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Il centenario del "Grande Libano"... Nuovo conflitto franco-turco sul Libano e nella regione?

Marie Nassif-Debs *
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

02/09/2020

Il 1° settembre 2020, mentre lo spettro della carestia pervade il Libano, condizionato da trent'anni di politiche economiche e finanziarie della classe dominante e mentre Beirut piange i suoi figli dispersi tra le macerie del porto e degli edifici distrutti in un raggio di oltre dieci chilometri, il Libano "ufficiale" era impegnato a celebrare il centenario della creazione, da parte del generale francese Gouraud, del "Gran Libano" alla presenza del presidente della Repubblica francese Emmanuel Macaron, venuto espressamente per ricordare l'eroe, insieme al suo seguito, una delegazione di più di centoquaranta ufficiali e una squadriglia di aerei che ha disegnato nel cielo di Beirut due linee rosse con in mezzo una striscia verde pistacchio a richiamare la bandiera della nostra nazione.

Va detto che la mounassaba jalila, o occasione solenne, non si è limitata ai festeggiamenti. Sono seguite discussioni e colloqui tra i due presidenti francese e libanese ai quali ha partecipato il presidente della Camera. I tre si sono uniti, nella sala da pranzo del palazzo Baabda, alle personalità confessionali i cui volti "radiosi" hanno perseguitato la nostra vita per cento anni e che il signor Macron non ha dimenticato di consultare qualche ora dopo, sui problemi spinosi che stiamo vivendo grazie alla loro gestione e sulle soluzioni da seguire per far uscire il Paese dalla situazione di stallo in cui è stato messo...

Va detto che le immagini che ci sono state trasmesse, sia del Palazzo Baabda che dalla Residenza dei Pini, hanno riproposto al nostro sguardo la famosa foto dei nostri libri di storia in cui, cento anni fa, il generale Gouraud, circondato dal patriarca maronita, dal mufti e da una ventina di notabili libanesi, proclamò la nascita del Nuovo Libano sulla base dell'incontro delle due religioni diffuse nel Paese.

Nessuno, quindi all'epoca prestò la minima attenzione alle dichiarazioni fatte dalla neonata repubblica sovietica riguardo al trattato firmato il 23 giugno 1916 da Mark Sykes, ministro degli Affari esteri britannico, e Georges Picot, ministro degli Affari esteri francese, due anni e diversi mesi prima della fine della prima guerra mondiale con la partecipazione di Sergei Sazonov, ministro dello Zar di tutte le Russie.

Questo trattato, seguito un anno dopo dalla "Promessa Balfour" fatta agli ebrei britannici, costituì la base dell'intesa tra i membri dell'Alto Consiglio degli Alleati sulla distribuzione delle ex colonie ottomane nel Mediterraneo...L'accordo, siglato a Sanremo in Italia, venne concluso in seno alla conferenza generale tenuta dai rappresentanti del popolo siriano che dichiararono l'indipendenza di questo Paese e chiesero al principe Faisal di esserne il re. Da qui la necessità di prendere in mano la situazione prima che altri paesi fossero tentati di seguire l'esempio della Siria. Fu così che la Gran Bretagna si impossessò dell'Iraq, dell'Egitto e della Giordania, oltre alla Palestina, mentre la Francia ottenne la Siria e il Libano.

Tuttavia, questa decisione non era sufficiente; richiedeva un assenso dai paesi dell'Asse, in particolare dalla Germania. Per questo gli alleati vittoriosi convocarono un altro incontro che si tenne, il 10 agosto 1920, questa volta nella cittadina francese di Sèvres, ma senza gli Stati Uniti e, soprattutto, senza l'Unione Sovietica con il pretesto che aveva firmato due anni prima (28 agosto 1918) il Trattato di Brest-Litovsk che pose fine alla partecipazione della Russia alla Prima guerra mondiale.

Con il Trattato di Sèvre, l'Impero Ottomano rinunciò ufficialmente ai suoi "territori" arabi e africani nonché a tutte le province abitate da non turchi; inoltre, lo stretto venne demilitarizzato.

Questo trattato, che fu all'origine della creazione del "Grande Libano" entro i suoi attuali confini, che si estendeva dalla città di Tripoli alla Palestina settentrionale grazie all'aggiunta delle "quattro Caza" (o distretti di Baalbek, della Bekaa occidentale, Sud e Akkar), ha riportato nel nostro Paese, come in Libia, la Francia e la Turchia, ma questa volta per il gas naturale e il petrolio scoperti nel triangolo d'oro nella parte orientale del Mediterraneo, tra il Libano e l'isola di Cipro e Gaza.

E, mentre il presidente francese si preparava a celebrare con i "dignitari" libanesi il centenario del loro Stato, Recep Taieb Erdogan dichiarava durante la firma con il "governo libico di accordo nazionale" di un trattato economico e militare che il suo paese ha compiuto il primo passo verso l'abolizione del Trattato di Sèvre (mai ratificato), rifiutando così "le linee rosse" di Emmanuel Macron. Erdogan va ancora oltre, sfidando l'alleanza quadripartita formata da Francia, Grecia, Egitto e Cipro, con l'annuncio di manovre militari di fronte a Cipro e la proclamazione del diritto della Turchia di avere la sua quota di gas e di petrolio della regione.

... E se prendiamo in considerazione i cambiamenti avvenuti, soprattutto per quanto riguarda il problema palestinese, a seguito dell'occupazione dell'entità israeliana di nuove terre in Cisgiordania e, soprattutto, dell'accordo tra questa entità e gli Emirati Arabi Uniti, e se consideriamo il ritorno alla Guerra Fredda tra le grandi potenze capitaliste e i tentativi statunitensi di impadronirsi di nuovi paesi nel mondo per espandere ulteriormente la propria quota di mercato, possiamo dire che tutto l'Oriente arabo è nell'occhio del ciclone.

Il Libano, soprattutto. Perché la classe dirigente che, pur avendo fatto il suo tempo e nell'incapacità di attuare soluzioni che possano far uscire il Paese dalla crisi acuta in cui si trova da un decennio, continua a mantenere il suo potere per l'obbedienza al capitalismo mondiale e a certi poteri della regione, da un lato, ma anche grazie alle divisioni confessionali che utilizza, dall'altro, sempre più spesso... Soprattutto l'alternativa non si è ancora concretizzata. Spetta quindi alle forze del cambiamento uscire rapidamente dalla palude delle ONG e predisporre il più rapidamente possibile un programma comune volto a uscire da questa situazione di crisi economica e, soprattutto, politica, prima che sia troppo tardi e il paese non sprofondi, ancora una volta, nel caos delle divisioni.

2 settembre 2020
(Il giorno dopo il centenario)

*) Ex Segretaria generale aggiunta del PCL, Coordinatrice del Forum della Sinistra araba


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