D. Marie Nassif - Debs (*)
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
29/08/2025
I veri fini che il «Fronte di Resistenza Patriottico Libanese» ha sventato
L'aggressione sferrata dall'"entità israeliana" il 5 giugno 1982 ha costituito una tappa fondamentale nel conflitto arabo-sionista. Infatti, questa aggressione, preparata circa un anno prima con l'accordo degli Stati Uniti e in collaborazione con questi ultimi e la NATO, mirava a tre obiettivi: in primo luogo, eliminare l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (e con essa le speranze del popolo palestinese di tornare sulla propria terra e costruire il proprio Stato nazionale); in secondo luogo, controllare il Libano insediando un presidente della Repubblica che riconoscesse l'entità sionista e intrattenesse con essa le migliori relazioni possibili; e, in terzo luogo, esercitare pressioni sullo Stato siriano affinché anch'esso firmasse l'atto di riconoscimento dell'entità e dimenticasse il Golan occupato che, secondo il movimento sionista e le carte da esso presentate alla conferenza di Parigi (1919), costituisce, insieme a gran parte del Libano, una parte essenziale dello «Stato degli ebrei nel mondo». (1)
A quell'epoca, e più precisamente dall'inizio del 1982, tutte le informazioni che ci giungevano successivamente da diverse fonti internazionali andavano nella stessa direzione: erano in corso seri preparativi per una vasta operazione «israeliana» che sarebbe partita dalla striscia libanese occupata nel 1978 per raggiungere Beirut... Queste informazioni erano corroborate dall'escalation senza precedenti dei raid nemici sulla capitale e su alcune zone costiere, il che spinse il Partito Comunista Libanese a dichiarare la mobilitazione generale e a prepararsi allo scontro organizzando un nuovo movimento di resistenza che si basava sul ruolo svolto dalle organizzazioni del PCL dal 1969 nel sud del Paese, ma anche sulla cooperazione con alcune forze progressiste libanesi o appartenenti alla Resistenza palestinese. (2)
L'assedio di Beirut, e l'organizzazione della difesa e della resistenza
Ricordo che in quel periodo cercavamo di immaginare quando, dove e come sarebbe iniziata la nuova aggressione, al fine di elaborare i migliori piani possibili per impedire ai sionisti di profanare il suolo di Beirut o per respingerli il più rapidamente possibile...
L'annuncio dello svolgimento del vertice che riuniva le grandi potenze capitaliste, il 4 giugno, a Versailles, in Francia (3), ci mise la pulce nell'orecchio; capimmo infatti che i sionisti avrebbero approfittato di questo vertice per attuare il loro piano di aggressione. Ed è quello che accadde. Begin e Sharon approfittarono del tentativo di assassinio dell'ambasciatore dell'entità in Gran Bretagna, Shlomo Argov, per lanciare raid mortali sulla zona della Città dello Sport di Beirut, il 4 giugno, e poi, a seguire, il 6 giugno, con l'atteso attacco, accompagnato dallo sbarco di importanti forze di commando sulle rive del fiume Oualy, a nord di Saïda .
Mentre una parte delle forze di aggressione occupava le città e i villaggi del sud, uccidendo e catturando civili e istituendo il più grande campo di detenzione nella città di Ansar - un campo che ricorda quelli che i nazisti avevano installato in diversi paesi europei - l'altra parte delle forze si estendeva verso la Bekaa occidentale, poi verso la regione del Monte Libano e infine verso Beirut, il cui assedio iniziò il 14 giugno e continuò fino al 15 settembre...
Va detto che questo assedio fu severo e mortale. Un assedio terrestre e marittimo, bombardamenti incessanti giorno e notte, in particolare da parte di corazzate e aerei. Il tutto sotto la supervisione di Philip Habib, di origine libanese e nazionalità americana, che ordinò di bloccare ogni possibilità di trasporto di generi alimentari verso la parte assediata di Beirut e non esitò a interrompere l'approvvigionamento di acqua potabile, pensando che in questo modo la popolazione si sarebbe rapidamente sollevata contro le forze palestinesi e progressiste libanesi.
Tuttavia, i calcoli dei rappresentanti dell'imperialismo e del sionismo non diedero i risultati rapidi sperati. Riuscimmo a organizzare una resistenza su tutti i fronti, garantendo l'approvvigionamento quotidiano di pane e acqua proveniente dai pozzi artesiani. Abbiamo anche trasportato quotidianamente gasolio alle centrali telefoniche per mantenere aperte le comunicazioni con il mondo esterno e lavorato parallelamente alla distribuzione del giornale «Al-Nidaa», alla pubblicazione di un bollettino politico quotidiano che veniva inviato a tutte le organizzazioni del partito, al fine di informare i compagni presenti nella capitale, in tutte le regioni del Libano e all'estero sugli ultimi sviluppi e avvenimenti. E mentre alcune centinaia di miliziani erano di guardia ai confini di Beirut ovest, decine di militanti si riunivano ogni giorno nella sede della difesa civile per distribuire i compiti che spettavano loro, muovendosi tra i bombardamenti che non cessavano quasi mai... (4)
«Appello agli abitanti di Beirut... non sparate!» «Il Fronte di Resistenza Patriottico Libanese» e la risposta decisiva
L'assedio durò tre mesi, come abbiamo già detto, ma senza intaccare la nostra determinazione. Al contrario... eravamo sempre più motivati con il passare dei giorni, nonostante le autobombe che gli agenti facevano esplodere in diversi quartieri e, soprattutto, nonostante le bombe che piovevano su di noi. Alcune notti, abbiamo persino approfittato di una piccola tregua per guardare i Mondiali di calcio su televisori alimentati da batterie di automobili... E, naturalmente, ci preparavamo all'inevitabile scontro che la società «Oger Liban» aveva preparato rimuovendo alcune delle barricate di sabbia che i combattenti avevano eretto dalla zona dell'ospedale Barbir al centro città e alla zona adiacente al porto. Non abbiamo nemmeno smesso di tenere le riunioni del comitato centrale "con i compagni presenti" all'interno della sede, tra cui, in particolare, la riunione del 10 settembre per approvare ufficialmente la dichiarazione di lancio del "Fronte di Resistenza Patriottico Libanese" (FRPL) [meglio conosciuto col suo acronimo arabo: JAMOUL. Vedi qui, ndt]. (5)
All'alba del 16 settembre, le forze sioniste iniziarono ad avanzare su diversi fronti, in direzione dei campi palestinesi e all'interno di Beirut. Sharon e i suoi ufficiali supervisionavano lo svolgimento delle operazioni e dirigevano gli autori dei massacri di Sabra e Chatila. Pensavano di aver vinto la guerra, soprattutto dopo che le forze multinazionali (composte da francesi, americani e italiani) avevano trasferito il comando e i quadri dell'OLP da Beirut a Tunisi. Ma furono sorpresi dalla ferocia della resistenza e dalle sue operazioni di qualità che si estendevano a tutti i quartieri di Beirut, causando decine di morti e feriti tra le file dell'occupante nemico che, umiliato, fu costretto, dopo pochi giorni, a fuggire dall'«inferno». I soldati sionisti, trascinandosi dietro i brandelli della loro sconfitta, gridavano nei megafoni: «Abitanti di Beirut... non sparate, ci ritiriamo».
Ma i gruppi del "FRPL" hanno inseguito il nemico ovunque, nella Bekaa occidentale, nel Monte Libano e nella regione meridionale... e la loro lotta è continuata fino alla completa liberazione il 25 maggio 2000.
Nel contesto della ripresa dell'aggressione, anche se i volti degli aggressori sono cambiati, il popolo libanese, che ha sempre rifiutato l'umiliazione e l'aggressione, si aggrappa più che mai al suo diritto di resistere all'aggressione e all'occupazione. Perché la resistenza nazionale è l'unica soluzione per preservare il territorio nazionale e la dignità del popolo.
(Pubblicato dalla rivista elettronica kuwaitiana «TAQADDOM»)
27 agosto 2025
Note
*) Ex Segretario Generale aggiunto del Partito Comunista Libanese
1) Secondo la nota presentata dalla delegazione del movimento sionista presieduta da Haïm Weizmann e Nahum Sokolov, questo Stato chiede al Congresso, sulla base della dichiarazione Balfour e dell'accordo firmato dal principe Faiçal, di approvare la creazione di una «patria nazionale per gli ebrei in Palestina», i cui confini comprenderebbero inizialmente la parte meridionale del Libano, il monte Hermon (o Haroun) e Aqaba. La mappa completa si estenderebbe alla maggior parte della Siria e dell'Iraq, nonché alla regione dell'Hedjaz in Arabia Saudita...
2) Il lancio della Guardia Popolare (1969) per difendere il sud e delle Forze Ansar (1970), oltre a condurre alcune operazioni dopo l'occupazione della fascia di confine da parte del nemico nel 1978...
3) Questo vertice ha riunito, oltre al presidente francese François Mitterrand, Ronald Reagan, Margaret Thatcher e Helmut Kohl... Secondo quanto detto quel giorno, Menachem Begin e Ariel Sharon concordarono che l'ingresso delle forze sioniste non avrebbe superato i 45 chilometri dal confine meridionale del Libano con la Palestina occupata... Non parlarono del secondo piano, ovvero l'occupazione di Beirut.
4) È opportuno sottolineare qui il ruolo svolto dai compagni appartenenti ai sindacati dei panettieri, dei telefonisti, dei medici e altri. È inoltre opportuno sottolineare il rifiuto di molti compagni anziani di lasciare Beirut per recarsi in zone più sicure e la loro insistenza nell'aiutarci a portare a termine i compiti che ci spettavano.
5) Vale a dire quattro giorni prima dell'esplosione della sede del partito delle Falangi ad Achrafieh, nel pomeriggio di martedì 14 settembre, che è costata la vita al presidente eletto della Repubblica, Bachir Gemayel, e a diversi responsabili.
Sostieni Resistenze.org.
Fai una donazione al Centro di Cultura e Documentazione Popolare.
Support Resistenze.org.
Make a donation to Centro di Cultura e Documentazione Popolare.