www.resistenze.org - popoli resistenti - libano - 23-06-16 - n. 595

Una pace giusta e duratura, uno sviluppo umano, sociale ed ecologico. Grande Medio Oriente: una priorità a livello mondiale

Intervento di Marie Nassif-Debs (Partito Comunista Libanese)
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

01/06/2016

PCF, tavola rotonda

Le guerre e i sanguinosi sconvolgimenti che la nostra regione subisce in questo terzo millennio sono, come quelli che li hanno preceduti, rappresentati dal fatto che l'imperialismo, dall'implosione dell'Unione sovietica e dei paesi socialisti nel 1990, tenta di porre fine a tutte le frontiere e a tutti i cambiamenti verificatisi dopo la Seconda guerra mondiale. Questi cambiamenti, come si ricorderà, avevano portato nella maggior parte del mondo arabo, tanto in Mashreq (oriente) che in Magreb (occidente), sollevazioni, rivoluzioni o, in particolare, colpi di stato che avevano messo fine a decenni di colonialismo, ma che le forze sociali che le avevano dirette non potevano (e non volevano) istituire una politica economica indipendente. A questo problema economico occorre aggiungere la creazione dello stato di Israele nel 1946, già prevista dalla promessa fatta dal ministro britannico Balfour (2 novembre 1917), in sostituzione della Palestina, con lo scopo di favorire la salvaguardia delle fonti d'energia (petrolio e gas) che celava il golfo Persico e di cui l'industria dei paesi capitalisti aveva ed ha sempre bisogno per funzionare.

Il progetto del "Nuovo Medio Oriente" prima chiamato "Grande Medio Oriente", è sorto a seguito dei cambiamenti che abbiamo appena citato e che avevano avuto come conseguenza l'uscita di paesi come Egitto, Siria o Algeria (e anche la Libia) dalla sfera dell'imperialismo. Ma la sua applicazione risultava difficile per il solo fatto che le guerre israeliane d'aggressione, anziché dividere i popoli arabi, li rendevano molto più interdipendenti, soprattutto con la nascita della resistenza palestinese nel 1965 e più tardi, nel 1982, della resistenza patriottica libanese condotta inizialmente dai comunisti, poi da Hezbollah e che ebbero un grande effetto obbligando le armate israelianie (dette le invincibili) a ritirarsi dal Libano a lasciare il paese nel 2000. Di qui, il ritorno al progetto realizzato da Henry Kissinger e la cui essenza è di fomentare guerre di religione o piuttosto guerre confessionali che avrebbero come conseguenza la destabilizzazione del mondo arabo. Questo progetto fu facilitato dalla ripercussione delle politiche neoliberiste sulle economie dei paesi arabi a seguito dello scoppio della crisi capitalistica nel 2008, ma anche dai regimi dittatoriali predisposti negli anni Cinquanta e Sessanta del XX secolo che avevano trasformato i paesi che governavano in immense prigioni, riempite soprattutto dal popolo della Sinistra, col pretesto che questi stavano lottando per la liberazione della Palestina…

Ci occorre notare, infine, che le potenze imperialiste avevano, ancora una volta, a seguito delle nuove sollevazioni dei popoli arabi soprattutto in Tunisia e in Egitto, permesso alla Turchia e soprattutto alle monarchie e agli emirati reazionari del Golfo, di inquadrare e finanziare gruppi terroristici, tra cui Daech e soprattutto An Nosra, sorella più giovane di Al Qaeda nel Machreq arabo (Libano, Siria). Questi gruppi hanno trovato rifugio nella regione del Golan occupata da Israele e i loro feriti sono curati negli ospedali israeliani… senza parlare del commercio del petrolio sottratto da questi gruppi in Iraq e Siria e venduto, attraverso la Turchia, a gruppi petroliferi statunitensi.
Quanto al Libano, è preso tra due fuochi: a sud, dall'esercito israeliano che viola il suo territorio sotto gli occhi delle forze di interposizione in Libano delle Nazioni Unite (UNIFIL) e a est e nord-est, dai gruppi terroristici di Daech e An Nosra.

Come creare "una pace giusta e duratura" in questo contesto di aggressioni continue e quali ne sono le condizioni?

In primo luogo, una pace giusta e duratura deve passare inizialmente per il diritto al ritorno del popolo palestinese; e quando diciamo "diritto al ritorno", ciò riguarda tutti i rifugiati e non una parte, come i governi israeliani di ogni tendenza politica hanno sbandierato. Inoltre, naturalmente, il ritorno sulla scena politica e giuridica dello stato palestinese, uno stato liberato dalla colonizzazione, uno stato riunificato e con Al Quds (Gerusalemme) per capitale.

In secondo luogo, una pace giusta e duratura passa per il ritiro delle forze d'occupazione israeliane dai territori sempre occupati, non soltanto in Palestina, ma anche nel Golan e in Libano (le fattorie di Sheb'a e le colline di Kfar Shouba).

In terzo luogo, una pace giusta e duratura non può essere realizzata con la presenza di basi militari e di eserciti diffusi sui nostri territori e tutto intorno al Mediterraneo da parte delle potenze capitaliste senza eccezione, che interferiscono nei nostri affari interni e armano i nostri nemici.

In quarto luogo, una pace giusta e duratura passa per la volontà dei popoli che vivono nel mondo arabo di ogni origine etnica e non dalle forze contro-rivoluzionarie a volte chiamate "regimi moderati" e a volte "forze islamiste moderate" a cui le potenze capitaliste danno aiuto e assistenza col pretesto di insegnarci come costruire regimi democratici.

In quinto luogo, una pace giusta e duratura deve essere realizzata nella direzione opposta al progetto del "Nuovo Grande Medio Oriente" con tutto ciò che questo comporta, cioè stati confessionali e religiosi, un grande stato sunnita (Turchia) collegato a un grande stato sciita (Iran) per giustificare il grande stato ebraico (Israele), mentre si elimina "il mondo arabo" dividendolo in mini stati confessionali, antagonisti e assoggettati ai grandi stati confessionali e religiosi della regione. In altri termini, la pace giusta e duratura non si costruisce sull'oppressione, né sull'esacerbazione delle tensioni religiose, perché le religioni non saranno mai la base della creazione di un mondo nuovo basato sui diritti dell'Uomo.

È per questo che il Partito Comunista libanese ha lavorato dall'ottobre 2010, alla creazione di un movimento nuovo, il Forum della Sinistra Araba. Questo movimento, le cui componenti furono e continuano ad essere nell'ambito della lotta per la liberazione e il cambiamento, si basa ora su una piattaforma politica e socioeconomica condivisa dai suoi membri. Questa piattaforma stabilisce tra l'altro:

Sul piano politico: la lotta per costruire regimi democratici e laici e per affrontare l'aggressività imperialista e sionista ed i loro progetti nella regione.

Sul piano economico: la lotta per economie produttive e indipendenti di fronte alle economie di rendita, assoggettate al capitalismo e alle sue politiche economiche neoliberiste.

Operare per la complementarità e l'unità tra i paesi arabi su basi democratiche.

Creare in ogni paese fronti e alleanze il cui scopo è di porre fine ai regimi retrogradi, monarchici e altri, dittatoriali e dispotici, alle forze antirivoluzionarie costituite soprattutto da forze politiche religiose e da forze dei vecchi regimi caduti.

Creare il "Fronte della Sinistra" in tutto il mondo arabo allo scopo di ricostruire un nuovo movimento di liberazione dei nostri paesi.

Affermare la centralità della causa palestinese basata sul diritto del popolo palestinese al ritorno in tutti i territori da cui fu cacciato e alla costruzione del suo stato nazionale avente Al Quds per capitale, come pure il suo diritto a resistere all'occupazione con tutti i mezzi, inclusa la resistenza armata.

Rifiutare e combattere ogni forma di normalizzazione con il nemico israeliano.

Operare nel senso dello sviluppo delle sollevazioni e delle rivoluzioni arabe e mobilitare le masse per realizzare le parole d'ordine brandite da queste rivoluzioni, cioè: la libertà, il progresso sociale e la dignità umana.

Affrontare l'aggressività e i piani imperialisti e tutte le forme d'occupazione, di terrorismo e di tutela.

Favorire la creazione di un "Fronte progressista" che allargherebbe il Forum della sinistra araba verso partiti e forze democratiche e progressiste e che porterebbe al progetto di cambiamento democratico.


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