon (http://fr.wikipedia.org/wiki/Ergenekon) costituisce l'immagine più completa di questa strategia governativa, che consiste nel fingere di volere torcere il collo ai vecchi demoni che abitano le istituzioni dello Stato, utilizzandoli a proprio profitto per allontanare gli avversari.
 
Prima dell'arrivo al potere del AKP, i vecchi demoni dello Stato sommerso avevano fatto dell' esecuzione extragiudiziale il loro sport preferito.
 
Oggi, questa pratica terroristica è non soltanto sopravvissuta all'arrivo dell' AKP, ma ha anche ritrovato una nuova gioventù, come testimonia l'assassinio dello scolaro kurdo di 12 anni Ugur Kaymaz, dello studente socialista Önder Babat o anche del giornalista arméno-turco Hrant Dink.
 
Secondo le organizzazioni turche dei diritti umani, una quarantina di cittadini sono state vittime di esecuzioni extragiudiziali eseguite dalle forze di sicurezza durante l'anno 2012.
 
Sono gli stessi che hanno ucciso Sakine, Fidan e Leyla nel centro d'informazione del Kurdistan a Parigi?
 
L'opposizione turco-kurda che lotta contro il regime poliziesco di Erdogan ne ha l'intima convinzione.
 

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