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Lettonia: i giovani contro le discriminazioni etniche

Intervista a Martijans Bekasovs a cura di Jef Bossuyt

www.ptb.be - 23 maggio 2003


Un grande concerto musicale allestito il 24 maggio a Riga, capitale della Lettonia, per celebrare l’ingresso del paese nell’Unione Europea, e ripreso dalle telecamere di “Eurovisione”, potrebbe rappresentare l’occasione per richiamare l’attenzione di tutto il continente sulle sistematiche violazioni dei diritti delle minoranze etniche presenti nel paese (il 40% della popolazione). E’ prevista, infatti, una manifestazione di massa organizzata dal movimento progressista “Lasjor”, che raggruppa i giovani vicini al Partito Socialista Lettone (in cui sono confluiti i comunisti, dal momento che la denominazione “Partito Comunista” è stata vietata dalla Costituzione lettone).
Sulle finalità della manifestazione e sulla drammatica situazione dei diritti umani e civili in Lettonia si sofferma, alla vigilia del suo svolgimento, in un’intervista concessa al sito internet del Partito del Lavoro del Belgio, Martijans Bekasovs, deputato del raggruppamento “Per i diritti civili in Lettonia”, di cui è parte essenziale il Partito Socialista, che ha ottenuto 25 dei 100 seggi parlamentari nel corso delle recenti elezioni politiche.
M.G.

D. Cosa vogliono questi giovani?

R.
Il diritto all’insegnamento nella propria lingua! Il governo ha adottato una legge che viola questo diritto fondamentale dell’uomo. Secondo la nuova legislazione, solamente le scuole che insegnano in lingua lettone verranno ancora sovvenzionate. Ora, circa il 40% della popolazione della Lettonia parla un’altra lingua materna: il russo, l’ucraino o il bielorusso. Il governo intende puramente e semplicemente chiudere le loro scuole. E’ evidente che gli scolari e gli studenti si oppongano a tali chiusure!

D. Si tratta solo dell’insegnamento?

R.
No, si tratta di un largo movimento per l’uguaglianza dei diritti. La Lettonia conta due milioni e mezzo di abitanti, di cui circa mezzo milione è privato dei diritti civili. Essi non beneficiano né del diritto di voto, né del diritto di impiego nella funzione pubblica. Non godono della pensione, in quanto ex combattenti e vengono discriminati nelle richieste di affitto e di lavoro. Sul loro passaporto figura la dicitura “non cittadino”. Questa gente vive in Lettonia da tre generazioni e da allora aveva beneficiato dei diritti civili. Al momento attuale, essi sono obbligati a passare un esame di lingua e storia lettone. Solo il 10% riesce a superare il test.

D. Un sistema di apartheid in Europa. Ma come è concepibile?

R.
Tutto ha avuto inizio nel 1990, quando la Lettonia si è separata dall’Unione Sovietica. I nazionalisti hanno seminato l’odio tra i gruppi linguistici e contro l’Unione Sovietica, affermando che coloro che parlavano una lingua diversa dal lettone erano degli occupanti. Hanno promesso il benessere alla Lettonia, se essa avesse aderito alla NATO e all’Unione Europea. Ultimamente la Lettonia ha inviato 36 soldati in Iraq, che sono stati integrati nella forza americana di occupazione. Ma il nostro paese è affondato economicamente. Noi non siamo in grado di pagare le spese militari necessarie alla NATO. La metà delle nostre fabbriche è chiusa. Abbiamo il tasso di suicidi più alto d’Europa. L’80% dei pensionati vive al di sotto del minimo vitale. Allo stesso tempo, se noi aderiamo all’Unione Europea, i nostri agricoltori non riusciranno ad affrontare la concorrenza con gli altri paesi dell’UE.

D. Che cosa avete intenzione di fare sabato?

R.
Il movimento “Lasjor” ha chiesto l’autorizzazione a manifestare nella capitale, in prossimità del luogo in cui si svolgerà il festival della canzone. Il governo ha risposto che non sarà possibile, perché non è in grado di spostare forze di polizia per assicurare il mantenimento dell’ordine. La polizia deve occuparsi della sicurezza di “Eurovisione”. Allora noi abbiamo chiesto l’autorizzazione per un meeting nel luogo del concerto. Nuovo rifiuto del governo. Ma alla fine ha accettato di negoziare, facendo delle concessioni parziali. Le autorità temono una condanna dell’opinione internazionale. Il movimento Lasjor assicurerà esso stesso il servizio d’ordine. Se non riusciremo a tenere un meeting, organizzeremo un “incontro con i parlamentari”. Nessuno può impedircelo legalmente. Oltre agli studenti, ci saranno anche gli insegnanti, i genitori, a migliaia. Il movimento non può più essere fermato.

Traduzione di Mauro Gemma