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Dal colonialismo francese all'intervento francese in Mali
 
Mohamed Hassan | michelcollon.info
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
 
06/05/2013
 
Ci viene detto che "la guerra in Mali si propone di sbarazzarsi degli islamisti radicali". Eppure quegli stessi islamisti stanno combattendo nel "nostro" campo in Libia e in Siria e sono finanziati dai nostri "amici": l'Arabia Saudita e il Qatar. Specialista sulle questioni africane e autore per Investig'Action di La strategia del caos, Mohamed Hassan illumina il dietro le quinte di una guerra troppo schematizzata dai media. Terza ed ultima parte della nostra serie Cause e conseguenze della guerra in Mali (IGA).
 
Il conflitto in Mali si inscrive in un contesto più ampio e ha una storia alle spalle. Ci sono gli jihadisti che hanno lasciato la Libia per il nord del Mali, armati dal Qatar e dall'Arabia Saudita. E ci sono i militari francesi, i belgi e gli altri, occidentali e africani, che sono intervenuti in Mali. Per situare correttamente l'intervento francese, dobbiamo fare riferimento al colonialismo francese in Mali.
 
Quando i colonialisti francesi conquistarono il Mali, il territorio era parte di una zona economica che si estendeva a tutto il Sahel. Le carovane partivano da una città oasi all'altra, attraversando il deserto. In questa economia originaria regnava una buona amicizia tra agricoltori e nomadi. Gli agricoltori avevano bisogno dei nomadi per l'acquisto dei beni provenienti da altre regioni e, pertanto, erano loro buoni clienti. L'intera popolazione di questa regione era musulmana.
 
Questa zona economica era molto prospera all'epoca. L'anno scorso, il sito Internet celebritynetworth.com ha indicato un maliano al primo posto in una classifica di venticinque persone tra le più ricche mai vissute. Il giornale ha calcolato il valore delle proprietà del re Mansa Moussa I, che ha regnato dal 1312 al 1337 all'interno dell'attuale Mali, tenendo conto dell'attuale prezzo dell'oro e dell'inflazione nel corso dei secoli. L'uomo oggi disporrebbe di circa 400 miliardi. C'era anche una vita intellettuale vivacissima: Timbuktu è conosciuta come una dei primi e più importanti centri intellettuali del mondo. Al suo apice, il regno del Mali si estendeva fino alla costa del Senegal. L'arabo era la lingua franca.
 
Il colonialismo francese ha distrutto l'intero sistema. Per annientare ogni capacità intellettuale, migliaia di insegnanti sono stati assassinati. Come quasi tutti i paesi africani, il Mali che oggi conosciamo, ha confini artificiali. La regione faceva parte di quello che era chiamato il Sudan francese. Nel 1960, divenne indipendente, prima come una federazione con il Senegal, ma dopo appena due mesi, il Senegal si ritirò dalla federazione. L'attuale Mali è la quarta nazione per superficie dell'Africa. Dopo il colpo di stato contro il primo presidente del Mali indipendente, Modibo Keita (1960-1968), il paese divenne uno stato neo-coloniale.
 
Un tale stato non può essere una nazione e non può svilupparsi in modo indipendente. Il nord, una regione desertica, è abbandonato al suo destino e i suoi abitanti discriminati. Ci sono tensioni etniche tra i Tuareg (nomadi) e gli altri gruppi della popolazione. Il commercio su larga scala è in completo declino. Cosa resta per i molti nomadi che vagano nella regione con le loro carovane? Contrabbando, rapimenti a scopo di riscatto, traffico di esseri umani...
 
Una frazione importante dei Tuareg sono diventati soldati in Libia nell'esercito di Gheddafi. Dopo il loro ritorno nel nord del Mali, hanno iniziato una guerra nella regione per l'indipendenza di quello che chiamano Azawad: una lotta che, negli ultimi decenni, si è improvvisamente rianimata e poi riassopita. Il 24 gennaio 2012, hanno preso la città di Aguelhok e hanno ucciso un centinaio di soldati dell'esercito maliano. Nei mesi successivi, hanno cominciato ad attaccare altre città del nord.
 
Il massacro di Aguelhok ha scatenato un enorme malcontento tra i soldati e le loro famiglie, in quanto l'esercito è molto mal equipaggiato rispetto gli insorti ben attrezzati e addestrati contro cui deve combattere. Il 22 marzo, il presidente del Mali Amadou Toumani Touré (soprannominato "ATT") è stato rovesciato da un colpo di stato militare, guidato da Amadou Sanogo.
 
Per i paesi vicini al Mali che, dopo il rovesciamento del presidente ivoriano Gbagbo, subiscono la forte ingerenza francese, fu un pretesto per annunciare l'embargo sulle armi ai danni dell'esercito del Mali, che non aveva così alcuna possibilità contro gli insorti che accorrevano in massa. Il mese successivo, il MNLA (Movimento Nazionale per la Liberazione dell'Azawad) si è impadronito del nord del paese. In seguito il MNLA è stato scacciato a sua volta da tre gruppi jihadisti: Ansar Dine, Al Qaeda nel Maghreb Islamico (AQIM) e MUJAO, dei gruppi che ricevono armi e denaro da Qatar e dall'Arabia Saudita. Il cerchio si chiude.
 
Quando sembrava che questi jihadisti si stessero precipitando verso la capitale Bamako, il Presidente ad interim, Dioncounda Traoré, avrebbe chiesto al presidente francese Francois Hollande (PS) di intervenire militarmente. Cosa che ha reso impossibile un piano delle Nazioni Unite e dell'Unione Africana.
 
Conclusione
 
Come dovrebbe evolversi la situazione? Qualsiasi soluzione al conflitto in Mali è ostacolata da tre grandi problemi.
 
Primo: nessuno permette ai maliani di risolvere i loro contenziosi e i reciproci problemi. Le interferenze straniere lo rendono impossibile. La guerra non farà che esacerbare le tensioni reciproche in tutto il paese. Se hai la pelle più chiara e ti si scambia per qualcuno del nord, rischi di non poter attraversare le strade di Bamako.
 
Secondo: i paesi africani sono molto deboli, lo si constata se un paese come il Mali non può nemmeno venire a capo di una ben organizzata ribellione di circa 500 jihadisti. L'Unione africana (UA) è troppo debole. La SADC (Southern African Development Community) prova a cambiare il corso delle cose e si è collocata in prima linea nell'opposizione alla UA nella guerra in Libia. Ma ci sono ancora troppi leader africani che credono più al loro interesse e agli ordini dei loro padroni in Europa e negli Stati Uniti che all'unità africana.
 
Terzo: se, dopo l'aggravamento della crisi del capitalismo globale a partire dal 2008, la Francia non vuole diventare una nuova Spagna, Italia o Grecia, dovrà difendere la sua egemonia "francafricana" e in tutto il Mediterraneo. Ma le cose non si annunciano troppo buone per la Francia, perché crescono le contraddizioni con gli Stati Uniti riguardo l'Africa. In Costa d'Avorio, l'esercito francese è intervenuto per installare Ouatarra al potere, ma in realtà è principalmente una pedina degli Stati Uniti. E gli Stati Uniti hanno beneficiato della guerra in Mali per installare una base di droni nel vicino Niger. In altre parole, possiamo prepararci a un periodo durante il quale il Mali e l'intera regione circostante si troveranno in un conflitto permanente, come quello vissuto dalla Somalia negli anni '90.
 
Estratto da Le cause e le conseguenze della guerra in Mali, articolo apparso su Studi Marxisti, n° 101.
 
Vedere anche L'Occidente alla conquista dell'Africa e Gli islamisti che sostengono l'Occidente.
 
Mohamed Hassan è uno specialista in questioni medio-orientali e africane. È autore, con David Pestieau di L'Iraq contro l'occupazione (EPO, 2004), e con Gregory Lalieu e Michel Collon, La strategia del caos, Investig'Action/Couleur Livres, 2012.
 
 

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