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Paramilitarismo e continuità del potere dei monopoli

Julio Cota * | elmachete.mx
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

25/10/2020 **

Il paramilitarismo è uno strumento di repressione utilizzato dallo Stato borghese per provocare la smobilitazione della lotta rivoluzionaria. Sebbene in prima istanza il paramilitarismo abbia come fondamento ideologico l'anticomunismo, il suo carattere repressivo e i suoi obiettivi mirano a provocare la smobilitazione di ogni lotta operaia, studentesca, indigena o popolare. Fronteggiare il paramilitarismo è complicato a causa del suo carattere di metodo controinsurrezionale clandestino e irregolare di Stato. Il paramilitarismo è caratterizzato dall'impiego della violenza estrema al fine di annientare i quadri comunisti, opreai, contadini, studenteschi e i leader sociali che mettono a rischio l'ordine borghese di sfruttamento sul quale si basa il sistema capitalista nella sua fase imperialista. Dalle sue origini sino a oggi, il paramilitarismo si è modificato in vari modi per tentare di nascondere la sua stretta relazione con le forze repressive quali la polizia e l'esercito, pilastri fondamentali del dominio dei monopoli sui lavoratori.

Lo Stato borghese e le sue istituzioni politiche, giuridiche e sociali negano l'esistenza del paramilitarismo e la sua funzione di braccio armato accessorio della borghesia. La legalità borghese nega il concetto stesso di paramilitarismo, etichettandolo con altre definizioni quali «gruppi di civili armati», «criminalità organizzata», «narco-guerriglia» e simili, allo scopo di celarne il legame con lo Stato borghese. Questo articolo illustra alcuni elementi di analisi che mettono in luce come il paramilitarismo non costituisca un fenomeno isolato caratteristico della cosiddetta «guerra sporca» della metà del Novecento in Messico, bensì un metodo dominante che viene promosso e intensificato ancora oggi per mano del narcotraffico, malgrado la nuova amministrazione socialdemocratica di Andrés Manuel López Obrador.

Che cos'è il paramilitarismo?

Quando parliamo di paramilitarismo, ci riferiamo a tutte quelle organizzazioni o gruppi armati che presentano una struttura simile a quella di un esercito. I gruppi paramilitari sono formati da poliziotti, militari e mercenari inquadrati in commandos e squadroni composti per la maggior parte da truppe irregolari, che non sono regolati da alcuna legge o convenzione di guerra della democrazia borghese, il che consente loro di ricorrere a determinati metodi, quali la violenza estrema, per conseguire i loro fini. Tra i metodi più noti e documentati figurano i sequestri, le torture, gli stupri, gli omicidi extragiudiziari e le sparizioni, che configurano crimini contro l'umanità.

Tuttavia, i gruppi paramilitari non sono limitati a piccole squadre, e possono svilupparsi sino ad assomigliare a veri e propri eserciti, con insegne, comandi e una dottrina militare - l'esempio più noto è costituito dalle Autodefensas Unidas de Colombia, gruppo paramilitare creato per combattere gli insorti colombiani. Per questo, il termine «paramilitare» non ha un significato puramente formale - la caratteristica principale di questi gruppi non è cioè la loro struttura irregolare, bensì il loro obiettivo politico. Lo scopo dei gruppi paramilitari è l'annientamento dei quadri politici rivoluzionari, soprattutto quando le forze repressive quali la polizia e l'esercito non possono contare sul sostegno della popolazione.

In determinate fasi della lotta di classe, il paramilitarismo può attuare una repressione selettiva, colpendo cioè soltanto i quadri politici comunisti, sindacali, studenteschi e popolari; ma attua anche, e in misura sempre più frequente, una repressione massiccia contro i settori popolari che si mobilitano per rivendicare le loro istanze di miglioramento sia economico sia politico. Nelle fasi culminanti dell'offensiva del movimento politico e militare dei rivoluzionari, il paramilitarismo si attiva per colpire le organizzazioni rivoluzionarie, dividendole dalle masse operaie, contadine e popolari, allo scopo di impedire loro di esercitare un'influenza politica su di esse. Per conseguire tale obiettivo, gli organismi paramilitari devono possedere una dottrina politico-ideologica minima - e tale dottrina è l'anticomunismo.

Il paramilitarismo è anticomunismo

Definiamo anticomunismo qualunque presa di posizione pregiudiziale e retorica che si contrappone ai principi e ai fondamenti della teoria marxista-leninista; qualunque reazione promossa dai settori privilegiati che traggono vantaggio dallo sfruttamento dell'uomo sull'uomo e sulle risorse della collettività, e difendono la proprietà privata dei mezzi di produzione. I padroni, il clero e la burocrazia parassitaria e militare dello Stato borghese sono stati i principali promotori e finanziatori dei gruppi paramilitari. Come classe dominante, la borghesia, indipendentemente dalla sua legalità giuridica, deve istituire corpi militari privati per difendere la sua sicurezza e l'ordinamento sociale della disuguaglianza.

L'anticomunismo si sviluppò come reazione alla Rivoluzione d'Ottobre, quando gli operai e i contadini senza terra presero il potere in Russia nel 1917, guidati dai quadri politici del Partito Bolscevico sotto la direzione di V. I. Lenin. All'indomani della creazione del primo Stato socialista, e di fronte al rischio che gli operai di tutto il mondo si ribellassero contro l'ordinamento borghese, la borghesia mondiale nel suo insieme prese varie misure per rovesciare lo Stato operaio. Tra queste misure politiche, economiche, ideologiche e militari fu presa in considerazione anche la creazione di organismi paramilitari - gruppi armati anticomunisti finalizzati a destabilizzare il potere operaio e l'economia socialista.

In questo contesto mondiale, la Rivoluzione Socialista d'Ottobre dimostrò la correttezza dell'analisi marxista-leninista riguardo alla fase finale del capitalismo, caratterizzata dall'imperialismo e dall'avvento delle rivoluzioni proletarie. Partiti comunisti furono istituiti non soltanto in Europa, ma in tutto il mondo; sull'esempio dei bolscevichi, altri partiti operai si spostarono su posizioni di avanguardia per rovesciare la borghesia in ciascun Paese e dare vita al potere operaio. Si rese necessaria una strategia mondiale che orientasse la lotta contro un sistema di portata mondiale come l'imperialismo e la guerra.

La nascita della Terza Internazionale nel 1919 riaffermò i principi di quell'appello all'insurrezione rivolto a tutti i proletari del mondo. Ciononostante, le forze più reazionarie legate ai trust e ai monopoli delle potenze economiche capitaliste reagirono con il Patto Antikomintern sottoscritto da Giappone, Italia e Germania, che presero provvedimenti atti a contrastare la minaccia dell'Internazionale Comunista o Komintern, guidata dall'Unione Sovietica. Le grandi corporation monopolistiche serrarono i ranghi per promuovere, finanziare e coadiuvare i partiti fascisti, provocando un secondo conflitto mondiale per combattere il nemico comune - l'Unione Sovietica - e per spartirsi i territori europei, asiatici e africani.

A farsi carico dei maggiori sacrifici per la liberazione dei popoli dal giogo fascista furono nelle retrovie il popolo sovietico, che ebbe 20 milioni di morti, e in prima linea l'eroica Armata Rossa. Ma la disfatta del fascismo tedesco, italiano e giapponese non fu sufficiente - le potenze capitaliste si sentivano minacciate dalle ondate rivoluzionarie in tutto il mondo. I partiti comunisti - per esempio in Asia, in Cina, Indocina e Vietnam - contribuirono alla liberazione e all'indipendenza delle colonie dei Paesi imperialisti. La strategia del Komintern - la teoria marxista-leninista della guerra rivoluzionaria - ebbe effetti positivi per la liberazione di questi popoli. Tuttavia, le sconfitte dei francesi in Indocina indussero le potenze a modificare i loro metodi di guerra di fronte ai sistemi non convenzionali impiegati dalle forze rivoluzionarie.

Chi avrebbe potuto immaginare che proprio in Francia - il primo Paese occidentale in cui sorsero le teorie sul socialismo, la libertà, la fraternità e l'eguaglianza - sarebbero nati anche i metodi più terroristici e irrazionali quali il paramilitarismo, per la lotta contro i popoli e le organizzazioni anti-colonialiste dell'Africa? Il caso specifico della lotta indipendentista dell'Algeria costituisce il punto di riferimento storico in cui furono impiegati i metodi paramilitari. Il generale Paul Aussaresses fu tra gli esponenti militari pionieri nell'impiego di metodi controinsurrezionali e paramilitari contro i militanti del Fronte di Liberazione Nazionale algerino e le sue basi di appoggio all'interno della popolazione.

Se il mondo fosse venuto a sapere che l'esercito francese perpetrava torture, stupri, sequestri e omicidi extragiudiziari - così come a suo tempo avevano fatto i nazisti - il discredito a livello mondiale avrebbe bollato i francesi come un popolo promotore della barbarie. Fu quindi deciso di dare vita a gruppi paramilitari per commettere questi crimini contro l'umanità, creando una sorta di laboratorio per la lotta contro le organizzazioni rivoluzionarie. Il film italo-algerino La battaglia di Algeri, di Gillo Pontecorvo, illustra magistralmente questi eventi storici. Ma nonostante la dura repressione di cui fu oggetto, il popolo algerino conquistò l'indipendenza; tuttavia, i metodi di informazione, controinformazione, spionaggio e paramilitarismo furono perfezionati attraverso la collaborazione dei francesi con gli Stati Uniti.

Gli interventi militari degli USA in America Latina risalgono alla nascita stessa di questo Stato. Dopo che le due guerre mondiali e la spartizione del mondo ebbero collocato gli USA al vertice della piramide imperialista mondiale, l'unica minaccia all'ordine borghese era rappresentata dall'influenza comunista esercitata dall'Unione Sovietica. Già all'indomani del trionfo della Rivoluzione d'Ottobre fu messa in atto nel continente americano una massiccia campagna propagandistica anticomunista.

Ma come affermiamo noi comunisti, le rivoluzioni non sono il frutto di imitazioni o calchi ricavati da altri Paesi, bensì il risultato delle contraddizioni interne tra il capitale e il lavoro nelle società capitaliste sviluppate. La Rivoluzione Cubana confermò una volta di più la correttezza dell'analisi marxista-leninista. Non esistono fatalità legate alla geografia - quella che viviamo è l'epoca delle rivoluzioni proletarie.

Ciononostante, gli USA studiarono queste esperienze e scatenarono una guerra preventiva che implicò interventi aperti o dissimulati in tutta l'America Latina, Messico compreso, miranti a neutralizzare l'influenza comunista. Le vicende sono ben documentate - Operazione Condor, dittature militari in Sudamerica, interventi militari e consulenza poliziesca e militare in Messico e America Centrale. I contras del Nicaragua e i gruppi paramilitari del Salvador e del Guatemala sono all'origine delle incontrollabili bande criminali sottoproletarie attuali quali Mara Salvatrucha e Sur 13, che si dedicano all'estorsione, all'intimidazione e alla gestione delle reti di tratta e controllo dei lavoratori migranti centroamericani diretti in Messico e negli Stati Uniti. Il paramilitarismo è lo strumento che giustifica la militarizzazione e le nuove dottrine della sicurezza nazionale in tutti i Paesi americani.

Il paramilitarismo e la «guerra sporca» in Messico

Le azioni paramilitari hanno inferto molte dolorose ferite al popolo lavoratore messicano. Già agli esordi della lotta per il socialismo nel nostro Paese, la creazione delle «guardie bianche» da parte dei grandi caciques [potentati locali, n. d. t.] costituì la prima manifestazione del paramilitarismo in Messico. Le cosiddette «guardie bianche» erano gruppi armati assoldati dai proprietari terrieri per difendere la loro sicurezza e quella delle loro proprietà; la loro funzione, tuttavia, era anche quella di mantenere sotto controllo qualunque forma di ribellione da parte dei braccianti e dei contadini poveri. Questo contesto di intimidazione, terrore e imposizione della legge da parte di chi portava le armi fu tra i fattori che determinarono lo sviluppo delle prime organizzazioni guerrigliere nel nostro Paese, in reazione alla violenza e alla repressione attuate da queste guardie.

Le questioni lasciate irrisolte dalla Rivoluzione Messicana fecero sì che i gruppi contadini proseguissero la lotta armata per la terra di fronte alla chiusura degli spazi politici. Fu questo il caso di Rubén Jaramillo Ménez e degli ex-combattenti zapatisti dello Stato di Morelos. L'assassinio di Jaramillo e della sua famiglia segnò l'inizio di una nuova fase di guerra contro-insurrezionale in Messico. La borghesia nazionalista, rappresentata dal partito di Stato - il Partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI) - si appropriò dell'ideologia della Rivoluzione Messicana e del concetto di unità nazionale, propagandandoli come elementi ideologici per lo sviluppo del mercato interno e di una stabilità economica che favorisse la transizione del Paese, allora prevalentemente rurale e contadino, verso l'industrializzazione.

Gli effetti dello sviluppo economico e ideologico sottrassero ai comunisti la direzione politica di varie organizzazioni operaie, contadine e studentesche di massa, che finirono per essere assoggettate dal PRI - fu il caso della Confederazione dei Lavoratori del Messico (Confederación de Trabajadores de México, CTM) o della Confederazione Nazionale Contadina (Confederación Nacional Campesina, CNC), per citare due organizzazioni storiche che esistono ancora oggi.

Coloro i quali osarono mettere in discussione l'ideologia della Rivoluzione Messicana e le basi economiche e politiche dello sviluppo capitalista furono poco numerosi, ma coerenti. Un esempio storico ed emblematico fu rappresentato dal Grupo Popular Guerrillero, diretto dall'insegnante Arturo Gámiz e dal medico Pablo Gómez, che insieme ad altri illustri quadri politici contadini e popolari diedero vita negli anni Sessanta a un movimento di guerriglia sulla Sierra di Chihuahua, ispirandosi a un programma politico di orientamento socialista.

Ma già allora, i gruppi armati al servizio dei proprietari terrieri erano coordinati dall'esercito messicano per mantenere l'ordine nelle località più isolate e marginali del Messico. La violenza, la repressione e l'abuso ai danni dei contadini furono giustificati con la necessità di autodifesa dei proprietari terrieri e con la protezione della proprietà privata delle terre, precedentemente sottratte ai contadini che non erano in grado di renderle produttive. La sconfitta militare dei primi gruppi rivoluzionari mise in luce la necessità di agire anche al difuori delle campagne - le condizioni politiche ed economiche della proletarizzazione del Messico fecero della lotta armata urbana il culmine dello scontro di classe.

La contro-insorgenza nel nostro Paese è stata caratterizzata dall'influenza esercitata dalla politica di sicurezza degli Stati Uniti, attraverso la costante assistenza prestata dai servizi di spionaggio e di intelligence statunitensi all'esercito, alla polizia e ai corpi armati messicani, nell'ambito di una strategia anti-insurrezionale e anticomunista. I servizi di intelligence e di polizia politica messicana, noti come Direzione Federale di Sicurezza (Dirección Federal de Seguridad, DFS), costituirono una creazione obbligata da parte di organi quali la CIA nel contesto di una strategia di guerra preventiva contro l'influenza del comunismo in vari Paesi del mondo, segnato da grandi mutamenti rivoluzionari e insurrezioni popolari. Lo Stato sociale da un lato, ma anche i programmi di natura assistenziale dall'altro, furono affiancati dalla repressione più brutale contro le organizzazioni rivoluzionarie, sociali, contadine e studentesche.

Tutto ciò non fu affatto sufficiente a contenere i fermenti di rivolta e il costante sviluppo di decine di gruppi armati sulle montagne dello Stato di Guerrero - esemplificati dal Partito dei Poveri (Partido de los Pobres) guidato da Lucio Cabañas o dall'Associazione Civica Nazionale Rivoluzionaria (Asociación Cívica Nacional Revolucionaria, ACNR) di Genaro Vázquez, a cui si aggiuse una decina di organizzazioni armate nelle principali città industriali del Messico, che confluirono nella Lega Comunista 23 Settembre (Liga Comunista 23 de Septiembre). Questo mise in allarme l'imperialismo nordamericano e provocò il suo intervento attraverso gli organi di spionaggio nonché, in modo più dissimulato, mediante varie strategie anti-insurrezionali, alcune delle quali documentate ma per la maggior parte non ancora venute alla luce.

A partire dalla fine degli anni Sessanta e nel corso degli anni Settanta, il Messico visse una delle fasi di maggiore violenza contro la classe operaia, i settori popolari e la gioventù studentesca. I gruppi paramilitari agirono sistematicamente per reprimere qualunque movimento sociale e popolare di carattere politico. Nacquero così il Battaglione Olimpia, braccio esecutivo dei servizi di informazione dell'esercito messicano, che perpetrò la strage del 2 ottobre 1968 nella Piazza delle Tre Culture di Tlatelolco, e il gruppo Los Halcones, autore materiale della strage del Corpus Domini del 10 giugno 1971. Tutti questi gruppi presentano caratteri comuni: furono creati dall'esercito e dalla DFS, che reclutavano, pagavano e inviavano in missione tossicomani, criminali, ex-poliziotti giudiziari, bande provenienti da quartieri emarginati e giovani disoccupati, utilizzandoli come gruppi d'assalto e paramilitari al servizio di questo o quell'apparato governativo.

Secondo i dati della Procura Speciale per i Movimenti Sociali e Politici del Passato, consultati tramite il National Security Archive, durante il periodo della «guerra sporca» si registrarono 789 desaparecidos. Le detenzioni illegali ed extragiudiziarie avevano un duplice impatto: da un lato terrorizzavano la popolazione allo scopo di indurla a togliere il sostegno agli insorti, e dall'altro giustificavano l'efficienza degli organi di polizia, consentendo loro di rimanere in carica all'avvicendarsi di governi e presidenze e di ottenere maggiore spazio nell'ambito delle decisioni politiche, soprattutto nel campo della sicurezza, stabilendo inoltre legami con altre strutture internazionali per un coordinamento della sicurezza a livello continentale che degenerò negli anni Ottanta dando impulso al narcotraffico.

Il narcotraffico è paramilitarismo

Il paramilitarismo è una politica di sicurezza nazionale anti-insurrezionale mirante a sconfiggere militarmente il movimento e le organizzazioni rivoluzionarie; parallelamente, con altri metodi politici, è stato indebolito il carattere rivoluzionario del Partito Comunista Messicano, favorendo la sua successiva liquidazione. Va tenuto presente che una volta che vengono favoriti, finanziati, promossi e armati dei gruppi irregolari al margine della legalità delle forze armate dello Stato, queste forze paramilitari si trasformano in un fenomeno che si evolve e dà vita ad altri fenomeni di sfruttamento, spoliazione, accumulazione capitalista e traffico illecito. Il paramilitarismo si è evoluto dando origine ai gruppi più sanguinari del narcotraffico. È ampiamente documentato come i primi cartelli del narcotraffico, grazie alle loro capacità finanziarie, reclutarono corpi d'élite specializzati nelle attività anti-insurrezionali o gruppi paramilitari. Questi ultimi, in parte a causa della loro composizione e delle loro origini di classe - il sottoproletariato di strada - hanno il carattere di mercenari prezzolati.

La cultura del paramilitarismo si diffuse rapidamente nella gioventù messicana, che in assenza di opportunità di sviluppo sociale finì per dedicarsi ad attività legate al paramilitarismo - caratteristiche dei soggetti oggi noti come sicari - con la funzione di «impieghi alternativi»: vigilanza, raccolta di informazioni, omicidi su commissione, estorsioni e crimini vari, sempre più caratterizzati dall'irrazionalità e dalla violenza. Nel corso degli anni Novanta nacque almeno un gruppo formato da ex-militari che svolgevano attività di difesa e sorveglianza per i narcotrafficanti. I capi dei cartelli necessitavano di una struttura in grado di fornire loro protezione e di eliminare i loro nemici, in primo luogo i membri dei cartelli rivali - un gruppo d'élite specializzato, costituito da ex-militari.

Il paramilitarismo è una politica anti-insurrezionale che si articola in molteplici fenomeni, tra cui la vendita e la distribuzione di armi sul mercato nero. L'acquisto di armi è costante durante tutte le presidenze, in virtù delle convenzioni e dei trattati che legano lo Stato borghese messicano alle altre potenze imperialiste tra cui Israele, Russia, Cina, Germania e Stati Uniti. La dismissione e la presunta distruzione degli «armamenti obsoleti» delle forze armate si trasformano in un enorme affare per la vendita di armi sul mercato nero. I gruppi paramilitari sono uno strumento che alimenta, favorisce e intensifica il traffico di armi. Le conseguenze sono ben note: un aumento della violenza tra i lavoratori delle aree disagiate urbane, rurali e marginali, che colpisce principalmente la gioventù.

Il paramilitarismo ritornò in azione dopo l'insurrezione dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) del 1° gennaio 1994 nello Stato del Chiapas e di fronte alla rinascita di gruppi rivoluzionari storici eredi di organizzazioni politico-militari sopravvissute alla cosiddetta «guerra sporca», come l'Esercito Popolare Rivoluzionario (ERP), i quali - va detto - trassero origine e furono spinti a intervenire dalla costante violenza dei gruppi paramilitari dediti sin dagli anni Settanta e Ottanta ad atti di repressione, intimidazione e crimini contro l'umanità quali sparizioni forzate, omicidi extragiudiziali, torture eccetera - forme quotidiane di violenza sistematica contro i diritti umani.

Tali gruppi paramilitari, in virtù del loro carattere irregolare, si sono trasformati da nuclei di individui armati con compiti operativi specifici contro i lavoratori, i militanti e le organizzazioni sociali in un elemento che è parte integrante, in modo velato, delle strutture burocratiche delle amministrazioni statali o municipali in regioni caratterizzate da un pervasivo controllo delle gerarchie storiche da parte di gruppi di potere borghesi. Va specificato che, nella storia recente del Messico, le spese militari hanno toccato il culmine sotto Enrique Peña Nieto, nel 2014, con la cifra record di 8 miliardi e 660 milioni di dollari - una somma che equivale allo 0,7% del PIL messicano, ed è pari a quella investita allo stesso titolo vent'anni prima, al termine dell'amministrazione dell'ex-esponente del PRI Carlos Salinas de Gortari dopo l'insurrezione dell'EZLN.

Ma di fronte alla momentanea sconfitta delle organizzazioni rivoluzionarie, il paramilitarismo perdette in un certo senso la propria ragion d'essere - quella di antagonista dell'insorgenza. Tuttavia, un gruppo armato non può essere smobilitato per decreto, e il paramilitarismo si è trasformato per esempio nel braccio armato dei monopoli minerari, utilizzato per depredare le comunità dei loro territori per mezzo del terrore e del trasferimento coatto. Caratteristica comune delle aree dello Stato di Guerrero in cui sono presenti miniere a cielo aperto - che oltretutto arrecano danni gravi e irreversibili all'ambiente - è stata a suo tempo la presenza di profughi espulsi dalla violenza, dalle estorsioni, dagli stupri, dalle sparizioni e da altri crimini prodotti dal terrore organizzato del paramilitarismo. Le bande di narcotrafficanti entrano in azione contro le popolazioni indigene e rurali delle località in cui viene scoperta la presenza di grossi giacimenti minerari.

In un elenco di 125 crimini perpetrati contro gli attivisti ecologisti in Messico nel corso dell'ultimo decennio si contano 108 omicidi, tra cui sei con donne come vittime, e 17 sparizioni, tra cui una di una donna. L'elenco contiene una cifra indicativa: 82 delle 125 vittime - pari al 66% del totale, o ai due terzi - erano indigeni, secondo il database di mexico.com. Questa banca-dati è stata elaborata incrociando le informazioni contenute in un documento di Global Witness con quelle fornite dal Centro Messicano di Diritto Ambientale (Centro Mexicano de Derecho Ambiental, CEMDA) e dalla tesi della ricercatrice Lucía Velázquez Hernández dell'Universidad Nacional Autónoma de México (UNAM), intitolata «Difensori dell'ambiente in Messico e diritti umani (1995-2015)», oltre che da altre fonti. Le bande paramilitari sottraggono alle popolazioni i loro territori ancestrali, aprendoli allo sfruttamento da parte di Minaurum Gold Inc., della cinese Zhong Ning Mining Investment Co., di Vendome Resources Corp. e di Hochschild Mining, solo per fare alcuni nomi.

Per i monopoli risulta più redditizio pagare o stringere accordi con i paramilitari nelle vesti di gruppi criminali organizzati o narcotrafficanti, piuttosto che condurre una lotta legale, rendere noti i loro studi di impatto ambientale o attuare campagne di persuasione riguardo ai presunti benefici arrecati dai progetti minerari in questione. Per i monopoli minerari è più efficace lasciare che il crimine organizzato saccheggi i territori e ne espella la popolazione recalcitrante. Non è un caso che laddove si sono sviluppate strutture organizzative comunitarie, queste siano riuscite ad arrestare l'avanzata delle compagnie minerarie nazionali e straniere, impedendo loro di depredare i territori e di attuare un irrazionale saccheggio delle risorse minerarie, idriche e di legname. I costanti atti di intimidazione e omicidi ai danni di dirigenti della Coordinadora Regional de Autoridades Comunitarias - Policía Comunitaria, nello Stato di Guerrero, sono legati agli interessi dei monopoli dei settori minerario, idrico e del legname, decisi a porre fine a queste forme di organizzazione collettiva che ostacolano l'estrazione e l'accumulazione del capitale da parte dei monopoli.

Uno dei casi più recenti di intervento del paramilitarismo - di cui appare sempre più manifesto il carattere anti-insurrezionale - si può ravvisare nella sparizione forzata dei 43 studenti della Escuela Normal di Ayotzinapa. La fabbricazione di prove false e i tentativi da parte dello Stato messicano di chiudere il caso con una versione «storica» dei fatti del 26 settembre 2014 si inquadrano in una perversa operazione paramilitare di cui fu a conoscenza, in ogni momento, la Zona Militare del 27° Battaglione di Fanteria di Iguala (Guerrero) - che ha costituito storicamente, sin dal 1970, una centrale operativa per azioni anti-insurrezionali in Messico.

I cosiddetti gruppi di autodifesa

Ma il volto della controinsorgenza è dissimulato, confuso e cospirativo, in virtù delle sue origini. Un'altra caratteristica del paramilitarismo è stata quella di mescolarsi e confondersi, assumendone il controllo, con ben noti movimenti di autodifesa creati dai proprietari e dagli imprenditori agricoli - un esempio è offerto dal fenomeno dei gruppi di autodifesa dello Stato di Michoacán, che hanno rapidamente conquistato ampie simpatie nell'ambito di una popolazione dedita al commercio e della piccola borghesia, ponendo un limite al dilagare del crimine organizzato e dei gruppi dediti al narcotraffico. In una prima fase, questi gruppi di autodifesa, legati ad ambienti imprenditoriali e commerciali, dovevano fronteggiare lo Stato messicano alla luce delle complicità e delle protezioni da esso fornite ai gruppi del narcotraffico.

Malgrado ciò, il fenomeno dei gruppi di autodifesa è stato progressivamente limitato dagli interessi stessi delle classi tra i quali si erano sviluppati. I commercianti e gli imprenditori, entrati in contraddizione politica tra loro, hanno finito per subordinare i gruppi di autodifesa al controllo dell'esercito e della marina, le forze repressive dello Stato borghese messicano. Il risultato è che oggi i gruppi di autodifesa sono divenuti parte integrante delle strutture di polizia e sicurezza pubblica, fino a trasformarsi in gruppi armati riconosciuti formalmente dallo Stato borghese messicano, sebbene non ancora sul piano legale. Ciò consente di fatto il controllo dei gruppi di autodifesa da parte dello Stato messicano, così come la delimitazione delle attività sul piano operativo, a seconda che risultino scomode oppure contribuiscano alla legittimazione delle forze armate dello Stato. Le bellicose dichiarazioni del leader dei gruppi di autodifesa del Michoacán, José Manuel Mireles - oggi esponente del governo di Andrés Manuel López Obrador - contro le posizioni politiche dell'EZLN contrarie ai mega-progetti quali il Tren Maya costituiscono una chiara dimostrazione del fatto che il paramilitarismo non è che un ulteriore strumento della prosecuzione della politica dei monopoli attraverso la guerra.

È opportuno ricordare che gli omicidi di cinque militanti del Partito Comunista del Messico (PCM) perpetrati nello Stato di Guerrero nel corso del 2013, come quelli di un centinaio di militanti sociali, sono legati a un movente politico perseguito nel contesto del modus operandi del paramilitarismo. Un centinaio di militanti sociali e insegnanti sono stati sequestrati, torturati e assassinati come rappresaglia per la loro azione politica contro il saccheggio delle loro comunità da parte dei monopoli. A ciò si aggiunge il fatto che non soltanto la giustizia non ha punito questi crimini, ma queste lotte sono state oggetto di una campagna di diffamazione, in cui altre organizzazioni sociali sono state zittite e colpite da provvedimenti giudiziari.

L'invenzione di capri espiatori e l'estorsione di confessioni mediante la tortura sono soltanto alcune delle irregolarità che hanno caratterizzato le indagini, favorendo l'insabbiamento di centinaia di episodi analoghi. Pubblici ministeri e procure tentano di giustificare l'inazione della giustizia e l'impunità dichiarando che «è stata opera del crimine organizzato». Questi elementi costituiscono una costante nei casi di omicidi di militanti sociali e politici in tutto il territorio messicano. In questa narrazione da parte dello Stato si può ravvisare una chiara dimostrazione del fatto che il paramilitarismo è una politica che non ha affatto cessato di esistere, ma anzi si espande sempre più nel nostro Paese.

Il paramilitarismo contro il movimento operaio e popolare

La politica costante nel corso dell'ultimo decennio, a partire dal 2008 con l'inizio della crisi di sovrapproduzione del sistema capitalista mondiale con le sue ripercussioni in Messico, non si è limitata all'applicazione di provvedimenti anti-operai e antipopolari - riforme politiche e giudiziarie - ma è stata segnata dalla proliferazione di gruppi armati irregolari, legati al crimine organizzato o direttamente a partiti politici legali, attraverso organizzazioni sociali a essi legate.

Gli omicidi di leader sociali e popolari sono stati giustificati dallo Stato messicano come conseguenze di lotte interne alle organizzazioni sociali per il controllo delle risorse economiche, allo scopo di prendere le distanze dagli eventi e di evitare indagini serie e scientifiche riguardo a molti episodi che si concludono con l'impunità. Nell'ambito del movimento sociale e popolare è comune che il caudillismo (tendenza dei leader ad assumere atteggiamenti autoritari, n. d. t.) costituisca uno dei rischi più manifesti, che apre la strada sia alla liquidazione dei leader sia alla loro cooptazione a vantaggio degli interessi dello Stato borghese. Il controllo dei vertici politici delle organizzazioni sociali ha rispecchiato uno scontro sempre più violento, con elementi di carattere paramilitare.

Tra gli esempi più noti vi è l'organizzazione di coordinamento Antorcha Campesina, che sin dalla sua nascita e in virtù dei suoi legami con il PRI ha dimostrato come i suoi dirigenti facciano parte di una struttura paramilitare che organizza la sua base sociale, composta principalmente da disoccupati e lavoratori informali, trasformatasi in gruppo di pressione che opera mediante la violenza o lo scontro fisico a sostegno di progetti produttivi, immobiliari eccetera, e colpisce le altre organizzazioni sociali non soggette al PRI. I gruppi di questo tipo sono utili allo Stato messicano, in quanto favoriscono il clientelismo politico, la mobilitazione e l'appoggio interessato ai partiti politici che amministrano lo Stato. Essi svolgono inoltre una funzione di controllo della popolazione attraverso i loro sistemi di pressione sociale.

Le cose non sono minimamente cambiate con l'ascesa di Andrés Manuel López Obrador («AMLO») al governo dello Stato borghese messicano. Al contrario, come ricordato più sopra, il dominio dei monopoli e della borghesia si è rafforzato presentando una presunta alternativa al modello neoliberale imposto nel Messico nel corso degli ultimi decenni. Tuttavia, nel primo trimestre di presidenza formale di AMLO, gli omicidi di militanti sociali contrari ai mega-progetti sono aumentati. Uno dei casi che ha suscitato maggiori polemiche e ha messo fine al silenzio della critica nei riguardi di AMLO è stato l'assassinio di Samir Flores, leader della comunità di Amilcingo e animatore della lotta contro il Proyecto Integral Morelos, e in particolare contro la centrale termoelettrica di Huexca nella regione orientale dello Stato di Morelos.

L'omicidio è stato perpetrato con il tipico modus operandi del paramilitarismo, dopo che Samir aveva denunciato i rischi che la centrale termoelettrica comportava per le popolazioni indigene - il furto dell'acqua e la contaminazione dell'ambiente causata dall'uso di combustibili fossili e obsoleti. La situazione è precipitata in quanto è stato proprio AMLO, grazie alla popolarità mediatica di cui gode sinora, a lanciare una campagna di linciaggio e diffamazione contro coloro che si oppongono ai mega-progetti promossi e attuati dalla sua amministrazione a vantaggio dei monopoli, bollandoli come «esponenti della sinistra radicale e conservatrice». È ancora una volta il metodo del paramilitarismo, che assassina, diffama e ostacola le indagini allo scopo di garantire l'impunità ai crimini di Stato. Questo episodio, come decine di altri episodi analoghi verificatisi all'inizio dell'amministrazione socialdemocratica di AMLO, deve mettere in guardia tutti i militanti sociali e le organizzazioni rivoluzionarie. Per il nuovo governo, tutti gli oppositori schierati su posizioni operaie o popolari sono uguali - comunisti, zapatisti, anarchici, di sinistra o «fighetti» che siano.

Oggigiorno il paramilitarismo non è confinato alle zone rurali, storicamente caratterizzate dalle lotte ricordate più sopra. Oggi gli effetti e le minacce del paramilitarismo raggiungono le città industriali mettendo a repentaglio i lavoratori e le loro forme di lotta, come gli scioperi o l'organizzazione di sindacati indipendenti, democratici e con orientamento di classe. Da un lato, il governo di AMLO dichiara demagogicamente che non vi saranno più leader sindacali al servizio dei padroni e afferma di promuovere la democrazia sindacale, ma nel concreto i lavoratori che si organizzano per difendere i loro diritti vengono intimiditi con sequestri o minacce di morte, come è avvenuto recentemente con il movimento 20/32 a Matamoros.

Progressivamente, le organizzazioni imprenditoriali, di fronte alla sfida dell'organizzazione operaia, cercano di indurla alla smobilitazione mediante l'uso di crumiri, ma anche con le minacce dei gruppi armati del crimine organizzato. Gli omicidi di dirigenti sindacali in varie regioni della Repubblica Messicana sono il riflesso di una politica di contenimento mirante a evitare che i lavoratori si organizzino per fronteggiare le misure introdotte dall'applicazione della Riforma del Lavoro del 2012, tuttora in vigore. La perdita di controllo e la crisi del sindacato corporativizzato CTM prefigurano un nuovo bottino per i dirigenti legati all'attuale governo federale guidato da AMLO.

L'entrata in vigore della Legge sulla Sicurezza Interna e le azioni della Guardia Nazionale rispecchiano una politica militarista e paramilitare che ha avuto origine nell'ambito dell'amministrazione di AMLO, ma che intende risultare utile ai futuri governi anti-operai e antipopolari sempre più reazionari che caratterizzeranno le future presidenze.

Per fronteggiare il militarismo e il paramilitarismo è necessario non soltanto rafforzare le misure di sicurezza e la vigilanza contro lo spionaggio e aggiornare costantemente i metodi cospirativi, ma anche dare vita nella pratica politica a un coordinamento che si traduca nel concreto in un appoggio reciproco tra le organizzazioni che lottano per un cambiamento autentico nel nostro Paese in una prospetttiva anticapitalista e antimonopolista. Come diceva Lenin, «marciare separati, ma colpire uniti il nemico»: questo deve essere uno dei principi applicati da noi comunisti su tutti i fronti di intervento politico, nell'ambito del movimento operaio, popolare, degli insegnanti e studentesco. Ponendo gli interessi generali della classe operaia nel suo insieme al disopra delle differenze tattiche e strategiche del movimento sociale e popolare saremo in grado di dare vita a un fronte e di neutralizzare la politica criminale e repressiva del paramilitarismo, promossa dal potere economico e politico del governo di AMLO asservito ai monopoli.

*) Julio Cota, membro dell'ufficio politico del PCM e direttore di «El Machete»

**) Questo testo è stato pubblicato sull'edizione cartacea di El Machete, doppio numero 13 e 14 del settembre 2019


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