Sovranità in vendita: la classe operaia paga i dazi del capitale
Pedro Ramírez, Partito Comunista del Messico (PCM) * | elmachete.mx
Traduzione a cura di F.C.
21/05/2025
Nelle ultime settimane, un tema ricorrente nella stampa e nella vita politica del Paese è stata l'imposizione di nuovi e più alti dazi da parte del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump. In Messico, la coalizione al potere e la presidente Claudia Sheinbaum Pardo hanno sostenuto la tesi che la loro risposta ufficiale è stata un successo, in difesa della sovranità, della dignità e dell'indipendenza del nostro Paese, con risultati vantaggiosi in materia commerciale. È davvero così? Per chi e a quale costo?
La politica dei dazi, che ha contraddistinto almeno le ultime tre amministrazioni degli Stati Uniti - Trump-Biden-Trump - può essere descritta come una direzione sostenuta da parte dei monopoli capitalistici di quel Paese, a protezione dei loro interessi e contro i loro principali concorrenti, in particolare la Repubblica Popolare Cinese. Il suo tratto distintivo è lo sviluppo di una raffinata pratica di estorsione, un riadattamento per rafforzare la propria posizione di leadership nell'attuale sistema.
Questa politica, come tutte le politiche nazionali dei capitalisti, è aggressiva e contraria non solo agli interessi dei proletari dei rispettivi Paesi, ma anche a quelli del resto del mondo. La sua patina nazionalista è intensamente utilizzata per nascondere quest'ultimo aspetto, oltre che per dividere i lavoratori in segmenti nazionali riconosciuti e non riconosciuti. È un attacco generalizzato ai popoli lavoratori.
Per quanto riguarda il governo messicano, la difesa della sovranità e della dignità popolare non si misura a parole, ma nei fatti e nei risultati delle decisioni prese. Al suo principale partner e alleato economico, il governo concede libertà e agevolazioni in mari e territori, complicità nell'arbitrio e nella violenza commessa contro i migranti, così come collusione rispetto allo schiacciamento, alla precarietà e allo sfruttamento della classe lavoratrice.
In termini di risorse naturali, prendiamo l'esempio dell'acqua. La borghesia messicana, attraverso Morena1 e la coalizione, si è impegnata a cedere agli Stati Uniti circa 500 milioni di metri cubi in più nel corso dell'anno. In estate, soprattutto nella zona costiera del Paese, le famiglie di lavoratori saranno costrette a ridurre i consumi o a subire tagli al servizio. La misura colpirà anche il settore agricolo povero e a medio reddito del Messico settentrionale. In ogni Paese comandano i grandi monopoli capitalistici, che avanzano sempre più richieste in difesa di se stessi e dei propri interessi: in questo caso, le grandi imprese agroalimentari del sud degli Stati Uniti. E sebbene, ufficialmente, si sostenga che non ci sarà alcuna rinegoziazione del trattato sull'acqua, è probabile che l'espropriazione di questa risorsa naturale vitale sarà sostenuta ed estesa negli anni a venire.
La stessa classe operaia, in Messico, è bersaglio di una nuova ondata di attacchi. In particolare, le cosiddette interruzioni tecniche2 concordate dai grandi padroni e da quelle organizzazioni che si definiscono "sindacati" per proteggere lo sfruttamento capitalistico. Questo significa insicurezza e incertezza del lavoro e migliaia di licenziamenti.
La cosiddetta difesa della sovranità, dell'indipendenza e della dignità nazionale non è altro che una narrazione per coprire lo sfruttamento capitalista. Soprattutto in un momento in cui le persone danno particolare rispetto e considerazione alle parole, ed è generalmente difficile verificare i fatti e le loro conseguenze. A questo contribuisce la crescente opacità e segretezza che il governo dei capitalisti del Paese riserva a se stesso e alla sua classe. Mentire, rubare, tradire è il motto.
La borghesia messicana esulta perché ha ceduto enormi porzioni di sovranità e indipendenza al suo partner storico, la borghesia dominante negli Stati Uniti. Ha sempre più e fatalmente posto la classe operaia, sia all'interno che all'esterno del paese, su un piatto d'oro come tributo alla propria brama di successo, accumulazione, centralizzazione, capitale e gloria globale - diciamo, il quinto posto nel sistema capitalista globale negli anni a venire. Stalin, a modo suo, lo affermò già nel suo discorso al XVIII Congresso del PCUS nel 1953: la borghesia ha gettato a mare la bandiera della sovranità nazionale. Vale a dire, è generalmente imperialista, rapace e reazionaria. Il quadro della controversia sui dazi rappresenta, per entrambe le borghesie di confine, un aggiustamento della loro alleanza strategica. La borghesia statunitense vince di più, ma vince anche la borghesia nazionale. E chi ci rimette? Ebbene, la classe operaia e i settori popolari di questi paesi, così come delle regioni limitrofe.
La difesa della sovranità può essere portata avanti, in modo completo e deciso, solo dalla classe operaia e dai suoi alleati popolari. E questa difesa non è passiva o unilaterale; è tattica e strategica. È contro il dominio, diretto e indiretto, dei monopoli capitalisti congiunti nell'economia sempre più integrata tra Messico e Stati Uniti. È contro lo sfruttamento, l'oppressione e l'umiliazione che ciò comporta. È per il socialismo-comunismo: ovvero, per un Nuovo Potere e una Nuova Economia.
Note:
*) Pedro Ramírez, da El Machete, Partito Comunista del Messico (PCM)
1 Il partito riformista e populista al governo in Messico dal 2018 con Andrés López Obrador prima e Claudia Sheinbaum poi [NdT].
2 Ci si riferisce ai fermi concordati in fabbrica per ovviare alla mancanza di ordinativi, o alla sovrapproduzione, scaricando questi costi sugli operai. In particolare di recente in Messico ci sono stati numerosi fermi concordati dovuti all'impatto dei dazi statunitensi nel settore ricambi auto [NdT].
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