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10 anni del Nuovo Passo. La riorganizzazione del Partito Comunista del Messico

Pavel Blanco Cabrera * | elmachete.mx
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

23/10/2020

Il 19 ottobre del 2010, dieci anni fa, fu pubblicato il documento "Un nuovo passo", che stabiliva la necessità di completare il compito fissato il 20 novembre del 1994, quando si creò il Partito dei Comunisti Messicani; ossia, recuperare tutte le caratteristiche necessarie di un partito marxista-leninista, sia a livello organico che negli obiettivi programmatici.

Si trattava di una svolta nel processo di costruzione del partito che si stava rivoltando su sé stesso e che lo conduceva a battute d'arresto che mettevano ancora una volta a rischio l'esistenza del partito della classe operaia.

Il primo problema era una concezione errata, che valutata oggettivamente era già una tendenza liquidatoria, e che consisteva nell'unità della sinistra come via per l'esistenza del partito marxista-leninista. Certo, dirlo a freddo può portare a conclusioni semplicistiche, dato che la situazione era molto complessa, ed è necessario comprendere il contesto di un percorso errato, che si trasformò realmente in una perdita di tempo lungo 16 anni, prezioso in termini di lotta di classe.

Lo stesso nome iniziale, "Partito dei Comunisti Messicani" aveva in origine queste intenzioni, come argomentò Sergio Quiroz Miranda nel proporlo: una casa comune per tutti i comunisti e marxisti; un ecumenismo ingenuo, poiché si pensò che la crisi ideologica conseguente alla sconfitta temporanea della costruzione socialista in URSS, poteva esser superata attraverso un incontro con diverse esperienze della sinistra socialista, mettendo da parte che la base oggettiva di esse era, ed è, il riflesso di posizioni di classe piccolo-borghese e antagoniste al movimento operaio.

Tale torre di Babele non poteva ergersi, poiché dall'eclettismo non si è mai costruito nulla. Su questo orientamento non si consolidava una struttura organica, non si sviluppava un lavoro proprio, né si dava priorità al lavoro editoriale, poiché tutto era considerato provvisorio, una stazione di passaggio verso un partito unificato della sinistra socialista che si pensava sarebbe stato un partito comunista; impossibile fin dall'inizio, poiché il partito si forma sulla base dell'unità ideologica e non è possibile quando al suo interno convivono più correnti ideologiche.

Così si passò dal processo della Conferenza Nazionale della Sinistra Socialista, al Movimento Comunista Messicano, e infine, al processo di fusione tra il Partito dei Comunisti Messicani e il Partito della Rivoluzione Socialista (PRS), che fu il culmine di tali concezioni errate.

Niente poteva concretizzarsi da un simile cammino, dato che la materia posta nel crogiolo dell'unità non aveva alcuna qualità poichè proveniva da correnti ideologiche antiproletarie e la sua prospettiva non era altro che rafforzare il campo del riformismo e dell'opportunismo. Pertanto, una conclusione necessaria presentata nel Nuovo Passo era quella dell'affermazione del marxismo-leninismo e la sua demarcazione e scontro con l'opportunismo, il revisionismo e le loro manifestazioni contemporanee.

Il Partito Comunista è anche uno spazio di militanza, di vita organica, di disciplina cosciente. L'esperienza fallita dell'unità con il PRS ci ha dimostrato che per l'opportunismo le posizioni ideologiche corrispondono alle concezioni di vita interna. Così troviamo che la tendenza di gruppo, di frazione, di pettegolezzo era inerente alla sua cultura di militanza; che non aveva una sola cellula, ma un club di amici; che non ammetteva la direzione collettiva, ma una certa visione moderna dei patriarchi. Ricordiamo la paura che gli generava la lotta rivoluzionaria e la sua posizione reazionaria contro l'esercizio di forme di lotta diverse da quella "civile e pacifica". Così, manifestarono la loro disposizione a smarcarsi pubblicamente dalla solidarietà attiva con le FARC-EP ben sapendo che questo significava collaborare con lo Stato, che da allora ci perseguita costantemente.

Sebbene l'esistenza della diaspora e la divisione costante nella cosiddetta sinistra socialista sia un problema, in realtà è un problema che in termini di preoccupazione non ha nulla a che fare con l'esistenza e lo sviluppo del Partito Comunista. Quest'ultimo ha il dovere di scontrarsi ideologicamente con tali espressioni e di affermare il marxismo-leninismo come ideologia unica del proletariato.

Tuttavia, se questo fu un grave problema per noi in quegli anni, non era il principale che avevamo, che invece era il seguente. Il primo PCM interruppe la sua attività nel 1981 a causa dell'attività della corrente eurocomunista liquidatrice diretta da Martinez Verdugo. A partire dal 1994, siamo giunti alla conclusione che il Partito Comunista era necessario nella lotta di classe del nostro paese, ma pensavamo di dover continuare l'attività adattandoci a un modello e concezioni simili, che tuttavia erano il risultato di una mutazione subita dal movimento comunista internazionale a partire dalla piattaforma opportunista dei Congressi XX e XXII del PCUS.

Nel Nuovo Passo indichiamo che l'identità comunista contemporanea passa attraverso il recupero di tutte le caratteristiche della natura rivoluzionaria del partito comunista e che si basano nell'essere il partito del rovesciamento rivoluzionario del capitalismo. Per questo necessitavamo di un'attività teorica su questioni che allora come oggi sono vitali e fondamentali.

La cosa più importante è assimilare criticamente l'esperienza della costruzione socialista e trarre da essa conclusioni per sviluppare una strategia rivoluzionaria nella lotta contro il capitalismo e l'imperialismo. Se potessimo riassumere, lo faremmo allo stesso modo degli altri partiti comunisti rivoluzionari: socializzazione dei mezzi di produzione concentrati, potere operaio, controllo operaio, pianificazione scientifica dell'economia e una lotta incessante contro i rapporti mercantili che sono incompatibili con la costruzione socialista.

L'altra questione è quella dell'imperialismo come fase suprema del capitalismo, come momento dei limiti storici del capitalismo, che è una caratteristica generale del mondo capitalista; dove il capitalismo della libera concorrenza è il passato che ha lasciato il posto al monopolio. E questo non accade solo in alcuni paese, ma in tutti, quindi la lotta antimperialista è una lotta contro il capitalismo monopolistico che si annida ovunque, e non la visione errata dei paesi deboli contro le metropoli.

Per dirla con Karl Liebknecht, la lotta contro l'imperialismo è la lotta contro la propria borghesia nella nazione. E non è una questione banale, poiché importanti frange della sinistra e di gruppi socialisti considerano ancora un'alleanza con la borghesia nazionale per combattere gli USA come una componente fondamentale della strategia: l'antiamericanismo non è antimperialismo. Questa è la bussola del nostro tempo, dove antagonismi interimperialisti e confusioni ideologiche possono portare settori della classe operaia a sollevare bandiere estranee.

Da qui la necessità di un nuovo Programma, di una rottura con le elaborazioni precedenti. Abbiamo dovuto fare grandi sforzi per chiarire il grado di sviluppo capitalista in Messico e il suo posto nel sistema imperialista; per porre i compiti della classe operaia in questo momento, che non sono altro che la Rivoluzione Socialista, senza tappe intermedie.

Quel documento è stata la chiave per le elaborazioni ideologiche marxiste-leniniste e per entrare in una fase di libero sviluppo del Partito Comunista, con i Congresso IV, V e VI. Ci siamo arrivati attraverso un percorso di lotta, attraverso la formazione di un nucleo di quadri, dell'armamento e dell'attrezzatura dalla teoria rivoluzionaria e della visione del mondo del proletariato.

Un punto che merita un altro lavoro è lo smarcamento definitivo dall'ideologia della Rivoluzione Messicana, punto di convergenza dell'ideologia borghese nelle sue forme socialdemocratiche e opportuniste. E che oggi si è nuovamente trasformata, con l'arrivo di Obrador al Palazzo Nazionale, nell'ideologia della classe dominante, su cui si basa la "sinistra messicana" per capitolare di fronte a questo governo antioperaio e antipopolare.

Ricordiamo con molta emozione i compagni Eliseo Macín, Héctor Colío, Marco Vinicio Dávila e Lucía Romo che hanno svolto un ruolo in prima linea in questa lotta che ha coinvolto la maggioranza dei militanti.

Questo ha garantito che riprendere il nome di Partito Comunista del Messico corrispondesse al completamento del processo della sua riorganizzazione. E chiariamo, riorganizzazione non è rifondazione, né qualcosa di nuovo, è la continuità di quel primo passo dato 101 anni fa, quando la Grande Rivoluzione Socialista d'Ottobre e l'Internazionale Comunista ispirarono gli operai avanzati del Messico a creare il loro Partito Comunista.

*) Primo Segretario del CC del Partito Comunista del Messico (PCM)


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