www.resistenze.org - popoli resistenti - nigeria - 04-06-12 - n. 412

da Partito del Lavoro del Belgio - www.ptb.be/hebdomadaire/article/la-main-de-loccident-en-afrique-2-le-nigeria-et-les-multinationales-petrolieres.html
Traduzione dal francese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
 
La mano dell'Occidente in Africa: La Nigeria e le multinazionali del petrolio
 
La Nigeria è un caso relativamente complesso. Una ricchezza enorme si accosta a una povertà insopportabile. La causa? Le pratiche dell'industria petrolifera nigeriana, con ripercussioni fino nelle stazioni di servizio americane ed europee.
 
di Pierre Tisserand
 
22/05/2012
 
La qualità eccezionale rende il petrolio nigeriano una merce ambita. L'Occidente ne è consapevole da oltre mezzo secolo. In particolare dacché la società olandese Shell nel 1956 scoprì l'oro nero nel delta del Niger e impresse il marchio occidentale sull'industria petrolifera nigeriana. Lo scenario di questo dramma è molto semplice: sia gli utili derivanti dallo sfruttamento del petrolio che il greggio si involano verso le grandi multinazionali occidentali. Il popolo nigeriano non ne vede nemmeno il colore.
 
La presenza dei giganti del petrolio occidentali si accompagna alla stessa violenza repressiva dell'epoca della Royal Niger Company (società britannica che nel 19° secolo era incaricata dal governo di difendere gli interessi britannici nella regione, con mano ferma se necessario). Questo spiega perché il Delta del Niger è oggi una delle zone più inquinate, più violente e povere del mondo.
 
Non è un caso che nel 2008 al momento della creazione di AFRICOM, il comando delle forze statunitensi in Africa, l'esercito americano ha condotto un'esercitazione denominata "Unified Quest 2008" al College di Carlyle, in Pennsylvania per valutare come l'AFRICOM avrebbe reagito in caso di guerra civile in Nigeria. Il punto di partenza è il controllo da parte dei ribelli dei giacimenti petroliferi nel delta e il fallito colpo di stato sponsorizzato dagli Stati Uniti. Ventimila soldati americani sono quindi responsabili di mettere in "sicurezza" i giacimenti petroliferi.
 
Il terreno di gioco di Shell, Total, Exxon Mobil e Co.
 
I giganti occidentali del petrolio, Royal Dutch Shell (Paesi Bassi), Total (Francia), Agip (Italia), Exxon Mobil (USA), Chevron (USA), controllano il 95% dell'industria petrolifera della Nigeria attraverso delle joint-ventures.
 
Lo spreco del petrolio e del gas, l'inquinamento del suolo e lo sfruttamento delle popolazioni locali accompagnano questa posizione dominante.
 
Il 20% del petrolio è destinato ai paesi europei, il 5% al Canada e all'Australia, mentre agli Stati Uniti è destinata la quota maggiore della torta con il 43%. Mentre quasi tutta la produzione giornaliera di petrolio viene esportata all'estero, la Nigeria deve importare circa 187.000 barili al giorno a prezzi esorbitanti. Una situazione assurda dovuta alla cattiva gestione delle quattro raffinerie di petrolio del paese e all'assenza di un'industria nazionale per i prodotti petroliferi. Il governo nigeriano contribuisce a questa situazione in cambio di bustarelle, tangenti. Dal 1960, 360 miliardi dollari sarebbero andati nelle tasche di politici corrotti nigeriani.
 
Democrazia al lavoro
 
La Nigeria è uno dei principali fornitori petroliferi degli Stati Uniti e il loro 17° partner commerciale con un fatturato annuo di $ 22 miliardi nel 2009. Washington imprime sulla scena politica nigeriana la sua presenza, anche se la politica nigeriana ha una sua logica. Non è un caso che, nel 2010, prima delle elezioni presidenziali in Nigeria, il presidente americano Barack Obama abbia indicato nel favorito Goodluck Jonathan il "democratico al lavoro". Con i fondi destinati agli aiuti allo sviluppo da parte degli Stati Uniti e il Regno Unito e con il supporto di consulenti americani e britannici, Jonathan ha vinto le elezioni, senza avere alcun programma concreto. A giudizio di Johnnie Carson, il Segretario di Stato americano per gli Affari Esteri per l'Africa, queste elezioni, secondo una dichiarazione di aprile 2012, sono le più democratiche dal 1999, quando sono proprio state le elezioni più violente e truccate dal 1999.
 
Per Washington, il cattolico Jonathan, al sud, doveva a tutti i costi vincere le elezioni perché il candidato musulmano Muhammadu Buhari, al nord, avrebbe solo aggravato l'instabilità. Ma dopo l'incarico di Jonathan, il nord è lacerato dalla guerra civile.
 
Il vero Boko Haram
 
Il ruolo dell'Islam nella politica nigeriana è piuttosto complesso. E ancora una volta l'influenza dell'Occidente è stata distruttiva e ha contribuito all'isolamento del nord. Gli Stati Uniti e il Regno Unito sostengono - con grosse somme di denaro e di propaganda - l'élite tradizionale musulmana contro il fondamentalismo islamico. Ma questo, anziché garantire una maggiore stabilità, al contrario accresce l'instabilità. E' così che è apparso il fenomeno di "Boko Haram". Questo è il nome dato dai nigeriani ai movimenti che diffondono il terrore nel nord del paese: siano fondamentalisti o cosche malavitose al servizio dei politici del paese.
 
Sono stati gli USA a creare il mito di Boko Haram ed hanno trovato il pretesto per immischiarsi nella scena nigeriana, in nome della lotta contro il terrorismo e accrescere così la loro presenza. In un recente rapporto speciale sul fenomeno Boko Haram, una commissione della Camera dei Rappresentanti americana ha concluso che è necessario "rafforzare la cooperazione con i servizi segreti e l'esercito nigeriano per combattere meglio la minaccia di Boko Haram per gli interessi nigeriani e americani "; ma il rapporto non menziona le proteste di gennaio contro la corruzione, il FMI, la Banca Mondiale e la povertà. Tra gli slogan, uno denunciava che dietro Boko Haram si cela la corruzione dell'industria petrolifera.
 
Gli interessi petroliferi degli Stati Uniti versus "Occupy Nigeria"
 
Nel gennaio 2012, il ministro nigeriano del Petrolio, Diezani K. Alison-Madueke, e il ministro dell'Economia, Ngozi Okonjo-Iweala, hanno eliminato le sovvenzioni per il carburante su ordine del FMI. In precedenza, i due ministri sono stati impiegati nella Shell (Madueke) e nella Banca Mondiale (Iweala).
 
L'abolizione dei sussidi ha portato a un forte aumento dei prezzi della benzina e a un significativo malcontento popolare. Così è nato il primo movimento Occupy in Africa. Quando le proteste hanno cominciato ad assumere l'aspetto rivoluzionario, i prezzi di del carburante sono scesi nuovamente. Mentre l'anno scorso Barack Obama e Hillary Clinton si erano schierati per la Primavera araba, non hanno salutato la lotta democratica del popolo nigeriano.
 
  

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